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Fu Julia a suggerire al comandante l’idea di celebrare un rito funebre. Una catarsi generale, un atto pubblico di riparazione, ecco ciò che ci voleva. La morte di Marcus aveva colpito tutti, ma alcuni più di altri sembravano letteralmente devastati: Elizabeth, Althea, Jean-Claude e qualcun altro dovettero ricorrere alle cure di Leon. La scienza curava i corpi alla perfezione in quei tempi, ma poteva decisamente meno sulla mente. L’unica cosa che Leon poteva fare per i più depressi era somministrare loro dei farmaci psicoattivi; il resto toccava ai volontari. Edmund, Alberto, Maria e Noori fornirono un aiuto prezioso, e il comandante vide addirittura Noelle superare la sua tradizionale riservatezza per consolare nelle terme una distrutta Elizabeth, carezzandole teneramente i capelli mentre la donna, apparentemente così forte, si lasciava andare in singhiozzi disperati. Pertanto, una pubblica presa di coscienza del loro generale sconforto non poteva fare che bene, secondo Julia, e il comandante alla fine concordò.

Tutti si riunirono nel solito corridoio del livello abitato, e come al solito il comandante appoggiò la schiena alla paratia prima di cominciare a parlare.

Inizialmente trovò difficile mettere a fuoco le parole appropriate. Cosa non certo dovuta alla tradizionale paura del palcoscenico, anche perché lui era l’ultimo a preoccuparsi di una cosa del genere, ma piuttosto a un senso di inadeguatezza, a una fondamentale incapacità di comprendere la morte. La sua natura poco passionale era forse la meno idonea, là dentro, per svolgere quel compito. Ma lui era il comandante, addirittura eletto una seconda volta per acclamazione, e quindi era lui a dover parlare.

— Amici miei — cominciò, mentre ogni esitazione lo abbandonava — tutti noi siamo rimasti terribilmente colpiti dalla morte di Marcus, e tutti noi sentiamo ora di doverci liberare del peso che abbiamo dentro con la più antica delle pratiche umane: la preghiera. Ma a chi rivolgere le nostre suppliche? Dove prendere la forza per farlo? Noi siamo una specie che si è convinta di non avere più bisogno di Dio. Siamo orgogliosi, ne sono certo, di aver sconfitto ogni superstizione, di vivere interamente nel regno tangibile della materia, di ciò che si può spiegare e misurare. E tuttavia, vedete anche voi che davanti alla morte il nostro atteggiamento di cercare al di là del corpo, di rivolgerci… di rivolgerci…

Tutti lo guardavano intensamente. Forse si chiedevano dove voleva arrivare, si disse.

— Marcus è morto, e non vi sono parole che possano riportarlo in vita. Nemmeno la preghiera può farlo, anche ammettendo che esistano degli dèi e che ci stiano ascoltando. Se esistono degli dèi, allora è stato per loro volontà che Marcus ci ha lasciato, e noi non possiamo far altro che inchinarci a un potere più grande del nostro. Se invece continuiamo a pensare che gli dèi non esistono…

Per un attimo si fermò, guardando ora uno, ora l’altro in cerca di qualche segno di agitazione, di malcelata irritazione. Da Heinz a Paco, da Huw a Elizabeth, da Noelle a Celeste, da Zena a Roy… No, tutti ascoltavano. Le sue parole catturavano completamente la loro attenzione.

— Molto tempo fa — riprese — sarebbe stato più facile accettare una disgrazia come questa. Avremmo attribuito ogni cosa alla volontà divina, o alla volontà di un particolare dio, accettando come inevitabile la morte di Marcus in un luogo alieno e ostile. E poi avremmo ripreso il nostro lavoro, forti della convinzione che la volontà divina fosse un fenomeno così misterioso e imperscrutabile da non richiedere alcuna spiegazione, tranne quella estremamente semplice che attribuisce ogni evento ai voleri del fato. Così andava nei secoli scorsi: era più semplice, più vicino alla natura. Ma noi uomini moderni abbiamo deciso di non accettare più il fato nelle nostre vite. Ecco dunque che ci si pone il costante problema di cercare delle spiegazioni, o di vivere completamente privi di spiegazioni. Siamo obbligati a una scelta, come sempre: è l’antico destino dell’uomo.

“La morte di Marcus è stata accidentale, e quindi non ha bisogno di spiegazioni. Il rischio ha sempre fatto parte di imprese come la nostra, e nonostante la maggioranza degli uomini abbia scordato cosa significhi esplorare nuove terre, noi, tra tutti, dobbiamo sempre tenerlo in mente. Coraggiosamente, Marcus è venuto con noi qui tra le stelle per aiutarci a trovare una nuova casa per la specie umana. Coraggiosamente, Marcus è sceso su un pianeta sconosciuto con Huw e Giovanna, e là si è imbattuto in uno strano fenomeno, troppo forte perché lui riuscisse a contrastarlo o a controllarlo: ed è stato questo a ucciderlo. Così è andata. In questo caso la spiegazione più semplice è anche la più efficace. L’umanità non è più, generalmente parlando, una specie disposta a rischiare. Ma noi siamo le eccezioni, perché contrariamente ai nostri simili noi abbiamo scelto di vivere di nuovo con la voglia di affrontare il rischio. Marcus è la prima vittima di questa scelta. Lui è morto, e noi piangiamo la sua perdita. Marcus era giovane, e questo gli conferiva un enorme potenziale nel mondo che un giorno costruiremo. Ora non potrà più esprimere questo potenziale. Ma lo piangiamo anche perché è stato privato della gioia di vedere un giorno il successo della nostra missione, e perché era uno di noi. Ecco, credo che lo piangiamo soprattutto perché era uno di noi.

“Ma questa è davvero una buona ragione per piangerlo? Marcus è ancora uno di noi. E lo sarà per sempre. Mentre noi procediamo verso le stelle, verso il pianeta B, verso il pianeta C e, se necessario, verso il pianeta X, e Y, e Z e anche oltre, portiamo Marcus con noi, portiamo con noi la sua memoria: lui è il primo dei nostri martiri, il primo a dare la vita per la grande missione a cui ci siamo votati. Qualcuno di noi doveva esplorare quel pianeta: Marcus si è offerto di farlo. E purtroppo è morto. Stava facendo il suo dovere di membro di questo equipaggio, e questo gli è costato la vita. E a mano a mano che il nostro viaggio continua, amici miei, dobbiamo prepararci all’eventualità che altri di noi seguano il suo destino. Così andrà, se così dovrà andare. Abbiamo deciso volontariamente di correre ogni rischio, di dire addio alla nostra casa, ai nostri amici, alla nostra famiglia per intraprendere questo viaggio verso l’ignoto. Abbiamo lasciato la lunga, comoda e sicura vita che ci attendeva sulla Terra in cambio delle ricompense e dei pericoli di un’avventura mai intrapresa prima d’ora da alcun essere umano. E, a mano a mano che il tempo procede, ci ritroveremo sempre più a vivere una vita scomoda e affatto sicura.

“Ma resta il fatto che Marcus è morto, ed è morto troppo presto. Così sia. Lui vive al di là di ogni dolore adesso, al di là di tutte le incertezze, le mancanze, le sconfitte che caratterizzano la nostra vita. Questo dovrebbe darci conforto. Ma soprattutto dovremmo capire, amici miei, per il nostro stesso bene e per il suo, che questa morte non è avvenuta invano. Noi dobbiamo continuare, continuare per sempre se mai ve ne fosse bisogno, anche passando da una parte all’altra del cosmo per trovare il pianeta che stiamo cercando. E quando lo troveremo, poiché noi lo troveremo, dovremo fare in modo che i nostri figli e i nostri nipoti ricordino per sempre il nome di Marcus, il primo dei nostri martiri, il primo che ha dato la vita per far sì che il loro mondo esistesse. E quando scriveremo la storia di questo viaggio, il nome di Marcus sarà scritto con lettere di fuoco. Così lo renderemo immortale. Così ci renderemo immortali, tutti noi, per coloro che abiteranno in futuro la Nuova Terra. E noi che ci ritroviamo senza dèi a cui rivolgere una preghiera saremo gli dèi del nuovo pianeta, della nuova civiltà che fonderemo. Dèi immortali, tutti noi. Marcus è semplicemente entrato prima di noi in questa sorta di epica immortalità.”