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— Perché fa di tutto per darsi un’etichetta?

— Perché è una parte importante dell’essere realisti.

— Lei non sa cosa sia il realismo, comandante. E adesso comincio a dubitare che lei sappia davvero cosa voglia.

Il contrattacco di Noelle, se di questo si trattava, lo stupì almeno quanto il suo sfogo di prima. Era un’altra donna quella che aveva davanti, agitata, veemente. In soli pochi minuti la conversazione era sfuggita a ogni controllo: troppo carica, troppo intima. Noelle non gli aveva mai parlato così. Lo stesso valeva per lui. Lui le diceva delle cose in cui non credeva; lei rispondeva con argomenti che si spingevano molto oltre i limiti del suo solito splendido distacco. Era come se ci fosse una sorta di maligna elettricità nell’aria, un campo magnetico che distorceva le loro normali personalità, rendendoli entrambi inquieti e aggressivi.

Il comandante provò un attimo di panico. Se disturbava la delicata bilancia psichica di Noelle, sarebbe stata in grado di collegarsi telepaticamente con Yvonne e con la Terra lontana?

E tuttavia non riuscì in alcun modo a trattenersi dal chiedere: — Perché, lei sa cosa voglio?

— Trovare se stesso. Ecco cosa vuole, comandante. Ecco perché si è offerto volontario per questa missione.

Lui scosse bruscamente la testa, un gesto quantomai futile vista l’inutilità del linguaggio del corpo davanti a un cieco. — Oh no, no. Troppo superficiale, Noelle, troppo facile.

— Qualche anno fa lei era un attore famoso. O almeno così si dice. Poi è diventato biologo e ha fatto un’importante scoperta su qualche luna di Giove… o era Saturno? Poi è diventato monaco e si è ritirato a vivere in un’isola deserta da qualche parte. E adesso è comandante della prima astronave interstellare umana. Non c’è continuità, in tutto ciò, che io possa trovare. Chi è lei, comandante? È davvero certo di saperlo?

— Lo so, naturalmente. — Ma non diede troppa enfasi alla sua voce. Le affermazioni di Noelle non avevano senso per lui, perché vedeva con perfetta chiarezza la logica della sua vita variegata. A lui risultava ovvio come una cosa avesse inevitabilmente condotto all’altra. Poteva spiegarsi, cercare di farle capire, ma qualcosa in lui si era indurito. Non aveva la minima voglia di giustificare le sue scelte a Noelle. Tuttavia questo lo lasciava senza argomenti con cui ribattere, e quindi non trovò niente di meglio che ritornarle il guanto della sfida. — E lei? — disse, quasi con rabbia. — Saprebbe rispondere a queste domande?

— Credo proprio di sì.

— Bene, allora risponda. Sentiamo, dopotutto sono domande che ha fatto lei. Mi faccia vedere come si fa. Perché si è offerta volontaria per una missione senza ritorno, Noelle? Cosa sta cercando? Avanti, risponda. Forza!

Lei abbassò lentamente le palpebre su quegli occhi che non vedevano e restò in assoluto silenzio, i muscoli tesi, le braccia sui fianchi con le mani chiuse a pugno, il respiro affannoso e irregolare, la testa che oscillava leggermente qua e là come la testa di un animale ferito che cerca un po’ di sollievo dal dolore.

Anche il comandante restò in silenzio: il momento della rabbia, delle parole incontrollate era finalmente terminato, e ora temeva che quell’episodio potesse provocare danni irreparabili. Sapeva perché Noelle si trovava a bordo, e lei sapeva che lui sapeva. Come poteva non saperlo? Noelle era essenziale alla riuscita della missione; non aveva scelto di partecipare, aveva scelto di proteggerli tutti con un mantello irrinunciabile. Questo aveva comportato il terribile sacrificio della sola cosa preziosa nella sua vita. E lui era stato arrogante anche solo ponendo quella domanda.

Sentiva la gola secca, il cuore battere forte. La sua condotta in quegli ultimi cinque minuti lo stupiva. Era come se fosse stato posseduto: sì, posseduto. Trasformato. Con uno sforzo, cercò di riprendere contatto con quella parte di lui che considerava se stesso. Pochi istanti e vi riuscì, tornando a essere una pallida versione dell’uomo che credeva di essere.

Poteva ancora salvare qualcosa? Questo si chiese, preoccupato.

Calmo quanto più poteva, ruppe quel gelido silenzio. — Tutto questo non ha nulla a che fare con ciò che penso veramente. Spero che mi scuserà per ciò che ho detto.

Noelle restò in silenzio. Lui notò un cenno col capo a malapena percettibile.

— Mi spiace per quanto è successo, Noelle. Le garantisco che farla arrabbiare era l’ultima cosa che volevo.

— Lo so.

— Devo andarmene?

— C’è un rapporto da trasmettere, se non mi sbaglio.

— Pensa di riuscirci adesso?

— Non ne sono certa, ma posso provarci. Aspettiamo solo qualche minuto, va bene?

— Certo. Come vuole.

Lei sembrò riprendersi, in qualche modo. I suoi occhi restarono chiusi, ma lui notò che si muovevano meno rapidamente sotto le palpebre. Rughe illeggibili apparivano e scomparivano sulla sua ampia fronte. Il comandante pensò agli esercizi di meditazione che aveva appreso quando viveva su un’isola, sotto il chiaro cielo artico di Lofoten. Probabilmente Noelle stava facendo qualcosa di simile. Il comandante era deciso a lasciarle tutto il tempo di cui aveva bisogno. Restò seduto ad aspettare, scrutandola.

Finalmente lei aprì gli occhi e lo guardò, o perlomeno guardò verso di lui per chiedere dopo un attimo con voce tornata normale: — Lei come crede che ci vedano sulla Terra? Come normali esseri umani impegnati in una missione insolita o come superuomini partiti per un epico viaggio?

— Non credo sia utile riprendere la nostra discussione, Noelle. Non ci porta da nessuna parte, non è d’accordo?

— Non lo so. Ma comunque vorrei chiarire quest’ultimo punto. Mi dica cosa pensa: come ci vedono sulla Terra?

— Adesso come adesso, direi come superuomini partiti per un epico viaggio.

— Sono d’accordo. Ma tra qualche tempo, secondo lei, torneranno a considerarci delle persone normali, persone come loro?

Lui cercò di capire cosa pensasse veramente al riguardo. Ciò che scoprì lo sorprese, ma nonostante tutto decise di condividerlo con lei anche se riproponeva in altri termini le dure, inaspettate parole che aveva pronunciato prima. — Tra qualche tempo — disse — non saremo più nulla per loro. Ci dimenticheranno. La cosa veramente importante è stato lo sforzo globale necessario per organizzare questa spedizione. Adesso che siamo partiti, l’entusiasmo comincerà per forza a calare. Noi continueremo a vivere le nostre vite ovunque ci troveremo e lo stesso vale per loro, che siano vite piacevoli, spiacevoli o semplicemente scialbe. Noi e loro stiamo percorrendo strade separate, sempre più divergenti a mano a mano che passa il tempo.

— Ne è davvero convinto?

— Sì. temo proprio di sì.

— È molto triste tutto questo. Che finale scialbo prevede per la nostra grande avventura — concluse lei, con un tono che tradiva un’aggraziata punta di ironia. Noelle era tornata calma come al solito: forse poteva mettersi a ridere, ma non rischiava più di cedere alla rabbia. Aveva ripreso il controllo. — Un’ultima cosa: e lei, comandante, come si vede? Come un superuomo o come una persona normale?

— Come una via di mezzo, più disposta verso la persona normale… certamente non mi sento un superuomo!

— Su questo le do ragione.

— E lei?

— Oh, io sono una ragazza assolutamente normale, tranne che per due cose: lei sa cosa intendo.

— Una è la sua… — cominciò, avvertendo una misteriosa sensazione di disagio quando provò a definirla apertamente. Ma Noelle si aspettava una conferma. — La sua cecità, naturalmente. L’altra è il ponte telepatico che la unisce a sua sorella.

— Proprio così — disse lei con un sorriso radioso. Segui un lungo attimo di pausa. Poi concluse: — Va bene, adesso basta. Abbiamo un lavoro da fare. Che ne dice di inviare il rapporto?