Certo che si era spiegato. Anzi, a dire il vero la cosa era chiara fin dall’inizio. Ma loro non potevano accettare il suo rifiuto perché l’astronave doveva avere un comandante e all’orizzonte non si profilava alcuna soddisfacente alternativa alla rielezione. Gli opposero quella situazione, e lui ripeté quanto era determinato a lasciare la sua carica non appena scaduto il termine, e per un attimo tutti parlarono nello stesso momento. La discussione stava generando un sacco di calore, ma ben poca luce.
Nel momento di silenzio che seguì con prevedibilità quasi cosmica, la voce tranquilla di Noelle risuonò per la prima volta. — È per quella regola che impedisce al comandante di prender parte agli atterraggi che rifiuta di restare al suo posto, vero?
— Già. Proprio così.
— E questa sarebbe la sola ragione? Nient’altro?
Lui ci pensò sopra per un attimo. — No, in effetti, non vedo altre ragioni.
— E allora perché non cambiamo questa regola?
Tutti restarono di sasso per la semplicità della sua idea, persino il comandante. Ma Leon aveva qualcosa da dire. — Quella regola non è solo un’arbitraria seccatura. Esplorare un pianeta sconosciuto è una cosa pericolosa, e non vogliamo certo mettere a repentaglio la vita del comandante con avventure di qualsiasi sorta.
— D’altro canto — ribatté Julia — si direbbe che siamo destinati a restare senza comandante se consentiamo a quello in carica di correre questi rischi. Mi spiega allora…
— Inoltre — la interruppe Leon con voce implacabile — tutti noi abbiamo accettato senza discutere i termini del regolamento. Pertanto, non abbiamo alcun diritto di modificarli senza autorizzazione e senza contattare la Terra.
A quel punto fu Noelle a intromettersi. — Non c’è modo di contattare la Terra — disse, — Il contatto è caduto, lo sappiamo tutti.
— Anche così — ribatté Leon — abbiamo il dovere di mantenere e applicare…
— Che dovere? Verso chi? — scattò Heinz, e poi fu la volta di Huw con la sua voce tuonante: — Ascoltate! Ascoltate! Ma perché nessuno vuole ascoltarmi?
La discussione degenerò di nuovo in totale confusione, fino a quando il comandante non riportò il silenzio battendo ostinatamente la mano su una delle paratie.
— Qui abbiamo il seme di un compromesso, credo — disse quindi con voce fredda da “non prendetemi in giro”. — Accetterò il comando per il terzo anno se modificheremo il regolamento in modo che mi sia permesso, a mia sola discrezione, di partecipare a tutte le esplorazioni planetarie che dovessero essere decise durante il mio incarico.
— Ma non è possibile! — strillò Leon. — I responsabili della missione non accetteranno mai.
— I responsabili della missione sono sulla Terra, che dista quasi cento anni-luce — gli ricordò Heinz. — E, inoltre, non c’è più speranza di contattarli. Non è così, Noelle? Il contatto con sua sorella è caduto e non c’è più alcuna speranza di ripristinarlo, vero?
— Sì, il contatto è caduto — ripeté Noelle con un filo di voce. — Quanto alla speranza di ripristinarlo, preferirei non esprimermi.
— Comunque — tagliò corto Heinz — è fuor di dubbio che siamo soli quassù — dichiarò, assaporando il trionfo. — Spiacente, Leon, ma non possiamo permettere che le ipotetiche reazioni della Terra mandino a monte un accordo che può funzionare anche in futuro. E, in ogni caso, dobbiamo cominciare a prendere delle decisioni autonome alla luce di situazioni che sulla Terra non possono neppure cominciare a capire.
Tacitato Leon, Heinz si rivolse al comandante. — Lo ripeta ancora, comandante, tanto per essere certi di aver capito bene: la regola che vieta al comandante di partecipare alle esplorazioni planetarie è l’unica ragione per cui lei rifiuta la rielezione, giusto?
— Sì.
— E lei non avrebbe nulla in contrario a restare in carica se cambiassimo immediatamente questa regola in modo da consentirle di partecipare all’esplorazione del pianeta B.
— Esattamente.
Heinz si rivolse agli altri. — Come vedete è prendere o lasciare, amici. Se vogliamo rieleggere il comandante dobbiamo modificare il regolamento, oppure dovremo cercarci un altro comandante. Viste le circostanze e considerando il fatto che i voleri dei cervelloni sulla Terra sono non solo sconosciuti e impossibili da conoscere, ma anche irrilevanti, propongo di convocare subito tutto l’equipaggio e di sottoporre a votazione la modifica del regolamento.
— Giusto — approvarono Huw e Julia nello stesso momento.
Leon sospirò ma non disse nulla.
E, quindi, l’accordo fu finalmente trovato. I delegati uscirono, e quel giorno stesso la modifica al regolamento venne sottoposta al voto dell’assemblea. Leon fu la sola voce contraria. Il comandante accettò l’esito della votazione con moderata felicità. Nonostante tutto, modificare il regolamento lo metteva a disagio quanto Leon. C’era qualcosa di vagamente nichilistico nell’agire così, una sorta di negligente, caotica volontà che offendeva il suo innato senso dell’ordine. Dopotutto tutti loro avevano promesso solennemente di governare la vita di bordo secondo i termini del regolamento, ma ecco che alla prima occasione importante procedevano a modificarne uno alle spalle della Terra, senza neppure sognarsi, tanto per dire, di aspettare qualche tempo per vedere se il contatto veniva ripristinato.
Tuttavia Heinz aveva ragione. Con il ponte telepatico ormai interrotto, nonostante Noelle provasse ogni giorno a contattare Yvonne, la Terra aveva cessato di rappresentare un fattore significativo nei loro calcoli, anzi, aveva del tutto cessato di rappresentare un fattore. E, vista la situazione, spettava a loro e soltanto a loro giudicare se un articolo del regolamento era diventato inapplicabile ed era quindi da modificare. Inoltre, lo stesso articolo parlava di una rotazione annuale della carica di comandante, e questo era stato ignorato deliberatamente da tutti senza suscitare alcun tipo di protesta, tranne quella del comandante. Logico, dunque, che a un certo punto si dovesse compensare, liberando il comandante dall’obbligo di restare a bordo fino all’ultimo.
Presto un altro pianeta sarebbe apparso all’orizzonte, come diceva Huw, e il comandante non aveva alcuna intenzione di restare indietro quando fosse giunto il momento di esplorarlo. Quello era l’essenziale. Non sarebbe più rimasto indietro.
“Ecco dunque che ha inizio il mio terzo mandato di comandante. A questo punto, credo di dovermi abituare a mantenere la carica per sempre, perlomeno finché resteremo a bordo.
“L’elezione è stata una cosa sporca, naturalmente, un compromesso fatto di vergognosi scambi. Ma la cosa, infine, è andata in porto: loro hanno il loro quid, io ho il mio quo ed ecco fatto. Ormai sono abituato a essere eletto comandante. Una cosa alquanto ironica, considerando con quanta cura ho sempre evitato di assumermi le mie responsabilità verso gli altri, arrivando anche al punto di bruciare più di una promettente carriera. Tuttavia, ciò che ho fatto in passato non può e non deve interferire con il senso di responsabilità che adesso la situazione mi impone.
“L’astronave ha bisogno di un comandante. Sembra che non vi sia nessuno indicato quanto me per farlo. Io, però, ho bisogno di tornare alla mia passata occupazione: esplorare nuovi mondi, studiarne le forme di vita. La Terra invece ha bisogno…
“Già. La Terra ha bisogno di noi. Non devo mai scordarmelo.
“Povera vecchia Terra! Tutto l’antico squallore se n’è andato, il dolore non esiste praticamente più, e tuttavia c’è ancora qualcosa che non va. La fame e la malattia sono vinte. La vita dura mediamente più di un secolo, in pratica un’eternità dal punto di vista umano. La guerra è qualcosa che leggiamo nei libri di storia, qualcosa di remoto e antropologico, una strana, obsoleta pratica dei nostri antenati, paragonabile al cannibalismo e alla follia omicida. E, tuttavia, qualcosa di sbagliato continua a restare. Penso a tutto ciò che conosco della storia umana, e in effetti la conosco bene: le pestilenze, i massacri, la tortura fine a se stessa, le grandi e piccole viltà, l’intero catalogo dei peccati che Sofocle, Shakespeare e Strindberg misero a fuoco con tanta precisione. E mi chiedo perché l’uomo moderno non provi una grande gioia per ciò che è riuscito a fare. Ne posso dedurre solo che siamo una specie infelice, mai soddisfatta da alcun risultato, neppure da una vita che potrebbe essere lunga, luminosa e felice. A noi manca sempre qualcosa, anche nella perfezione. Ed è la consapevolezza di questa nostra mancanza a spingerci avanti, sempre più avanti in cerca di nuovi obiettivi.