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Che fare a quel punto? Se davvero si trovavano davanti a delle creature aliene di natura e potenza straordinaria, dovevano cercare di contattarle in qualche modo? E come?

Innelda suggerì di usare gli strumenti di Hesper per cercare di determinare la loro posizione. Roy propose una campagna di ricerca totale tramite sistemi radio convenzionali, una ricerca che secondo lui doveva cominciare da quando fossero emersi dal condotto di non-spazio per esplorare il pianeta B. Huw, che cercava sportivamente di entrare nello spirito di una discussione poco congegnale al suo spirito pragmatico, avanzò l’idea di trasmettere dei messaggi radio a intervalli regolari anche nel non-spazio, poiché se questi angeli si trovavano là dentro con loro dovevano avere quasi certamente la capacità di intercettare anche le onde radio, non solo quelle telepatiche.

E fu a quel punto che Heinz parlò di nuovo, lanciando finalmente l’idea giusta. — A parer mio, c’è un’altra cosa che potremmo tentare. Senza preoccuparci di dove vivono, si direbbe che le loro onde energetiche, la manifestazione dei loro pensieri, possa penetrare come noi nel tunnel di non-spazio. Infatti, il ponte telepatico tra Noelle e Yvonne subisce pesantemente la loro interferenza. Bene. Perché non proviamo a raggiungerli nello stesso modo, con trasmissioni mentali? Noelle può tentare di contattarli direttamente. Potrebbe chiedere loro chi sono, dove vivono, perché hanno interrotto il nostro contatto con la Terra.

— Giusto! — esclamò qualcuno. Era Elliot, a cui fece eco Maria, e poi Jean-Claude. — Ma certo! Noelle è l’unica che può riuscirvi. Noelle! Noelle!

Tutti guardarono Noelle.

Lei arrossì violentemente e parve addirittura spaventata, ma un attimo più tardi recuperò il suo piacevole, imperturbabile distacco. Sorridendo, disse piano: — Non ho mai cercato prima d’ora di parlare con gli angeli, lo sapete bene. Se è questo che sono. Ma se davvero volete che provi…

— Sì — disse immediatamente il comandante, ma lo disse con il tono di voce che usava generalmente per un no. — Sì, dicevo, l’idea va considerata. Ma adesso non è il momento giusto. Stiamo per arrivare nel settore dove si trova il sistema solare del pianeta B, e quindi, per prima cosa, ci dedicheremo a esplorarlo. Poi, eventualmente, cercheremo di metterci in contatto con gli angeli.

10

Quella decisione pose fine, almeno sul momento, all’eccitazione provocata dalla teoria di Heinz sugli angeli. La teoria era di Heinz e Roy, a dire il vero, anche se il ruolo cruciale di Roy nel proporla era stato presto oscurato nella coscienza generale dalla prontezza di Heinz nel trarne una brillante metafora. Nessuno a bordo era religioso nel senso antico del termine, ma i lunghi mesi di isolamento sull’astronave avevano generato una vena irrazionale nella mente di alcuni e una vena di annoiata leggerezza nella mente di altri. Di fatto, “angeli” era il termine con cui tutti ormai definivano le ipotetiche creature aliene che impedivano il contatto con la Terra. Persino gli scettici più convinti, come Paco e Huw, usavano quel termine in mancanza di uno migliore.

In ogni caso, non vi sarebbe stato alcun tentativo immediato da parte di Noelle di contattare telepaticamente le supposte incorporee creature di origini extraterrestri che presumibilmente si aggiravano nelle loro vicinanze del non-spazio o dello spazio reale. Come fece notare il comandante, l’arrivo ormai prossimo della Wotan nel settore del pianeta B rappresentava un evento più importante, almeno in quel momento.

Il comandante si chiese che cosa avrebbe detto il suo maestro zen del veto da lui posto su qualsiasi tentativo di contattare gli angeli in quel periodo. Immaginava la disapprovazione del suo maestro ogniqualvolta agiva in modo apertamente manipolativo o egoista: bene, in quel caso aveva agito sia in modo manipolativo che in modo egoista, anche se sperava di essere l’unico a bordo ad averlo compreso con chiarezza.

Le sue motivazioni per rimandare l’accertamento della verità sull’esistenza o meno dei cosiddetti angeli erano più che legittime: l’arrivo nei pressi del pianeta B costituiva un’ottima ragione per non disperdere le loro energie. Ma dietro di esse si nascondeva tutt’altro motivo: la paura, la preoccupazione per il membro più delicato dell’equipaggio. A differenza degli altri, lui aveva notato il timore sul volto di Noelle, aveva avvertito il flebile tremolio della sua voce. Supponendo che queste creature esistessero sul serio e che lei riuscisse in qualche modo a contattarle, come facevano a sapere che non rappresentassero in qualche modo un pericolo per Noelle? Il comandante rivisse nella propria mente gli antichi miti greci delle donne che avevano voluto unirsi a questo o quel dio solo per essere incenerite dalla loro potenza. Prima di lanciarsi in una simile avventura, dovevano considerare attentamente i possibili risvolti dell’unione mentale tra Noelle e una di quelle presunte creature dello spazio.

Quindi, il desiderio di proteggere Noelle costituiva la vera ragione della sua insistenza nel rimandare il progetto. E, dato che per qualche oscuro motivo si sentiva riluttante a svelare agli altri le sue paure, aveva scelto di nasconderle dietro una ragione plausibile ma pur sempre secondaria. Quello, si disse, era un atto puramente manipolativo.

L’egoismo, invece, si nascondeva ancora più sotto. Che cosa sarebbe accaduto se Noelle avesse provato a contattare quelle creature e vi fosse riuscita, convincendole a riaprire il canale di comunicazione con la Terra? Che ne sarebbe stato dell’accordo faticosamente raggiunto che gli consentiva di partecipare alle esplorazioni planetarie in cambio della permanenza al suo posto di comandante? Probabilmente, molti dei membri dell’equipaggio avevano votato a favore di una modifica del regolamento solo perché erano genuinamente convinti dell’impossibilità di ripristinare il ponte telepatico con la Terra e, di conseguenza, non si sentivano più in dovere di rispettare gli articoli meno convenienti del regolamento. Ma se il contatto fosse stato ripristinato…

Pertanto, gli “angeli” andavano momentaneamente dimenticati per tre buone ragioni: una più che appropriata, l’altra puramente di riguardo e l’ultima semplicemente egoistica.

Ecco dunque che il comandante giunse da solo alla risposta: il suo maestro zen avrebbe tralasciato le prime due ragioni, concentrandosi sulla terza e chiedendogli se, in assenza di quella, le prime due avrebbero acquisito tanta forza nella sua mente. E lui non avrebbe saputo rispondere. Perché non esistevano delle risposte valide per le domande del suo maestro. Lui non condannava mai: lasciava a te stesso la facoltà di condannarti o di assolverti. Anche se non si lasciava certo prendere in giro.

Solo nella sua cabina, il comandante chiuse gli occhi, e la formidabile figura del suo maestro gli comparve vivida in mente: era un uomo piccolo e solido, pelle e ossa ma forte oltre ogni limite, senza età, infaticabile. Probabilmente aveva quasi cent’anni, ma nessuno si sarebbe stupito nello scoprire che aveva due o tre volte quell’età o anche se fosse venuto al mondo nei giorni più lontani del Pleistocene. Sembrava indistruttibile. E aveva un volto indimenticabile: fronte ampia, capelli neri folti e ondulati, occhi scuri e penetranti, naso fermo e prominente, bocca quasi priva di labbra. Nessuno conosceva il suo vero nome. Era semplicemente il Maestro. Era stato lui a fondare il monastero? Di nuovo, nessuno lo sapeva. Coloro che vi vivevano non indulgevano in ricerche storiche. Vi vivevano e basta, loro con il Maestro. Al di là di quello, il resto aveva ben poca importanza.