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— Organi interni? — chiese Huw incuriosito. — Elementi del suo sistema nervoso?

— Non credo — replicò il comandante. — Credo invece che appartengano a quello.

E di nuovo indicò col dito un punto nell’oscurità, richiamando con urgenza l’attenzione di Huw, per poi orientare la lampada del casco davanti a loro a circa venti metri di distanza.

Un’altra creatura era apparsa nel buio, una creatura molto più piccola del verme. Avanzò un poco su una serie di zampe da insetto, poi si aggrappò al verme. Era grande più o meno come un grosso cane e con le forme vagamente da insetto, con una decina di zampe sottili e un corpo allungato composto di parecchi segmenti. I due riuscirono a distinguere una sorta di becco acuminato dall’aspetto inquietante e un paio di grossi occhi dorati e fosforescenti simili a grandi gioielli, che si puntarono su di loro in una lunga occhiata quando la lampada del comandante illuminò la creatura. Ma dopo forse un minuto, l’insetto smise di guardarli e tornò al suo lavoro.

Il suo lavoro consisteva nello scavare un grosso buco nelle carni del verme per poi deporvi un uovo.

Nel frattempo, l’uovo attendeva fissato al ventre della madre. Si trattava di una sfera sfaccettata blu violacea e relativamente grande. L’insetto procedette con metodica fretta. Dopo essersi praticamente alzato in piedi, si sostenne con le zampe al terreno e al verme, si piegò in avanti con un angolo acuto e prese ad affondare ritmicamente il becco nella carne fino a quando la testa e il torace non scomparvero nel grosso corpo del verme. A quel punto, lo scopo dei suoi movimenti divenne molto esplicito: la metà visibile dell’insetto dondolava furiosamente, mentre la testa muoveva senza dubbio in tutte le direzioni per allargare sufficientemente la lacerazione. Nonostante la carne morbida e vulnerabile del povero verme, il procedimento continuò per molti, sgradevoli minuti.

Finalmente l’insetto ritirò la testa. Sembrava soddisfatto del suo lavoro. Di nuovo si soffermò a guardare i due spettatori umani, poi salì sul verme eseguendo una strana danza impettita che dopo qualche istante si rivelò essere non una danza, ma il modo in cui l’insetto deponeva il grosso uovo fissato sotto di sé. Portò laboriosamente l’uovo in avanti, spostandolo da una coppia di zampe all’altra fino a tenerlo con la penultima coppia di zampe, poi si piegò fino a coprire il nido appena preparato, ancorandosi con il grosso becco nelle carni del verme, e quindi inserì le zampe che tenevano l’uovo dentro il nido, spingendo per bene l’uovo sino in fondo per esser certo che non cadesse.

Questo fu tutto. La creatura scese dal verme, lanciò un’ultima occhiata a Huw e al comandante e tornò rapidamente nell’oscurità da cui era venuta.

Il verme non aveva reagito in alcun modo visibile all’intera operazione. I suoni soffocati e la masticazione erano continuati con lo stesso ritmo di prima.

— La carne del verme si chiuderà attorno all’uovo, immagino — disse il comandante. — Si formerà una ciste, e l’uovo vi resterà fino alla schiusa, dando al contempo quella splendida luce gialla. Poi nascerà un insetto molto simile a sua madre che troverà cibo a volontà fino a quando non si aprirà la via verso il mondo esterno. E il verme non si accorgerà mai di nulla.

— Splendido. Davvero splendido — commentò Huw.

Il comandante avanzò di una decina di metri per dare un’occhiata più da vicino all’apertura in cui l’insetto aveva deposto l’uovo. Huw non lo accompagnò. Per vedere bene, si accorse il comandante, era necessario arrampicarsi sul dorso del verme. I suoi stivali affondarono di diversi centimetri nella carne tenera mentre si arrampicava, ma di nuovo il verme non diede mostra della minima reazione. Il comandante raggiunse la lacerazione e ne rimosse i bordi per osservare meglio.

— Attento! — gridò Huw. — La madre sta tornando indietro!

Il comandante alzò lo sguardo. In effetti, l’insetto era ricomparso, come se l’uovo avesse emesso qualche sorta di allarme in grado di richiamarla dalle profondità del tunnel. Alla luce della lampada del suo casco il comandante vide l’insetto avanzare con sorprendente rapidità, aprendo e serrando le mandibole, agitando le zampe anteriori, gli occhi rilucenti di rabbia e spruzzi di ciò che sembrava veleno emergere da una serie di sfiati posti lungo il torace.

Con tutta la velocità del caso, il comandante saltò giù dal verme e fuggì verso Huw, ma l’insetto alieno non sembrava disposto a mollare: a quel punto parve chiaro sia a lui sia a Huw che l’insetto intendeva raggiungerlo e farlo a pezzi con quelle tremende mandibole, e sembrava davvero in grado di riuscirci.

Entrambi gli uomini erano armati di pistole a energia, a semplice scopo precauzionale. Il comandante si voltò, estrasse la pistola e fece fuoco un paio di volte quasi senza mirare.

L’insetto cadde in un’esplosione di fuoco giallastro.

— Accidenti, ci è andato vicino! — disse Huw raggiungendolo. — Nulla fa infuriare di più un insetto alieno che vedere le sue uova in pericolo. Non lo sapeva?

— Non erano in pericolo — mormorò il comandante.

— Già. Ma l’insetto non lo sapeva.

— No. No, lei non poteva saperlo — ripeté il comandante, muovendo lentamente con lo stivale i resti dell’insetto. Appariva vagamente sotto shock per l’accaduto. — Non ho mai ucciso nulla prima d’ora — disse. — Una zanzara, certo, forse un ragno. Nulla di questo tipo.

— Non aveva scelta, comandante — cercò di confortarlo Huw. — Ancora cinque metri e l’avrebbe semplicemente fatta a pezzi.

Il comandante replicò con un cenno di assenso.

— Be’, comunque era davvero aggressivo — commentò Huw.

— Aggressivo? Forse era una forma di vita intelligente! — scattò il comandante. — E comunque era una forma di vita complessa. Apparteneva a questo posto, accidenti. Noi no! — esclamò con voce spessa per la rabbia e il disgusto.

Si soffermò accanto ai resti dell’insetto ancora qualche istante, poi si voltò e si diresse con decisione verso l’uscita del tunnel.

Huw lo seguì. I due uomini attesero qualche tempo fuori dal tunnel, in silenzio, guardando la pioggia viscosa che cadeva senza mai fermarsi un attimo.

— Non vuole raccogliere un paio di quelle uova per studiarle sull’astronave? — chiese Huw rompendo il silenzio, nel tenlativo di stimolarlo un po’ con un argomento di sicuro interesse.

Il comandante non rispose subito.

— No — disse infine. — Lasciamole dove sono.

— Ma l’eterna ricerca della scienza, amico mio, ci impone di…

— Al diavolo l’eterna ricerca della scienza, almeno stavolta — ribatté bruscamente il comandante. All’improvviso si era manifestata una nota esplosiva nella sua voce, una nota di rabbia a malapena sotto controllo. — Non ne voglio parlare più, Huw. Torniamo all’astronave.

Tutto quel calore, quella furia a malapena controllata erano assolutamente insoliti per lui. Sorpreso, Huw gli lanciò uno sguardo vagamente allarmato. Poi, per cercare di allentare la tensione, emise un lungo, paradossale respiro di sollievo. — Allora ce ne andiamo per sempre da questo lurido posto? Siano ringraziati gli dèi! Credevo che saremmo dovuti restare qui per sempre, amico mio.

Zed Hesper, naturalmente, aveva pronto un allettante pianeta C, e molti altri mondi oltre a quello. La galassia era zeppa di pianeti, affermavano gli strumenti di Hesper, e lui non vedeva l’ora di partire verso il successivo.