Выбрать главу

Tuttavia restava il fatto che le prime due esplorazioni planetarie avevano sortito degli esiti tutt’altro che positivi, anzi, erano state piuttosto degli insuccessi. Uno dei pianeti emetteva radiazioni psichiche strane e sconosciute, e l’altro era popolato da mostri ripugnanti. In conseguenza alla più recente missione esplorativa, una strana e tetra frustrazione cominciò a manifestarsi per la prima volta a bordo della Wotan. La perdita del contatto con la Terra, che implicava l’assenza dei quotidiani, ameni bollettini da casa, che ricordavano a tutti che una volta avevano avuto una casa oltre a quell’errante astronave, assunse quindi un’importanza che prima non aveva. E, d’altro canto, tutti avevano visto Huw e Giovanna tornare a bordo dal pianeta A con una vittima e scossi fino al midollo, poi Huw e il comandante tornare a bordo ugualmente scossi dal pianeta B e quindi il pessimismo aveva cominciato a farsi strada. Gli effetti della micidiale aggressione dell’insetto alieno erano ancora perfettamente visibili soprattutto sul comandante: lo shock risultava evidente ancora diversi giorni dopo, e sembrava dover cambiare per sempre quell’uomo un tempo così padrone di sé.

Insomma, la caduta delle aspettative nutrite da tutto l’equipaggio sul pianeta B stava reclamando un prezzo terribile non solo ai due uomini che ne avevano conosciuto gli orrori, ma a tutti loro.

Molti degli uomini e delle donne della Wotan si ritrovavano ora davanti alla prospettiva di dover trascorrere gran parte della loro vita, se non tutta, vagando per la galassia. Non era certo quello il loro scopo quando avevano deciso di lasciare le comodità della Terra per lanciarsi in quella che veniva definita la più grande impresa dell’uomo. Soprattutto quelli più facilmente preda di facili illusioni non accettavano che fosse tanto difficile trovare un pianeta adatto all’uomo. La grandiosità dell’impresa in cui si erano volontariamente gettati cominciò quindi a opprimerli. Molti avevano paura ormai, e altri temevano di aver semplicemente gettato via le proprie vite.

Il comandante lottava con tutte le sue forze per scacciare quel timore dalla sua mente in modo da trovarsi nella situazione migliore per scacciarlo anche dalle menti degli altri. Ma le immagini e i suoni del pianeta B lo tormentavano giorno e notte, coprendolo con la nera melassa della malinconia. Un intero pianeta così disperatamente tetro: bastava e avanzava per spingerlo a negare l’esistenza dello stesso Creatore, dando per scontato che vi avesse mai creduto. Che scopo divino poteva mai servire un pianeta su cui pioveva incessantemente, coperto di titanici rampicanti che impedivano al suolo stesso di respirare e abitato da colossali vermi privi di cervello che mangiavano i viticci e da diabolici insetti parassiti che si cibavano di quei vermi? Senza dubbio era un ottimo pianeta per i vermi, per gli insetti con gli occhi come gemme e per i rampicanti, ma una tale obiettività era oltre la sua portata, in quel periodo. Si sentiva come se avesse compiuto una breve escursione in un girone dimenticato dell’inferno dantesco.

Avrebbe voluto parlare con il suo maestro del pianeta B, se solo avesse potuto. Bramava le ermetiche frasi con cui quell’uomo saggio avrebbe scacciato l’ansia e la depressione che provava in quel momento.

Ma il suo maestro risultava ormai irraggiungibile. E quindi, nel giro di alcuni giorni, con tutta la necessaria lentezza, il comandante riuscì a superare la fase più critica senza l’aiuto di nessuno. Non vi era altra scelta sulla strada da prendere.

Alcuni dei membri più maturi dell’equipaggio, tra cui Hesper, Paco, Julia, Huw e persino Sieglinde, erano riusciti a mantenere intatto il proprio ottimismo sull’esito finale della missione, nonostante il disastroso risultato dello sbarco sul pianeta B. — Il fallimento della seconda missione esplorativa non conta più di tanto — continuava a ripetere Julia. — Ciò che conta è che abbiamo trovato due pianeti teoricamente abitabili in così poco tempo.

— Giusto. Hai ragione — affermava quindi Huw con la sua voce profonda. Huw sapeva che, a quel punto, ogni voce ottimista assumeva una particolare importanza: nei momenti più bui bisognava dare mostra di spirito indomito e volontà ferrea, e lui era più che disposto a mettere la sua forza d’animo al servizio della missione, nonostante ciò che aveva visto e provato sul pianeta A e l’esperienza differente ma altrettanto deprimente vissuta sul pianeta B. Perché c’era un prezzo da pagare, e lui accettava come sempre di pagarlo.

Tuttavia l’atmosfera a bordo aveva assunto i toni della paura. Ciò era dovuto soprattutto a coloro che avevano scelto, per qualsiasi motivo, di riporre molte delle loro speranze sul pianeta B. Elizabeth faceva parte di quel gruppo, con Imogen e Sylvia e con alcuni uomini: Roy, Jean-Claude, Elliot, Chang. Rimasero distrutti dallo spettacolare fallimento della seconda missione esplorativa. Per loro restava aperta solo la strada che portava alle partite di Go, a cui dedicarono praticamente tutto il proprio tempo.

Pochi giorni dopo il gruppo dei più delusi cominciò a chiedere apertamente la fine della missione e il ritorno sulla Terra.

— Non fate gli idioti! — li affrontò subito Paco. — Non riesco neppure a immaginare di tornare indietro strisciando.

— Forse lei non ci riesce — replicò Elliot. — Ma noi ci riusciamo benissimo.

Elliot era uno specialista in pianificazione urbana: lui avrebbe progettato la città che gli astronauti della Wotan speravano un giorno di fondare su un pianeta extraterrestre. Ma, dopo il fiasco sul pianeta B, si era convinto che non avrebbe mai trovato modo di mettere in pratica la sua specializzazione, perché l’impresa in cui si erano lanciati si stava dimostrando folle e senza speranza. Anche la morte di Marcus lo aveva colpito profondamente, come pure l’interruzione dei contatti con la Terra.

Paco replicò: — Se proprio vuole tornare indietro, Elliot, perché non ci prova? Forse Huw sarà disposto a lasciarle una delle navette. Può provare a raggiungere la Terra con quella, lei e chiunque altro voglia andare. Secondo i miei calcoli ci vorranno trecento anni, ma un piccolo sacrificio non dovrebbe costarle più di tanto se davvero ha nostalgia di casa.

— Smettila, Paco! — s’intromise Elizabeth.

Paco si voltò verso di lei. — Tu sei un’altra che ha nostalgia di casa, vero? Bene, torna indietro con lui, allora. Se volete posso calcolarvi la rotta — disse. Il trio Paco, Heinz ed Elizabeth si era sciolto qualche settimana prima. Heinz dormiva in modo irregolare con Jean-Claude e con Leila, mentre Paco si stava gettando a capofitto in una relazione con Giovanna anche se, di quando in quando, si vedeva di nascosto con Elizabeth. — Forza, vattene! Mi dai fastidio! — esclamò Paco, afferrando Elizabeth per un gomito e spingendola malamente contro Elliot. — Ecco fatto. Auguri!

Elliot si infuriò al punto di spingere via Elizabeth, avanzando minacciosamente verso Paco. Ma Heinz si frappose tra i due, poi prese tra le braccia la piangente Elizabeth e disse a Paco: — Puoi tentare di calmarti un po’?

— Mi dà fastidio quel loro parlare di abbandonare tutto e di tornare sulla Terra. È un atteggiamento assolutamente insano.

— È proprio certo che lo sia? — intervenne a quel punto Roy, alzando lo sguardo dalla partita di Go che stava giocando con Noelle. Roy era un altro che aveva fatto sapere a tutti di averne abbastanza di viaggiare nel non-spazio.

— Ma certo! Siamo partiti con uno scopo ben preciso, e lo perseguiremo. Julia ha perfettamente ragione: uno o due pianeti non adatti non significano niente. La nostra ricerca è solo all’inizio! E poi, credete forse di riuscire a convincere il comandante a tornare indietro? Vi sembra un uomo che sia mai tornato indietro una sola volta nella sua vita?

— Il comandante non deve necessariamente restare in carica per sempre — ribatté Elliot vagamente astioso. — L’incarico doveva durare solo un anno, e lui è stato eletto per ben tre volte. Possiamo sostituirlo quando vogliamo.