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— Con qualcuno che vuol tornare indietro — concluse Paco. — Qualcuno che vuol mandare a monte la missione. Non è forse vero?

— Se la vuol mettere così…

A quel punto fu Huw a intervenire, parlando dall’angolo in cui stava giocando una partita soporifera con Chang. — Il comandante non si dimetterà mai per lasciare il posto a qualcuno che vuol tornare indietro. Certo lui non voleva restare in carica per tutto questo tempo, ma piuttosto di mandare a monte la missione resterà in carica per sempre.

— Non ho detto che gli chiederemo di dimettersi, ma che lo faremo dimettere — ribatté Elliot.

— Sta dicendo che volete ammutinarvi? — domandò Huw, sbalordito. — È questo che sta dicendo?

— Sto solo dicendo che vogliamo un nuovo comandante — replicò Elliot. — Ecco ciò che sto dicendo. Un nuovo comandante e una rotta che ci porti verso casa!

— Volete ammutinarvi — ripeté Huw, quasi incapace di credere alle sue orecchie. — Volete rovesciare il comandante legittimo e mettere al suo posto un vostro uomo, tradendo lo spirito della missione, calpestando il regolamento…

— Bah, sta solo dicendo un mucchio di idiozie! — esclamò Paco. — Sta parlando come un pazzo. Gli ci vuole un sedativo. Leon? Dov’è Leon?

Leon stava giocando a Go con Sylvia. Udendo il suo nome, alzò lo sguardo, sbuffando. — Leon, Elliot ha perso completamente la testa. È pazzo e pericoloso. Non può dargli un sedativo?

— Paco, per favore — disse a quel punto Noelle, parlando piano.

Aveva ascoltato ogni cosa in silenzio, apparentemente concentrata sul gioco che rappresentava ormai da molti mesi tutto il suo universo. Come accadeva spesso, la calma con cui parlava sortì l’effetto di attirare l’attenzione generale. Tutti guardarono verso di lei.

— Per favore — ripeté. — Non dobbiamo litigare tra noi in questo modo. La missione deve continuare. Lei sa che continuerà, Elliot. “Deve” continuare. E quindi perché parla in questo modo?

— Perché molti di noi la pensano così, Noelle — replicò Elliot, con un tono vagamente titubante. Con Noelle nessuno voleva discutere con il dubbio di avere torto, perché a lei si attribuiva un’innata, incontrovertibile saggezza. C’era anche il timore di coinvolgerla in un confronto troppo duro, lei che sembrava così fragile. — Abbiamo perso anche il contatto con la Terra — continuò Elliot. — E allora viene da chiedersi: la nostra missione a questo punto ha ancora uno scopo?

— L’unico nostro scopo è trovare un pianeta da colonizzare — replicò calma Noelle. — E il contatto con la Terra non è affatto perduto.

Nella stanza risuonò un generale urlo soffocato di sorpresa.

— Non abbiamo perso il contatto con la Terra? — chiesero diverse voci tutte insieme.

Noelle sorrise. — Non per sempre, ne sono certa. L’interferenza è solo un fenomeno temporaneo dovuto a queste creature, questi angeli di cui parlava Heinz. — Tutti la stavano guardando. — Ho intenzione di provare a contattarli — continuò. — Ho dato la mia parola e intendo farlo. Cercherò di contattarli e chiederò loro di lasciarmi parlare ancora con mia sorella. Se ci riesco, e se loro me lo consentiranno, non saremo più soli quassù.

11

E quindi, per iniziativa della stessa Noelle, l’idea di cercare il contatto con gli angeli tornò prepotentemente alla ribalta, dopo essere stata accantonata per tutto il periodo dell’esplorazione del pianeta B. La speranza di ripristinare il contatto con la Terra riportò la concordia tra i membri dell’equipaggio, e il pessimismo in cui erano precipitati molti di loro cominciò a svanire.

L’idea tornò alla ribalta, certo, ma nulla venne tentato per i primi giorni. Il tempo passava e la Wotan rientrò nel non-spazio per dirigersi verso il pianeta C, a circa centocinquanta anni-luce dalla Terra in un settore della galassia molto lontano da quello appena visitato. Nessuno obiettò nulla, comunque, poiché si dava per scontato che Noelle si stesse preparando per stabilire l’impossibile contatto con quelle creature aliene che le impedivano per qualche ragione di comunicare con Yvonne. Nessuno sapeva che le due persone più toccate dal progetto, la stessa Noelle e il comandante che doveva ordinarle di effettuare il tentativo, provavano per motivi diversi un notevole disagio. Certo, Noelle si era pubblicamente impegnata, ma ciò non serviva affatto a cancellare le esitazioni di entrambi.

Noelle non aveva mai provato a contattare telepaticamente nessun altro se non sua sorella, e l’idea la turbava. Le sembrava quasi un atto di infedeltà. D’altro canto, se il tentativo riusciva, avrebbe ripristinato il dialogo con chi rappresentava la cosa più preziosa della sua vita. Pertanto Noelle voleva provarci, anche se non aveva idea di come riuscire a fare una cosa tanto insolita. Quindi, decise di attendere in silenzio l’ordine del comandante.

Il comandante, d’altra parte, era restio a ordinarle una cosa del genere. Il suo timore era lo stesso di sempre, e riguardava la possibilità che Noelle soffrisse di serie conseguenze per il tentativo.

La sua educazione classica gli faceva temere il peggio. Il mito di Semele rifiutava di lasciare spazio alla razionalità.

— Semele? E chi era? — gli chiese subito Noelle quando lui acconsentì a renderla partecipe dei suoi timori.

— Semele era la figlia di un antico re greco — spiegò lui. Si trovavano nelle terme, seduti sul bordo della vasca d’acqua tiepida dopo avervi nuotato a lungo. — La sua bellezza colpì Zeus, che ne fece una delle sue amanti.

Noelle si volse verso di lui. Sembrava ascoltarlo con curiosità; ma il suo viso era completamente privo di espressione. — Sa chi era Zeus? La principale divinità greca, il signore dell’universo.

— Sì, lo sapevo.

— Era un gran donnaiolo. Zeus si innamorò perdutamente della bella Semele, che gli diede un figlio destinato a diventare il dio Dioniso; ma Era, la moglie di Zeus, che aveva dovuto sopportare troppi tradimenti da parte del marito, quella volta decise di punirlo. Assunse quindi un aspetto umano, e si recò a visitare Semele, chiedendole se sapeva chi fosse veramente il suo amante. Sì, rispose Semele con orgoglio, è Zeus, il padre degli dèi. Come fai a esserne certa, le chiese Era. L’hai mai visto in tutta la sua gloria? No, disse Semele, si presenta a me sotto forma di un giovane. In tal caso potrebbe essere chiunque, replicò Era. Chiedigli di rivelarsi a te in tutta la sua maestà. Se è un impostore, si guarderà bene dal farlo; se invece è davvero Zeus, ti si presenterà agli occhi uno spettacolo indimenticabile.

— Credo di aver già sentito questa leggenda — lo interruppe Noelle.

Ma il comandante intendeva raccontare la storia per intero. — Quando Zeus si ripresentò a Semele, lei gli chiese: Come faccio a sapere se sei veramente Zeus? Io non ti ho mai visto con il tuo vero aspetto. Zeus rispose che non poteva assolutamente mostrarsi a lei con il suo vero aspetto, poiché la mente umana non poteva sopportarne la vista. Ma Semele insistette, ricordando a Zeus che tempo addietro le aveva promesso di esaudire qualunque suo desiderio. Tanto insistette su questo punto da spazientire Zeus. Il padre degli dèi non poteva rimangiarsi la promessa, anche se sapeva cosa sarebbe successo. E così, riluttante, si mostrò a Semele con il suo vero aspetto. Vi fu un tuono a dir poco tremendo, e Zeus comparve a lei sul suo carro avvolto da un’abbacinante aurea di luce. Nessun essere umano poteva contemplare Zeus e sopravvivere. Semele venne ridotta in cenere dal tremendo calore emanato dal padre degli dei. E così Era si prese la sua rivincita, punendo il marito infedele ed eliminando la pericolosa rivale.

Noelle aveva ascoltato in silenzio l’ultima parte del racconto, premendo le braccia contro il corpo. Ora parve al comandante che tremasse un poco.