– In caso di emergenza estrema – borbottò Bel.
– Se invece qualcosa andrà storto dopo che avrò ultimato la mia missione di macellaio applicheremo le solite vecchie regole di combattimento, perché a quel punto il campione sarà un bene insostituibile e dovremo tornare ad ogni costo dal Capitano Thorne con esso. Laureen, ha ben presente il luogo in cui dovrà avvenire l'eventuale recupero d'emergenza?
– Sì, signore – rispose la donna, indicando un punto sul display del video.
– Avete capito bene tutti quanti? Niente domande? Suggerimenti? Osservazioni dell'ultimo minuto? Allora, Capitano Thorne, effettuiamo un controllo dei comunicatori.
I comunicatori da polso risultarono tutti in perfette condizioni; ultimato il controllo il Guardiamarina Murka si issò sulle spalle lo zaino con le armi mentre Miles riponeva con attenzione in una tasca il cubo con la mappa che era costato loro una cifra esorbitante, versata appena poche ore prima ad una certa ditta di costruzioni dall'etica alquanto flessibile. Poi i quattro membri del commando si allontanarono guardinghi dal carro e scomparvero nell'oscurità intrisa di foschia.
I quattro si avviarono attraverso i boschi, camminando a fatica sullo strato di foglie marce ghiacciate che scivolavano sotto i piedi ed esponevano il fango sottostante; Murka individuò un occhio spia prima che li potesse inquadrare e lo accecò con una breve scarica di statica per il tempo che il gruppo impiegò ad oltrepassarlo, poi il guardiamarina e i due massicci soldati non ebbero difficoltà a spingere al di là del muro Miles… che cercò di non pensare all'antico gioco di lanciare in aria i nani che si praticava un tempo nei pub. Il cortile interno era spoglio e utilitario: aree di scarico, grosse porte sprangate, ripostigli per la raccolta dei rifiuti e qualche veicolo parcheggiato.
Un rumore di passi li indusse a ripararsi tutti in uno dei ripostigli per i rifiuti: una guardia vestita di rosso li oltrepassò lentamente munita di un sensore a infrarossi, che i quattro ingannarono accoccolandosi e nascondendo il volto all'interno dei loro mantelli impenetrabili a quel tipo di raggi, in modo da assomigliare ad altrettanti sacchi di rifiuti. Passato il pericolo si avviarono senza far rumore lungo le aree di scarico delle merci.
Dovevano cercare le condutture, che erano risultate essere l'unica chiave di accesso al complesso di Ryoval… condutture per il riscaldamento, per l'accesso ai cavi ottici di potenza, per il sistema di comunicazione; si trattava di passaggi stretti e del tutto impraticabili per un individuo massiccio ma non per Miles, che si liberò del poncho e lo consegnò ad un soldato perché lo piegasse e lo riponesse nel proprio zaino.
Una volta libero dell'ingombrante indumento, Miles si mise in equilibrio sulle spalle di Murka e si aprì un varco di accesso alla prima conduttura; rimossa la griglia di ventilazione inserita in alto nella parete al di sopra delle porte dell'area di carico, la porse in silenzio ai compagni ed effettuò un rapido esame sensorio per essere certo di non avere compagnia, infilandosi quindi nel condotto. Esso risultò stretto perfino per lui ma riuscì a percorrerlo e di lì a poco si calò con precauzione sul pavimento di cemento dalla parte opposta; trovati i comandi della porta mise in corto l'allarme e sollevò di un metro il battente, riabbassandolo poi più silenziosamente che poteva non appena i suoi compagni furono passati. Fino a quel momento tutto bene.
Osservando sempre il silenzio più assoluto i quattro raggiunsero il riparo offerto dal lato opposto dell'atrio di accesso appena prima che un uomo in tuta rossa lo attraversasse spingendo davanti a sé un carrello elettrico carico di robot per le pulizie. Murka toccò la manica di Miles e gli scoccò un'occhiata interrogativa, ma Miles scosse il capo, indicandogli che non era ancora arrivato il momento giusto. Sembrava infatti assai improbabile che quell'addetto alla manutenzione potesse saperne di più di un tecnico che lavorava nei laboratori interni in merito a dove veniva tenuta la loro preda, e non avevano il tempo di cospargere quel posto di corpi privi di sensi seguendo false piste.
Ben presto trovarono il passaggio che, proprio come aveva promesso il cubo, portava all'edificio principale, e la porta alla sua estremità risultò chiusa a chiave, cosa che del resto era stata prevista.
Salito di nuovo sulle spalle di Murka, Miles si servì rapidamente delle cesoie per staccare un pannello dal soffitto e s'insinuò nello spazio al di là di esso, strisciando su una fragile intelaiatura che non avrebbe di certo retto un uomo di peso superiore al suo fino a trovare i cavi che alimentavano la serratura della porta. Stava esaminando il problema che essi costituivano ed estraendo i necessari attrezzi dalle tasche della giacca quando la mano di Murka s'insinuò nel condotto e depositò accanto a lui lo zaino delle armi, rimettendo poi a posto il pannello senza far rumore. Immediatamente Miles si gettò prono e accostò un occhio alla fessura nel momento stesso in cui una voce echeggiava tonante nel corridoio.
– Fermi! – ingiunse qualcuno.
Tutta una serie di imprecazioni risuonò urlante nella mente di Miles, che serrò la mascella per impedire che esse gli salissero alle labbra mentre continuava ad osservare i suoi compagni attraverso la fessura. Un istante più tardi, i tre furono circondati da una mezza dozzina di guardie armate che indossavano camicia rossa e calzoni neri.
– Cosa ci fate qui? – ringhiò il sergente che comandava le guardie.
– Oh, dannazione! – esclamò Murka. – Per favore, signore, non dica al mio ufficiale comandante che ci ha sorpresi qui, perché mi degraderebbe di nuovo a soldato semplice!
– Cosa? – borbottò il sergente, pungolando Murka con la propria arma, un letale distruttore neuronico. – In alto le mani! Chi siete?
– Mi chiamo Murka. Tutti e tre siamo giunti alla Stazione Fell su una nave mercenaria, ma il capitano non ha voluto concedere licenze. Ci pensi… siamo arrivati fino al Gruppo Jackson e quel bastardo ci ha negato il permesso di scendere a terra! Quel maledetto puritano non voleva che venissimo da Ryoval.
Nel frattempo le guardie dalla divisa rossa stavano effettuando un rapido esame sensorio e un'altrettanto rapida perquisizione tutt'altro che gentile, che però portò alia scoperta soltanto dei paralizzatori e degli attrezzi per penetrare in aree di sicurezza che Murka aveva indosso.
– Avevo scommesso che saremmo riusciti ad entrare anche se non ci potevamo permettere di passare dalla porta principale – continuò intanto il guardiamarina, contraendo la bocca in una smorfia di grande scoraggiamento. – A quanto pare ho perso.
– Sembra proprio di sì – convenne il sergente, tirandosi indietro.
– Non sono certo attrezzati come una squadra di assassini – osservò uno dei suoi uomini, porgendogli il piccolo assortimento di oggetti che aveva sequestrato.
– Non siamo assassini! – esclamò Murka, ergendosi sulla persona con aria offesa.