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Rimase appeso sulla scala per parecchio tempo, perché salire verso l'alto era inutile e scendere appariva decisamente poco invitante; dopo un po' il violento dolore alle terminazioni nervose cominciò ad attenuarsi ma lui continuò a tenersi aggrappato alla scala nonostante il freddo sempre più intenso.

Riflettendo, si disse che le cose sarebbero potute andare anche peggio, e che il sergente e le guardie avrebbero potuto decidere di giocare a Lawrence d'Arabia e i Sei Turchi. Il Commodoro Tung, capo di stato maggiore della flotta dendarii e fanatico di storia militare, aveva preso ultimamente l'abitudine di subissarlo di aneddoti classici… come aveva fatto il Colonnello Lawrence a salvarsi da un'analoga situazione disperata? Ah, sì, aveva recitato la parte dell'idiota e si era fatto buttare fuori nel fango dai suoi catturatori. A quanto pareva Tung doveva aver fatto leggere quel volume anche a Murka.

A mano a mano che la sua vista si abituò ad essa, Miles scoprì che l'oscurità era relativa, perché pannelli vagamente luminescenti inseriti qua e là nel soffitto emettevano un malsano bagliore giallastro, e finalmente si decise a scendere gli ultimi due metri fino a venirsi a trovare sulla solida roccia.

Gli pareva già di leggere le notizie che avrebbero inviato a casa, a Barrayar… Il corpo di un ufficiale imperiale ritrovato nel Palazzo dei Sogni dello Zar della Carne. Causa della morte: sfinimento? Dannazione, questo non era il glorioso sacrificio al servizio dell'imperatore che aveva giurato di compiere in caso di necessità, questo era soltanto imbarazzante… ma forse la creatura della Casa Bharaputra avrebbe divorato ogni prova.

Con quel tetro conforto in mente cominciò a spostarsi zoppicando da un pilastro all'altro, soffermandosi di tanto in tanto per ascoltare e per guardarsi intorno; forse da qualche parte c'era un'altra scala, forse c'era una botola che qualcuno si era dimenticato di bloccare, forse c'era ancora speranza.

E forse c'era qualcosa che si muoveva nell'ombra appena oltre quel pilastro…

Miles sentì il respiro che gli si bloccava e poi riprendeva normalmente quando la traccia di movimento si rivelò per un grosso topo albino delle dimensioni di un armadillo, che nel vederlo si ritrasse e si allontanò rapidamente con gli artigli che ticchettavano sulla roccia. Si trattava soltanto di un ratto da laboratorio… dannatamente grosso ma pur sempre soltanto un ratto.

Poi un'enorme ombra fluttuante emerse dal nulla a velocità incredibile e afferrò il ratto per la coda, mandandolo a sbattere contro un pilastro e fracassandogli la testa con un orribile scricchiolio. Ci fu quindi il bagliore di un'unghia simile ad un artiglio e il bianco corpo peloso fu squarciato dallo sterno alla coda: dita frenetiche strapparono la pelle dal corpo del ratto fra spruzzi di sangue, poi Miles vide zanne aguzze mordere, lacerare e affondare nel corpo dell'animale.

Si trattava di zanne funzionali e non soltanto decorative, inserite in una mascella prognata che terminava in un'ampia bocca dalle lunghe labbra e che ricordava più il muso di un lupo che quello di una scimmia. La bocca era sovrastata da un naso piatto, da zigomi alti e da sporgenti e folte sopracciglia, i capelli erano una massa scura e arruffata, il corpo dinoccolato era un fascio di muscoli tesi alto due metri e mezzo.

Arrampicarsi di nuovo sulla scala non sarebbe servito a nulla perché la creatura avrebbe potuto afferrarlo e fargli fare la fine di quel ratto. E se si fosse alzato levitando lungo un pilastro? Oh, perché non aveva le dita delle mani e dei piedi a ventosa, qualcosa a cui il comitato bioingegneristico chissà come non aveva ancora pensato? E se invece si fosse immobilizzato, fingendosi invisibile? Alla fine Miles scelse quell'ultima soluzione per il semplice motivo che era paralizzato dal terrore.

I grossi piedi, che poggiavano nudi sulla fredda roccia, sfoggiavano anch'essi unghie simili ad artigli, ma a parte i piedi la creatura era vestita di indumenti fatti con la stoffa sterile di colore verde che si usava in laboratorio… una casacca simile ad un chimono trattenuta da una cintura e un paio di larghi calzoni. E poi c'era anche un'altra cosa.

Non lo avevano avvertito che si trattava di una femmina.

La creatura aveva quasi finito di divorare il topo quando sollevò lo sguardo e si accorse della sua presenza: con le mani e la faccia sporche di sangue si fece subito immobile quanto lui.

Con un movimento reso contratto dalla tensione Miles tirò fuori di tasca la barra nutrizionale un po' schiacciata che aveva nei calzoni e l'offrì con la mano protesa.

– Vuoi il dolce? – chiese, con un sorriso isterico.

La creatura abbandonò la carcassa del topo e gli tolse di mano la barra, strappandone la copertura e divorandola in quattro morsi; quando ebbe finito venne avanti e afferrò Miles per un braccio e per il davanti della maglietta nera, sollevandolo all'altezza della propria faccia: i piedi gli dondolavano nel vuoto e le dita munite di artigli gli premevano contro la pelle, l'alito della creatura era esattamente come lo aveva immaginato e gli occhi erano roventi.

– Acqua! – gracchiò la creatura.

Non mi avevano detto neppure che era capace di parlare, pensò Miles.

– Uh… acqua – ripeté, con voce stridula. – Certamente. Ci dovrebbe essere dell'acqua da queste parti… guarda tutti quei tubi che corrono lungo il soffitto. Se mi metti giù… brava ragazza… cercherò di trovare una conduttura dell'acqua o qualcosa del genere.

Lentamente la creatura lo abbassò fino a fargli toccare di nuovo terra con i piedi e lo lasciò andare. Miles indietreggiò piano, tenendo le mani aperte e abbandonate lungo i fianchi e schiarendosi la gola per cercare di trovare un tono di voce sommesso e suadente.

– Proviamo laggiù, dove il soffitto si abbassa, o meglio dove il fondo roccioso si alza… là vicino a quel pannello luminoso, quel sottile tubo di plastica composita… il bianco è di solito il colore usato per l'acqua. Non c'interessano i tubi grigi che indicano le fognature o quelli rossi, che corrispondono ai cavi di fibre ottiche… – Era impossibile stabilire se le sue parole venivano comprese, ma con gli animali il tono aveva un'importanza fondamentale. – Se tu… potessi sollevarmi sulle spalle come il Guardiamarina Murka, potrei tentare di allentare quella giuntura laggiù… – proseguì, mimando con i gesti nel dubbio di non essere riuscito a raggiungere l'eventuale intelligenza che si poteva celare dietro quei terribili occhi.

Le mani insanguinate, grandi almeno il doppio delle sue, lo afferrarono improvvisamente per i fianchi e lo sollevarono verso l'alto. Aggrappatosi al tubo bianco, Miles si spostò in direzione di una giuntura avvitata, sentendo sotto i piedi le spalle robuste della creatura che si spostavano con lui… i muscoli di quelle spalle stavano tremando, non era possibile che il tremito fosse soltanto una sua impressione; la giuntura risultò difficile da allentare al punto che gli sarebbero serviti degli attrezzi, ma non disponendone fece appello a tutte le sue forze, con il rischio di spezzare le fragili ossa delle dita. All'improvviso la giuntura cedette con uno stridio, la guarnizione di plastica scivolò un poco e qualche goccia cominciò a filtrargli fra le dita… un'ultima torsione fu sufficiente a separare del tutto le due metà e l'acqua scaturì in un vivido zampillo arcuato che andò a cadere sulla roccia sottostante.

Quella vista rese la creatura così frenetica che per poco non fece cadere Miles nel deporlo a terra, tanta era la sua premura di mettere la bocca spalancata sotto quel getto, lasciando che l'acqua vi cadesse dentro e le si riversasse sul volto, tossendo e trangugiando quel liquido prezioso con maggiore avidità di quanta ne avesse dimostrata nel divorare il topo. Bevve per un tempo apparentemente interminabile, poi lasciò che l'acqua le scorresse sulle mani, sulla faccia e sulla testa in modo da lavare via il sangue e bevve ancora. Miles cominciava ormai a pensare che non avrebbe più smesso quando infine essa si ritrasse dallo zampillo e spinse lontano dagli occhi i capelli umidi, abbassando lo sguardo su di lui e fissandolo per quello che gli parve un intero minuto.