Miles cercò di non pensare al ratto defunto e divorato… dopo tutto Nove era stata lasciata di proposito senza mangiare.
– I video possono essere molto ingannevoli. Alcune ragazze che conosco mi hanno detto che una donna ha bisogno di pratica per imparare come reagisce il proprio corpo, ed ho paura che potrei farti male. – E che per reazione tu finisca per sventrarmi.
– Non ti preoccupare – replicò lei, incontrando il suo sguardo. – Ho una soglia del dolore molto elevata.
Ma io no, pensò Miles.
Tutto questo era pazzesco, lei era pazza, e lo era anche lui… e tuttavia poteva avvertire un senso di fascino per quella proposta salirgli dal ventre fino ad offuscargli il cervello come una nebbia magica. Senza ombra di dubbio, Nove era la donna più alta che lui avrebbe mai avuto occasione d'incontrare… e più di una donna di sua conoscenza lo aveva accusato di essere a caccia di montagne da scalare. Forse avrebbe potuto togliersi la voglia una volta per tutte…
Dannazione, credo proprio che se la caverebbe benissimo. In fin dei conti Nove non era priva di un certo… fascino non era la parola giusta, perché la sua bellezza era da ricercare nella rapida, snella, atletica funzionalità delle sue forme, una volta che ci si era abituati alle sue dimensioni. Da lei emanava una sorta di calore che lui poteva avvertire da dove si trovava… magnetismo animale? sussurrò l'osservatore nascosto in un angolo della sua mente. Potere? Quali che fossero stati i suoi risultati, di certo quell'esperienza sarebbe stata stupefacente.
Gli riaffiorò di colpo nella mente uno degli aforismi preferiti di sua madre: vale la pena di fare bene qualsiasi cosa che sia degna di essere fatta. Sentendosi preda delle vertigini come un ubriaco abbandonò infine il sostegno della logica per lasciarsi andare alle ali dell'ispirazione.
– Benissimo, dottore – si sentì mormorare, in tono un po' folle, – sperimentiamo.
Baciare una donna fornita di zanne fu senza dubbio una sensazione nuova, e ancor più lo fu essere baciato a sua volta… Nove era rapida ad apprendere; poi le braccia di lei lo circondarono estatiche e da quel momento Miles perse in qualche modo il controllo della situazione.
– Nove – chiese però qualche tempo dopo, emergendo per respirare, – hai mai sentito parlare di quel ragno chiamato vedova nera?
– No… cos'è?
– Lascia perdere – rispose lui, in tono distratto.
Fu una cosa alquanto goffa e impacciata ma sincera e alla fine le lacrime che brillarono negli occhi di lei furono di gioia e non di dolore. Nove sembrava enormemente soddisfatta, ma Miles era ormai così sfinito per l'allentarsi della tensione che si addormentò pochi minuti più tardi, appoggiato contro il corpo di lei.
E si svegliò ridendo.
– I tuoi zigomi sono davvero molto eleganti – osservò Miles, seguendo con un dito la linea che essi disegnavano sul volto di lei, e Nove si protese verso il suo tocco, raggomitolandosi in pari misura contro di lui e contro il tubo dell'aria calda. – Sulla mia nave c'è una donna che porta i capelli intrecciati in modo particolare sulla nuca… una pettinatura che a te starebbe benissimo. Forse ti dovrebbe insegnare come realizzarla.
Nove si tirò sulla fronte una ciocca di capelli e la fissò come per cercare di vedere al di là dello sporco groviglio che essa formava, poi sfiorò a sua volta il viso di lui.
– Anche tu sei molto attraente, ammiraglio – commentò.
– Chi? Io? – replicò Miles, passandosi la mano sulla barba vecchia di un giorno, sui lineamenti angolosi e sulle rughe scavate dal dolore. Deve essere abbagliata dal mio supposto grado, pensò.
– Il tuo volto è molto… vivo, e i tuoi occhi vedono davvero quello che stanno guardando.
– Nove… – cominciò lui, schiarendosi la gola, poi s'interruppe, esclamando: – Dannazione, questo non è un nome, è soltanto un numero. Che è successo a Dieci?
– È morto – rispose lei. E forse morirò anch'io, aggiunsero silenziosamente i suoi strani occhi, prima che le palpebre si abbassassero a nasconderli.
– Nove è il solo nome con cui ti hanno sempre chiamata?
– C'è anche un lungo codice numerico inserito nel biocomputer che costituisce la mia designazione.
– Ecco… tutti abbiamo un numero di riconoscimento – replicò Miles, pensando che in effetti lui ne aveva addirittura due, – ma questo è assurdo… non ti posso chiamare Nove, come se fossi un automa. Hai bisogno di un nome vero, un nome adatto a te – decise, piegando le labbra in un lento sorriso e appoggiandosi contro la spalla nuda e calda di lei… il suo corpo era davvero una fornace, il che significava che il suo metabolismo era proprio come gli era stato descritto. – Taura.
– Taura? – ripeté lei, con un accento un po' distorto ma melodioso provocato dalle sue lunghe labbra. – È un nome troppo bello per me.
– Taura – ribadì Miles, con fermezza. – Un nome bello ma forte, pieno di segreti sottintesi, perfetto. Ah, a proposito di segreti… – Era quello il momento giusto per parlarle di ciò che il Dottor Canaba aveva nascosto nel suo polpaccio sinistro, oppure avrebbe ottenuto soltanto di ferirla, come una donna che scoprisse di essere stata corteggiata soltanto per il suo denaro, o un uomo per il suo titolo? Il dubbio lo indusse ad esitare. – Adesso che ci conosciamo meglio, non credi che sarebbe ora di andarcene da questo posto?
– Come? – chiese Taura, fissando la tetra penombra che li circondava.
– Questo è ciò che dobbiamo stabilire, giusto? Ti confesso che la prima cosa che mi viene in mente sono le condutture.
Naturalmente non si riferiva a quella dell'aria calda, perché avrebbe dovuto restare senza mangiare per un mese per poterci entrare e comunque sarebbe arrostito per il calore. Raccolta la maglietta… aveva già rimesso i pantaloni appena si era svegliato perché quel freddo pavimento di pietra assorbiva spietatamente ogni traccia di calore da qualsiasi corpo con cui veniva in contatto… la scrollò e la indossò, alzandosi faticosamente in piedi. Dio, stava già diventando troppo vecchio per questo genere di cose, mentre quella sedicenne mostrava di possedere le energie fisiche di una divinità minore. Dove si era trovato lui quando aveva avuto la sua prima esperienza di sedicenne? Sulla sabbia… certo, era successo sulla sabbia. Miles sussultò ancora al ricordo dell'effetto che essa aveva avuto su alcune sensibili pieghe del corpo e si disse che forse la pietra fredda non era poi così male come alternativa.
Taura si sfilò di sotto la casacca e i pantaloni verdi, si vestì e lo seguì tenendosi accoccolata fino a quando il soffitto non fu abbastanza alto da permetterle di camminare eretta. Insieme passarono più volte al setaccio quella vasta camera sotterranea, scoprendo quattro scale di accesso a delle botole, che però erano tutte bloccate, oltre ad un'uscita per i veicoli che si trovava sul lato verso valle e che era anch'essa chiusa. Un'evasione diretta sarebbe stata la soluzione più semplice, ma se dopo non fosse riuscito a stabilire il contatto con Thorne per raggiungere la città più vicina avrebbero dovuto marciare per ventisette chilometri nella neve, lui dotato soltanto di calzini e Taura a piedi nudi. E se anche ci fossero arrivati non avrebbero poi comunque potuto utilizzare la rete di comunicazione video perché la carta di credito di Miles era ancora chiusa nella Sala Operativa della sicurezza, alcuni piani più sopra, e chiedere la carità nella città di Ryoval non sembrava una buona alternativa. Di conseguenza bisognava scegliere se evadere subito e partirsene più tardi oppure aspettare e cercare di equipaggiarsi adeguatamente, rischiando di essere catturati e di pentirsi subito. Le decisioni tattiche erano sempre un divertimento di questo tipo.
Alla fine optò per le condutture e indicò in alto verso quella più promettente.