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Non sapeva come Anderson fosse riuscita a persuadere il computer della fureria ad alterare i suoi normali parametri, ma in qualche modo lo aveva costretto a fornire una divisa dendarii completa della taglia di Taura: una linda giacca grigia e bianca, calzoni grigi e lucidi stivali fino alla caviglia. Adesso il volto e i capelli di Taura erano talmente puliti da rivaleggiare per lucentezza con gli stivali e la capigliatura tirata all'indietro in una strana treccia che le si raccoglieva sulla nuca senza che si riuscisse a vedere dove terminava, aveva inattesi riflessi mogano.

Sebbene il suo aspetto non fosse pasciuto, la ragazza non era comunque più denutrita e i suoi occhi apparivano luminosi e interessati, diversi dai due bagliori dorati semisepolti nelle orbite cavernose che lui aveva visto inizialmente. Anche da quella distanza, inoltre, era evidente che la reidratazione e la possibilità di lavarsi i denti e le zanne avevano eliminato il fetore causato al suo alito dai numerosi giorni trascorsi nello scantinato di Ryoval nutrendosi soltanto di topi crudi. Le grandi mani erano adesso libere dalla sporcizia che le incrostava e… tocco davvero ispirato… le unghie simili ad artigli erano state pulite, appuntite .e coperte con un iridescente smalto perlaceo che s'intonava perfettamente alla divisa grigio-bianca. Di certo lo smalto doveva essere saltato fuori dalla scorta personale di cosmetici del sergente.

– Impressionante, Anderson – commentò infine Miles, in tono ammirato.

– È quello che lei aveva in mente, signore? – s'informò Anderson, con un sorriso orgoglioso.

– Esattamente – confermò Miles, mentre Taura lo fissava con un'espressione che rivelava una soddisfazione pari alla sua. – Che ne pensi del tuo primo balzo in un corridoio di transito? – chiese quindi.

Le lunghe labbra della ragazza ebbero un tremito, come sempre accadeva quando cercava di atteggiarle ad una smorfia riflessiva.

– In un primo tempo mi sono sentita improvvisamente in preda alle vertigini ed ho temuto di sentirmi male, finché il Sergente Anderson non mi ha spiegato di cosa si trattava.

– Niente piccole allucinazioni o effetti di distorsione temporale?

– No, ma non è stato… in ogni caso è passato in fretta.

– Hmm. Non sembra che tu sia uno di quei fortunati… o sfortunati… che vengono esaminati per evidenziare un'eventuale attitudine come piloti di Balzo. A giudicare dalle doti che hai dimostrato ieri mattina sulla piattaforma di atterraggio di Ryoval, la Sezione Tattica detesterebbe di doverti perdere a vantaggio della Navigazione e Comunicazioni. – Miles fece una pausa, poi aggiunse: – Grazie, Laureen. La mia chiamata ha interrotto qualcosa?

– Il controllo dei sistemi di routine sulle navette di atterraggio, prima di disattivarle. Taura stava guardando sopra la mia spalla mentre lavoravo.

– D'accordo, prosegua pure. Le rimanderò Taura quando avremo finito qui.

Anderson, che era manifestamente curiosa, uscì con riluttanza e Miles attese che le porte si fossero richiuse prima di parlare ancora.

– Siediti, Taura. Quindi le tue prime ventiquattr'ore con i Dendarii sono state soddisfacenti?

La ragazza sorrise e si adagiò con cautela su un'altra poltroncina, che scricchiolò.

– Più che soddisfacenti.

– Ah – fece Miles, esitando. – Devi capire che quando arriveremo a Escobar ti resterà sempre aperta la possibilità di andare per la tua strada: non sei obbligata ad unirti a noi ed io potrei provvedere a trovarti una sistemazione iniziale di qualche tipo, laggiù.

– Cosa? – esclamò lei, sgranando gli occhi con sgomento. – No! Voglio dire… mangio troppo?

– Per nulla. Combatti come quattro uomini e possiamo permetterci di darti da mangiare per tre. Però… voglio mettere subito in chiaro alcune cose prima che tu pronunci il tuo giuramento di recluta – replicò Miles, schiarendosi la gola. – Non sono venuto nel Complesso Biologico Ryoval per reclutarti. Ricordi che qualche settimana prima che la Casa Bharaputra ti vendesse a Ryoval, il Dottor Canaba ti ha iniettato qualcosa in una gamba? Con un ago, non con un'hypospray.

– Ah, sì – confermò lei, massaggiandosi distrattamente il polpaccio. – Ha formato una specie di gonfiore.

– E lui ti ha… ti ha detto di cosa si trattava?

– Un'immunizzazione.

Miles rifletté che Taura aveva avuto ragione nell'affermare che gli umani mentivano spesso.

– Ecco, non si è trattato di un'immunizzazione. Canaba ti ha usata come un contenitore vivente per materiale biologico elaborato con l'ingegneria genetica. Vincolato molecolarmente è latente – si affrettò ad aggiungere, nel vedere come lei si era contorta per scrutare la gamba con disagio. – Canaba mi ha garantito che non si può attivare spontaneamente. La mia missione originale era soltanto quella di prelevare il Dottor Canaba, ma lui si è rifiutato di partire senza quei complessi genetici.

– Aveva intenzione di portarmi con lui? – domandò Taura, con eccitata sorpresa. – Allora lo dovrei ringraziare per averti mandato da me!

Miles desiderò che lo facesse, per poter vedere l'espressione del volto di Canaba nell'ascoltarla.

– Sì e no. Per l'esattezza, no – replicò, proseguendo di getto prima di perdere il coraggio. – Non hai nulla di cui ringraziare lui, e neppure me. Canaba intendeva portare con sé soltanto i campioni di tessuti e mi ha mandato a prelevarli.

– Avresti preferito lasciarmi là… è per questo che hai parlato di Escobar… – Taura era ancora sconcertata.

– La tua fortuna – proseguì Miles, – è stata che io abbia perso i miei uomini e che fossi disarmato quando infine ci siamo incontrati. Canaba ha mentito anche a me: per difendersi ha affermato di aver avuto la confusa idea di salvarti da una vita brutale come schiava di Ryoval, ma in effetti mi ha mandato ad ucciderti, Taura. Mi ha mandato ad uccidere un mostro mentre avrebbe dovuto implorarmi di salvare una principessa sotto mentite spoglie. Non sono contento di come ha agito Canaba, e non lo sono neppure di me stesso. Ti ho mentito spudoratamente in quello scantinato, perché pensavo di doverlo fare per poter sopravvivere e vincere.

Il volto di lei appariva confuso e gelido, il bagliore le stava scomparendo dallo sguardo.

– Allora non credevi… non credevi realmente che fossi umana…

– Al contrario. La prova a cui hai scelto di sottopormi è stata eccellente, perché è molto più difficile mentire con il proprio corpo che con le parole: la sincerità da me dimostrata doveva per forza essere reale.

Nel guardarla, avvertì di nuovo una residua sfumatura di folle gioia rimasta da quell'avventura e suppose che l'avrebbe provata sempre… senza dubbio si trattava di un condizionamento maschile.

– Ti piacerebbe che te ne dessi un'altra dimostrazione? – chiese con una certa speranza, poi si morse la lingua e rispose da solo alla propria domanda. – No, è meglio di no, se dovrò essere il tuo comandante, perché abbiamo delle regole che vietano di fraternizzare eccessivamente, intese soprattutto a proteggere gli elementi di rango inferiore dallo sfruttamento da parte dei superiori, anche se è una cosa che può funzionare nei due sensi…

S'interruppe, consapevole che stava facendo una lunga digressione. Nervosamente raccolse di nuovo l'ipospray, vi giocherellò per qualche istante e tornò a posarla.

– In ogni caso – riprese, – il Dottor Canaba mi ha chiesto di mentirti di nuovo: voleva che ti somministrassi a tradimento un'anestesia totale in modo da poter recuperare i suoi campioni con una biopsia… come avrai notato è un vigliacco; adesso è là fuori e sta tremando da testa a piedi per il timore che tu scopra quali erano le sue intenzioni nei tuoi confronti. Per quanto mi riguarda, ritengo che un'anestesia locale con un paralizzatore ad uso medico sìa più che sufficiente, e del resto so che io vorrei essere sveglio e cosciente se lui dovesse lavorare su di me - concluse, assestando con un dito un colpetto sprezzante all'ipospray.