Выбрать главу

Vogliamo fare una gara, ragazzi, per indovinare quante barre ci sono in quel mucchio? pensò. Nessuna gara, non devo neppure misurare l'altezza del mucchio e dividerla per tre centimetri: devono essere esattamente 10,215. Davvero ingegnoso.

Nel corpo degli Operatori Psicologici Cetagandani ci dovevano essere delle menti davvero notevoli, al punto che Miles si chiese cosa avrebbe dovuto fare se fossero cadute nelle sue mani… arruolarle o sterminarle? Quel breve volo di fantasia fu troncato di netto dalla necessità di restare con i piedi piantati nel mondo della realtà presente, in quanto circa 10.000 persone, tranne coloro che avevano ceduto alla disperazione o erano troppo deboli per muoversi, stavano cercando di piombare contemporaneamente su quei sei metri quadrati di campo.

I primi velocisti raggiunsero il mucchio, afferrarono una bracciata di barre e cercarono di allontanarsi altrettanto in fretta. Alcuni riuscirono ad arrivare fino alla protezione degli amici, divisero con loro il bottino e si ritrassero dal centro di quel maelstrom vivente, ma altri non fecero in tempo a schivare gruppetti di soggetti come i grossi e cupi compari e furono violentemente alleggeriti delle loro prede. La seconda ondata di velocisti, che non riuscì ad allontanarsi in tempo, si venne invece a trovare bloccata contro la parete della cupola dalla sopraggiungente marea di corpi.

Sfortunatamente, Miles e Suegar fecero parte di questa seconda categoria, e ben presto il campo visivo di Miles si ridusse ad una massa sudata, ansante, puzzolente e imprecante di gomiti, di toraci e di schiene.

– Mangia, mangia! – lo incitò Suegar, a bocca piena, mentre venivano separati dall'orda che stava sopraggiungendo.

La barra da lui afferrata fu però strappata dalle mani di Miles prima che questi si fosse raccapezzato abbastanza da seguire il consiglio del compagno, e del resto la sua fame era nulla se paragonata al terrore di restare schiacciato o… peggio ancora… di cadere e di essere calpestato. I suoi stessi piedi si mossero su qualcosa di morbido ma non gli riuscì di spingere con forza sufficiente a dare a quella persona… era un uomo oppure una donna?… la possibilità di rialzarsi.

Con il tempo la ressa si attenuò, permettendo a Miles di trovare il limitare della folla e di uscirne; barcollando si allontanò un poco e si lasciò cadere seduto nella polvere, scosso e tremante, pallido e gelato, con il respiro che gli gracchiava irregolarmente in gola.

Gli ci volle parecchio per ritrovare le forze e il controllo, perché per puro caso quell'esperienza aveva toccato il suo nervo più sensibile, evocato i suoi più cupi timori, minacciato la sua più grande debolezza.

Qui potrei morire senza aver mai visto il volto del nemico, pensò. Non sembrava però che ci fossero ossa rotte, tranne forse nel piede sinistro… non era certo delle sue condizioni, e di sicuro l'elefante che lo aveva calpestato era qualcuno che prelevava ogni volta più della sua giusta razione di barre nutrizionali.

D'accordo, decise infine, ho dedicato fin troppo tempo al riposo. In piedi, soldato. Era arrivato il momento di trovare il Colonnello Tremont.

Guy Tremont, il vero eroe dell'assedio del Nucleo Fallow, il coraggioso che aveva resistito, resistito e ancora resistito anche dopo che il Generale Xian era fuggito e che Baneri era stato ucciso.

Xian aveva giurato di tornare, ma era finito intrappolato nel massacro della Stazione Vassily; il Quartier Generale aveva promesso di mandare provviste, ma il Quartier Generale e il suo astroporto di vitale importanza erano stati presi dai Cetagandani.

Quando questo era accaduto il Colonnello Tremont e i suoi uomini erano però ormai privi del sistema di comunicazione e quindi avevano resistito, attendendo e sperando, fino a quando le loro risorse si erano ridotte a rocce e speranza… le rocce erano oggetti versatili, che potevano essere bolliti per ottenere una zuppa o scagliati contro il nemico. Alla fine, però, il Nucleo Fallow era stato conquistato. Non si era arreso, era stato preso.

Guy Tremont… Miles desiderava moltissimo incontrare Guy Tremont.

Alzatosi in piedi, si guardò intorno e scorse in lontananza una figura da spaventapasseri che camminava lentamente e che era oggetto di una pioggia di zolle di terriccio che un gruppo di persone le stava scagliando contro per indurla ad andarsene. Suegar si fermò fuori della portata di tiro di quei proiettili improvvisati e continuò a indicare lo straccio legato al polso, senza cessare di parlare, ma i tre o quattro uomini che stava arringando gli fecero capire cosa pensavano del suo messaggio girando le spalle e andandosene.

Con un sospiro, Miles si avviò per raggiungerlo.

– Ehi, Suegar! – chiamò, agitando una mano, quando fu più vicino.

– Oh, eccoti qui – rispose Suegar, rischiarandosi in volto e raggiungendolo. – Ti avevo perso. Nessuno mi vuole ascoltare, sai? – aggiunse, pulendosi la fronte dalla terra.

– Già… ecco, la maggior parte di loro ti deve ormai aver sentito parlare almeno una volta, giusto?

– Probabilmente mi avranno sentito venti volte, perché continuo a pensare che potrei aver dimenticato qualcuno, forse proprio l'Uno… l'altro Uno.

– Io sarei felice di ascoltarti, ma prima devo proprio trovare il Colonnello Tremont. Hai detto che conoscevi qualcuno…

– Oh, hai ragione. Da questa parte – assentì Suegar, incamminandosi di nuovo.

– Grazie. Dimmi, ogni chiamata per il rancio è come quella a cui ho appena assistito?

– Più o meno.

– E cosa impedisce a qualche… gruppo… di impadronirsi di quel tratto del perimetro della cupola?

– Le barre non vengono mai depositate due volte nello stesso posto. Il punto viene spostato tutt'intorno al perimetro. In passato si è discusso molto su quale fosse la strategia migliore, e cioè se fosse meglio appostarsi nel centro, in modo da non essere mai a più di mezzo diametro di distanza dalle barre, o vicino al perimetro, al fine di trovarsi in prima fila almeno alcune volte. Ci sono perfino stati alcuni che hanno effettuato un calcolo matematico delle probabilità di successo delle due tattiche.

– Tu quale preferisci?

– Oh, io non ho un punto particolare, mi sposto di qua e di là e mi affido alla sorte. Quella non è comunque la cosa più importante – proseguì, toccando lo straccio legato al polso, – ma è stato bello poter mangiare oggi, qualsiasi giorno sia.

– Oggi è il 2 novembre del '97, Era Comune della Terra.

– Oh, soltanto? – fece Suegar, tirando il ciuffo di barba e ruotando gli occhi nel tentativo di guardarlo. – Credevo di essere rimasto qui più a lungo di così… non sono passati neppure tre anni – aggiunse, in tono di scusa. – Qui dentro è sempre oggi.

– Hmm – fece Miles. – E così le barre nutrizionali sono sempre state consegnate in un solo mucchio, in quel modo.

– Già.

– Dannatamente ingegnoso.

– Già – ripeté Suegar, con un sospiro in cui era nascosta un'ira appena alitata e tradita dalla contrazione delle sue mani.

Dunque quel folle non era poi così ingenuo come voleva apparire…

– Siamo arrivati – aggiunse Suegar, arrestandosi davanti ad un gruppo il cui territorio era determinato da una mezza dozzina di stuoie disposte in un rozzo cerchio. Uno degli uomini sollevò lo sguardo e gli scoccò un'occhiata rovente.