– Vattene, Suegar, non sono dell'umore giusto per sentire un sermone.
– Quello è il colonnello? – sussurrò Miles.
– No, si chiama Oliver. Lo conoscevo… molto tempo fa. Comunque era al Nucleo Fallow e ti potrà portare da Tremont – sussurrò di rimando Suegar, poi spinse Miles avanti e aggiunse: – Questo è Miles, è nuovo e ti vuole parlare.
Detto questo indietreggiò di qualche passo e Miles si rese conto che lo aveva fatto per essergli d'aiuto: a quanto pareva, Suegar era consapevole della propria impopolarità.
Miles procedette quindi a studiare il successivo anello della catena che stava seguendo: Oliver era riuscito a non farsi sottrarre la divisa grigia e la stuoia, e la sua tazza di plastica era intatta, tutte cose che contribuirono a ricordare a Miles la propria nudità. D'altro canto, Oliver non sembrava essere in possesso di oggetti di scorta ottenuti con mezzi illeciti, e la sua somiglianza con i cupi compari si limitava al fisico massiccio, il che era un bene… anche se nelle sue attuali condizioni Miles non aveva più di che preoccuparsi di eventuali furti.
Dal canto suo, Oliver lo fissò inizialmente con freddezza, ma poi parve addolcire il proprio atteggiamento.
– Cosa vuoi? – brontolò.
– Sto cercando il Colonnello Tremont – spiegò Miles, allargando le mani.
– Qui non ci sono colonnelli, ragazzo.
– Era un cugino di mia madre. Nessuno della famiglia… nessuno del mondo esterno… ha più avuto sue notizie dirette o indirette da quando il Nucleo Fallow è caduto. Io… io non provengo da nessuna unità o frammento di unità presente là, e il Colonnello Tremont è il solo di cui sappia qualcosa.
Nel parlare Miles serrò le mani una contro l'altra e cercò di apparire fragile, mentre un dubbio effettivo cominciava a scuoterlo e lo induceva ad aggrottare la fronte.
– È ancora vivo, vero? – insistette.
– Un parente, eh? – fece Oliver, grattandosi un lato del naso con uno spesso dito. – Suppongo che tu abbia il diritto di vederlo, ragazzo, ma non credo che ti servirà a qualcosa, se è a questo che stai pensando.
– Io… a questo punto voglio soltanto sapere - replicò Miles, scuotendo il capo.
– Allora vieni – decise Oliver, alzandosi in piedi con un grugnito e incamminandosi senza neppure guardarsi alle spalle per vedere se Miles lo stava seguendo.
– Mi stai portando da lui? – domandò questi, mentre gli andava dietro zoppicando.
Oliver non rispose finché non ebbero finito il tragitto lungo appena qualche dozzina di metri che si snodava fra le stuoie per dormire; un uomo imprecò, un altro sputò, ma i più li ignorarono.
Una stuoia era posta al limitare del gruppo, quasi abbastanza lontano da apparire isolata, e su di essa una figura raggomitolata su un fianco volgeva loro le spalle. In silenzio, Oliver si arrestò a contemplarla con i grossi pugni sui fianchi.
– È quello il colonnello? – sussurrò Miles, in tono urgente.
– No, ragazzo – rispose Oliver, tormentandosi il labbro inferiore, – è soltanto ciò che resta di lui.
Allarmato, Miles s'inginocchiò, ma ben presto si rese conto che Oliver aveva inteso parlare soltanto in senso figurato e che l'uomo sulla stuoia respirava ancora.
– Colonnello Tremont? Signore? – chiamò, e sentì il cuore che gli mancava di nuovo quando si accorse che respirare era più o meno la sola cosa che Tremont facesse.
Il colonnello giaceva inerte, e sebbene fossero aperti i suoi occhi erano fissi nel vuoto, al punto che il suo sguardo non si spostò neppure in maniera infinitesimale verso Miles; il suo corpo era scarno, ancor più di quello di Suegar, e pur riconoscendo la curva della mascella e la forma dell'orecchio dai video che aveva studiato, Miles comprese di avere davanti soltanto i resti di un volto, paragonabili alle macerie del Nucleo Fallow… ci sarebbe voluta quasi la capacità di analisi di un archeologo per ricollegare le rovine attuali alla realtà passata.
Il colonnello era vestito e la sua tazza era posata accanto alla stuoia, ma la terra intorno ad essa era trasformata in un fango acre e puzzolente, che Miles comprese essere stato formato dall'urina. I gomiti di Tremont erano inoltre segnati da un principio di piaghe da decubito, mentre una macchia umida sulla stoffa grigia dei calzoni all'altezza dei fianchi ossuti indicava la presenza di altre piaghe più terribili e in stato più avanzato.
E tuttavia ci deve essere qualcuno che si sta occupando di lui, pensò Miles, altrimenti avrebbe un aspetto ancora peggiore.
Mentre formulava quel pensiero Oliver gli si inginocchiò accanto, con i piedi nudi immersi nella fanghiglia, e tirò fuori dalla cintura elastica dei propri calzoni un pezzo di barra nutritiva, sbriciolandone un frammento con le grosse dita e spingendolo fra le labbra di Tremont.
– Mangia – sussurrò.
Le labbra quasi si mossero, poi le briciole caddero sulla stuoia; Oliver tentò di nuovo, ma parve avvertire lo sguardo di Miles fisso su di sé e ripose il resto della barra nei pantaloni con un grugnito inintelligibile.
– È… è stato ferito quando il Nucleo Fallow è stato preso? – chiese Miles. – Forse una ferita alla testa?
– Il Nucleo Fallow non è stato preso con la forza, ragazzo – lo corresse Oliver, scuotendo il capo.
– Ma è stato detto che è caduto il 6 ottobre e…
– È caduto il 5 ottobre. Il Nucleo Fallow è stato tradito – dichiarò Oliver, poi gli volse le spalle e si allontanò prima che il suo volto irrigidito potesse rivelare qualsiasi emozione.
Dietro di lui Miles s'inginocchiò nel fango ed esalò un lento respiro.
Dunque era così.
Questa era allora la fine della sua impresa?
Avrebbe voluto passeggiare per riflettere meglio, ma camminare lo faceva ancora soffrire troppo quindi si limitò ad allontanarsi un poco zoppicando e cercando di non invadere accidentalmente il territorio di qualche grosso gruppo; alla fine si sedette e poi si sdraiò nella polvere, incrociando le mani dietro la testa e fissando il bagliore perlaceo della cupola che li sigillava tutti al suo interno come un coperchio. In quella posizione considerò tutte e tre le opzioni che aveva a disposizione, soppesandole con cura… una cosa che non richiese molto tempo.
Pensavo che non credessi più nella divisione fra buoni e cattivi, si rimproverò. Era venuto qui con la convinzione di aver ormai cauterizzato le proprie emozioni a titolo di autoprotezione, ma adesso cominciava a sentire l'imparzialità coltivata con tanta cura che iniziava a dissolversi, cominciava ad odiare quella cupola in maniera veramente intima e personale: esteticamente elegante, in essa la forma era unita alla funzione con la stessa perfezione ritrovabile in un guscio d'uovo… una meraviglia della fisica trasformata in uno strumento di tortura.
Una tortura sottile… Miles ripensò alle regole stabilite dalla Commissione di Giustizia Interstellare per il trattamento dei prigionieri di guerra, regole che lo stesso Cetaganda aveva firmato. Un determinato numero di metri quadrati di spazio per persona… sì, questo era stato di certo fornito nel campo; nessun prigioniero doveva restare isolato per un periodo di tempo superiore alle ventiquattr'ore… qui non si poteva trovare solitudine di sorta tranne che rifugiandosi nella follia; nessun periodo di oscurità di durata maggiore di ventiquattr'ore… regola facile da aggirare, qui i periodi di oscurità non esistevano affatto ed erano sostituiti da un perenne bagliore meridiano; niente percosse… le guardie potevano affermare in tutta sincerità di non aver mai posato una sola mano addosso ai prigionieri, perché si erano limitate a guardare mentre essi si picchiavano a vicenda. Gli stupri, strettamente vietati dalle regole, erano senza dubbio stati gestiti nello stesso modo.