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Ed aveva visto cosa i Cetagandani erano capaci di fare con la distribuzione delle due barre a testa al giorno: quella lotta per accaparrarsi il cibo era un tocco particolarmente elegante, si disse, perché nessuno poteva evitare di parteciparvi… nel formulare quella riflessione si massaggiò lo stomaco vuoto e brontolante. Era possibile che il nemico avesse scatenato di proposito le prime lotte inviando un numero di barre inferiore a quello necessario, ma forse non lo aveva fatto… la prima persona che aveva afferrato due barre anziché una ne aveva lasciata un'altra senza cibo, e quella persona la volta successiva ne aveva probabilmente prese due o tre per compensare, creando una rapida reazione a catena. Quella manovra aveva infranto la speranza e l'ordine, aveva messo gruppo contro gruppo e persona contro persona in una lotta continua che si ripeteva due volte al giorno e che ricordava a tutti la loro impotenza e la loro degradazione. Nessuno poteva infatti permettersi di tenersi a lungo fuori della mischia a meno che desiderasse morire di fame.

Niente lavori forzati, continuò ad enumerare… un momento, i lavori forzati avrebbero richiesto l'imposizione dell'ordine. Libero accesso ai servizi del personale medico… i medici delle svariate unità dovevano essere qui da qualche parte; Miles ripassò mentalmente la stesura di quel particolare paragrafo del regolamento… in esso si parlava di personale… non di medicinali ma soltanto di personale medico: medici e tecnici medici a mani vuote, rifletté ritraendo le labbra in un sorriso privo di divertimento.

Un'accurata lista dei prigionieri era stata stilata e debitamente trasmessa come richiesto, ma non c'erano state altre comunicazioni…

Comunicazioni. Questa mancanza di informazioni dal mondo esterno avrebbe potuto farlo impazzire entro breve tempo… era peggio che pregare e parlare con un Dio che non rispondeva mai, e non c'era da meravigliarsi che qui tutti sembrassero toccati da una sorta di schizofrenia solipsistica. I loro dubbi cominciavano a contagiarlo: c'era ancora qualcuno là fuori? La sua voce veniva davvero sentita, le sue parole comprese?

Ci voleva la fede cieca, il balzo intuitivo della fede.

– Questo – scandì con chiarezza, serrando la mano destra come per schiacciare un guscio d'uovo, – richiede un drastico cambiamento dei piani.

E si costrinse ad alzarsi in piedi per andare a cercare Suegar.

Lo trovò non molto lontano, accoccolato nella polvere senza far nulla.

– Oliver ti ha portato da tuo… tuo cugino? – chiese Suegar, sollevando lo sguardo con un breve sorriso.

– Sì, ma sono arrivato troppo tardi: sta morendo.

– Già… temevo che potesse essere così. Mi dispiace.

– Anche a me – rispose Miles, poi si lasciò distrarre per un momento dai suoi scopi a causa di una curiosità di natura pratica. – Suegar, che ne fanno qui dei corpi dei morti?

– Laggiù lungo un fianco della cupola c'è una specie di mucchio di sassi: la cupola li emette e li risucchia di tanto in tanto proprio come fa con il cibo e i nuovi prigionieri. Di solito quando un cadavere si gonfia e comincia a puzzare qualcuno lo trascina laggiù. A volte lo faccio io stesso.

– Suppongo che non ci sia nessuna possibilità di nascondersi in mezzo al mucchio di sassi.

– Vengono inceneriti con un'emissione di microonde prima di essere espulsi.

– Ah, capisco. – Miles trasse un profondo respiro e iniziò la sua manovra: – Suegar, ho avuto l'illuminazione: io sono l'altro Uno.

– Lo avevo immaginato – annuì serenamente Suegar, senza traccia di sorpresa.

Miles si arrestò, sconcertato: possibile che la reazione fosse tutta lì? Si era aspettato qualcosa di più energico, sia che fosse un assenso o un rifiuto.

– L'illuminazione mi è giunta con una visione – riprese poi, seguendo il copione prefissato.

– Davvero? – chiese Suegar, la cui attenzione si accentuò in maniera gratificante, poi aggiunse con invidia: – Io non ho mai avuto una visione, ho dovuto dedurre ogni cosa dal contesto. Com'è? Una specie di trance?

Dannazione, ed io che pensavo che questo tipo parlasse con gli elfi e con gli angeli…

– No – rispose Miles, facendo leggermente marcia indietro, – è come un pensiero, soltanto molto più dominante: ti pervade, ti brucia come un desiderio che non si può soddisfare. Non è come una trance perché ti sospinge verso l'esterno e non dentro te stesso. – A questo punto esitò, sgomento per la consapevolezza che le sue affermazioni erano state più vere di quanto fosse stata sua intenzione.

– Oh, bene – dichiarò Suegar, che appariva ora immensamente incoraggiato. – Per un secondo ho temuto che potessi essere uno di quei tizi che si mettono a parlare con gente che nessun altro può vedere.

Miles guardò involontariamente verso l'alto, poi riportò lo sguardo sul suo interlocutore.

– Dunque – stava proseguendo questi, il cui sguardo appariva ora più a fuoco e più intenso, – le visioni sono fatte così. È una sensazione che ho avuto anch'io.

– E non l'hai riconosciuta? – domandò Miles, in tono blando.

– Non per quello che era… essere scelto in questo modo non è una cosa comoda e ho cercato di sottrarmi ad essa per molto tempo, ma Dio ha il suo modo di trattare con chi tenta di evitare il reclutamento.

– Sei troppo modesto, Suegar: hai creduto nelle scritture ma non in te stesso. Non sai che quando ci viene dato un compito ci viene dato anche il potere per portarlo a termine?

– Sapevo che era un compito per due persone, proprio come affermano le scritture – sospirò Suegar, soddisfatto.

– Giusto, e adesso siamo in due… ma dobbiamo essere di più quindi penso che faremo bene a cominciare con i tuoi amici.

– Non ci vorrà molto tempo – commentò Suegar, in tono asciutto. – Devo dedurre che hai già in mente la seconda mossa da fare?

– A quel punto cominceremo con i tuoi nemici, o con chi conosci appena, cominceremo con il primo dannato prigioniero che attraverserà il nostro cammino. Da dove partiremo non ha importanza, perché alla fine li avremo tutti… tutti, fino all'ultimo. – In quel momento gli tornò in mente una citazione particolarmente adatta alla situazione e si affrettò a declamarla con vigore: – Che coloro che hanno orecchi per sentire ascoltino… li avremo tutti.

E nel proferire quelle parole levò una sentita preghiera dal profondo del cuore.

– D'accordo – proseguì poi, issando Suegar in piedi, – andiamo a predicare ai non convertiti.

– Una volta – rise Suegar, – avevo un comandante che era solito dire «andiamo a prendere a calci qualcuno» con un tono di voce identico al tuo.

– Ci sarà da fare anche questo – convenne Miles, con una smorfia. – Devi capire che non tutti i membri di questa congregazione raggiungeranno volontariamente la fratellanza universale. Comunque lascia a me le operazioni di reclutamento, d'accordo?

– Un impiegato, eh? – fece Suegar, fissandolo da sotto le sopracciglia inarcate e accarezzandosi il ciuffo di barba superstite.

– Esatto.

– Sì, signore.

Cominciarono con Oliver.

– Posso entrare nel tuo ufficio? – chiese Miles, accennando con un gesto.

Oliver si massaggiò il naso con il dorso di una mano e sbuffò.

– Lascia che ti dia un consiglio, ragazzo: qui non riuscirai a farti una posizione come comico, perché ogni possibile battuta è già stata sfruttata fino all'osso, perfino quelle macabre.

– Molto bene – replicò Miles, sedendo a gambe incrociate accanto alla stuoia di Oliver ma non troppo vicino ad essa, mentre Suegar si teneva accoccolato alle sue spalle, pronto a scattare all'indietro se fosse risultato necessario. – Allora verrò subito al dunque. Non mi piace come vengono condotte le cose qui.