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– Mi è appena venuto in mente un altro scenario – affermò Tris. – Come ci comporteremo se loro non faranno nulla? Se non reagiranno e non apporteranno cambiamenti?

– Mi sembra la mossa più probabile – replicò Miles, annuendo. – Credo che quel tentativo di trarci in inganno durante la scorsa distribuzione sia stato un errore da parte loro.

– Ma in assenza del nemico, per quanto tempo possiamo andare avanti fingendo di avere un esercito? – insistette lei. – Hai dovuto grattare il fondo per riuscire a metterci insieme, e che accadrà quando questo ultimo impeto di energie si sarà esaurito?

Miles si raggomitolò su un fianco, sentendosi sprofondare in strani pensieri privi di forma coloriti dall'accenno di un sogno erotico riguardante quell'alta e aggressiva rossa, e sbadigliò voluttuosamente.

– Allora pregheremo per avere un miracolo. Ricordami di discutere di miracoli con te… più tardi.

Qualche tempo dopo si svegliò per un istante quando qualcuno gli infilò sotto il corpo una stuoia, e indirizzò a Beatrice un sorriso intimo e assonnato.

– Folle mutante – ringhiò la ragazza, facendolo rotolare rudemente sulla stuoia, – non pensare che sia stata una mia idea.

– Sai, Suegar – borbottò Miles, – credo di piacerle.

E tornò a raggomitolarsi serenamente nell'abbraccio della Beatrice presente nel suo sogno.

Con segreto sgomento di Miles, la sua analisi delle mosse del nemico risultò esatta. I Cetagandani tornarono infatti alla loro originale routine di distribuzione delle barre nutritive, senza reagire ai mutamenti subiti dall'ordine interno dei prigionieri, cosa che Miles non era sicuro di apprezzare. Certo, questo gli avrebbe dato il tempo di perfezionare al massimo il suo schema di distribuzione, ma qualche azione di disturbo da parte di chi controllava la cupola sarebbe servita a dirigere l'attenzione dei prigionieri verso l'esterno, dando di nuovo loro un nemico da combattere e soprattutto infrangendo la noia paralizzante che avviluppava la loro esistenza. A lungo andare, era possibile che la previsione di Tris risultasse esatta.

– Detesto un nemico che non commette errori – borbottò in tono irritato Miles, e concentrò tutti i propri sforzi sugli eventi che poteva controllare.

Trovò un flemmatico prigioniero con il battito cardiaco regolare e gli ordinò di stendersi per terra e di contare le proprie pulsazioni, usando questo metodo per calcolare i tempi di distribuzione e mettendosi poi all'opera per ridurli il più possibile.

– È un esercizio spirituale – annunciò, quando infine arrivò a far distribuire dai capisquadra le barre con un ritmo di 200 per volta, con trenta minuti di distacco fra un gruppo e l'altro, poi trasse Tris in disparte e aggiunse: – In effetti è un cambiamento di ritmo. Se non riusciamo a indurre i Cetagandani a produrre qualche diversivo, allora dobbiamo pensarci da soli.

Al tempo stesso riuscì finalmente ad ottenere un conto esatto di tutti i prigionieri superstiti… durante ogni distribuzione era sempre presente esortando, pressando, spingendo e controllando.

– Se davvero vuoi che facciamo più in fretta – protestò Oliver, – dividiamo le barre in un numero maggiore di mucchi.

– Non bestemmiare – ribatté Miles, e si rimise all'opera per indurre i suoi gruppi a trasportare le barre verso i mucchi di distribuzione disposti a intervalli regolari lungo il perimetro della cupola.

Alla fine della diciannovesima distribuzione dal momento del suo arrivo nel campo, Miles giunse a ritenere che il sistema da lui elaborato fosse finalmente completo e teologicamente perfetto: considerando che due distribuzioni indicassero un arco di ventiquattro ore, si trovava ormai nel campo da nove giorni.

– Sono sfinito – si rese conto, con un gemito, – ed è troppo presto.

– Stai piangendo perché non hai altri mondi da conquistare? – domandò Tris, con un sorriso sarcastico.

Entro la trentaduesima distribuzione il sistema funzionava ormai senza nessun intoppo, ma Miles cominciava, ad avere i nervi logorati.

– Benvenuto alla lunga marcia – commentò Beatrice, in tono secco. – È meglio che cominci ad abituarti, Fratello Miles, perché se quello che dice Tris è vero, è possibile che noi si resti qui ancora più a lungo per causa tua. Un giorno o l'altro dovrò ricordarmi di ringraziarti adeguatamente per questo.

E gli indirizzò un sorriso minaccioso che indusse Miles a ricordarsi prudentemente di un impegno da assolvere dalla parte opposta del campo.

Beatrice però aveva ragione… una consapevolezza che aveva il potere di deprimere Miles. La maggior parte delle persone rinchiuse lì dentro non calcolavano la loro reclusione in giorni e settimane ma in mesi ed anni, e lui stesso avrebbe finito per perdere la ragione in un periodo di tempo che per la maggior parte di loro sarebbe stato un semplice batter d'occhio. Sempre più cupo, si chiese quale forma la sua pazzia avrebbe assunto, se sarebbe diventato un maniaco animato da illusioni di grandezza e convinto di essere per esempio il Conquistatore di Komarr o se invece sarebbe scivolato nella depressione come Tremont, raggomitolandosi su se stesso fino a perdere la propria identità e a diventare una sorta di buco nero umano.

Miracoli. Nel corso di tutta la storia c'erano stati condottieri che si erano sbagliati nel calcolare il momento esatto dell'armageddon e che avevano condotto i loro greggi tosati in cima alla montagna ad aspettare un'apoteosi che non era mai giunta… condottieri la cui esistenza successiva era stata di solito caratterizzata dall'oblio e da problemi di alcoolismo. Lì però non c'era nulla da bere, anche se lui avrebbe voluto all'istante sei dosi doppie di liquore.

All'istante.

Miles prese l'abitudine di percorrere il perimetro della cupola dopo ogni distribuzione, in parte per effettuare… o almeno fingere di effettuare… un'ispezione e in parte per consumare un poco della fastidiosa energia nervosa che stava accumulando e che gli rendeva sempre più difficile dormire. Nel campo c'era stato un periodo di calma dopo che la distribuzione del cibo era stata regolata con successo, come se quell'ordine improvviso fosse stato un cristallo lasciato cadere in una soluzione supersatura, ma negli ultimi giorni il numero delle risse interrotte dai sorveglianti era aumentato e i sorveglianti stessi si erano mostrati più rapidi a passare alla violenza, assumendo un atteggiamento spiacevolmente minaccioso. Fasi della luna… chi poteva correre più veloce della luna?

– Rallenta, Miles – si lamentò Suegar, che gli stava camminando accanto.

– Scusami – rispose Miles, controllando l'andatura ed emergendo dalle proprie riflessioni per guardarsi intorno. La cupola luminosa si levava alla sua sinistra e dava l'impressione di vibrare di un sommesso ronzio appena al di fuori della sua soglia uditiva, mentre alla sua destra regnava la quiete, caratterizzata da gruppi di persone per lo più seduti, e non sembravano esserci grandi cambiamenti da ciò che lui aveva visto il giorno del suo arrivo lì. Forse la tensione era diminuita, forse c'era un maggiore interessamento collettivo nei confronti di chi era ferito o malato… fasi della luna. Scrollandosi di dosso il proprio senso di disagio, si costrinse a sorridere allegramente a Suegar.

– Ultimamente ottieni qualche reazione più positiva ai tuoi sermoni? – gli chiese.

– Ecco… nessuno cerca più di picchiarmi – rispose Suegar, – ma del resto non sto più predicando con molta frequenza, perché sono troppo occupato con le distribuzioni del cibo e con tutto il resto. Inoltre, adesso ci sono i sorveglianti… è difficile dare una valutazione.

– Intendi continuare a predicare?

– Oh, sì – dichiarò Suegar, poi fece una pausa e aggiunse: – Ho visto posti peggiori di questo, sai. Una volta, quando ero poco più che un ragazzo, sono stato in un campo minerario. Avevano scoperto un giacimento di gemme di fuoco, e tanto per cambiare esso non era stato assegnato ad una grossa compagnia o al governo ma era stato diviso in centinaia di piccoli lotti di circa due metri quadrati. C'era gente che scavava con le mani e con le cazzuole… le gemme di fuoco sono delicate e un colpo troppo forte le può mandare in frantumi… lavorando giorno dopo giorno sotto un sole rovente. Molti di quei tizi avevano meno indumenti di quanti ne abbiamo noi adesso, e parecchi mangiavano peggio e con minore regolarità, lavorando fino a spezzarsi la schiena. Inoltre c'erano più incidenti e più malattie che qui. E c'erano anche risse, in abbondanza.