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Vedendo Tris che gli passava accanto di corsa, con un'espressione stordita nello sguardo, Miles l'afferrò per un braccio con la mano sana e piantò i talloni nel terreno per frenarla fino a poterle urlare le proprie parole nell'orecchio.

– Ci siamo! Organizza i quattordici capisquadra e provvedi perché mettano in fila e in attesa tutt'intorno al perimetro i primi dannati gruppi di 200 uomini, poi trova Oliver, perché dobbiamo far sì che i sorveglianti costringano tutti gli altri ad aspettare con ordine il loro turno. Se le cose si svolgeranno esattamente come nelle esercitazioni presto ce ne andremo tutti. – O almeno lo spero, pensò fra sé. – Se però i prigionieri prenderanno d'assalto le navette come erano soliti fare con il mucchio delle barre nutritive saremo tutti perduti. Hai capito?

– Non ho mai creduto… non pensavo… navette?

– Non devi pensare, è un'esercitazione che abbiamo ripetuto cinquanta volte, quindi ti basterà seguire l'esercitazione per la distribuzione del cibo. L'esercitazione!

– Piccolo subdolo figlio di buona donna! – esclamò Tris allontanandosi con un cenno di assenso che era quasi un saluto militare.

Una serie di scoppi eruppe nel cielo al di sopra del campo come un succedersi ininterrotto di lampi, proiettando sulla scena sottostante un'illuminazione spettrale: adesso il campo di prigionia ribolliva come un formicaio che fosse stato preso a calci, una vera babele di uomini e di donne che correvano di qua e di là in una confusione urlante che non corrispondeva precisamente all'immagine ordinata che Miles aveva in mente… perché, per esempio, i suoi uomini avevano scelto di attaccare di notte e non di giorno? In ogni caso avrebbe interrogato a fondo i suoi ufficiali al riguardo dopo che avesse finito di baciare loro i piedi…

– Beatrice! – esclamò, agitando un braccio. – Comincia a passare parola! Stiamo eseguendo l'esercitazione per la distribuzione del cibo, solo che invece di una barra nutritiva ciascuna persona otterrà un posto su una navetta. Bada che lo capiscano bene e che nessuno si allontani nel buio, perché altrimenti perderà il passaggio, poi torna qui e resta con Suegar, perché non voglio che venga lasciato indietro o calpestato. Sorveglialo, hai capito?

– Non sono un dannato cane. Quali navette?

In quel momento il suono che gli orecchi di Miles stavano aspettando da tempo di sentire, un multiforme sibilo che si faceva sempre più intenso, trapassò il frastuono circostante, e dalle nubi rossastre e ribollenti scaturirono delle sagome incombenti simili a mostruosi scarafaggi alati e forniti di corazza, con le zampe che si protendevano verso il terreno: navette da prelevamento corazzate e attrezzate per combattere… due, tre, sei, sette, otto… le labbra di Miles si mossero silenziosamente nel contarle fino ad arrivare a quattordici. Per Dio, erano riusciti ad approntare il B-7 in tempo utile.

– Le mie navette – rispose, indicando.

Beatrice rimase ferma a guardare verso l'alto con la bocca aperta.

– Mio Dio, sono splendide – mormorò, e Miles ebbe l'impressione di vedere la sua mente che cominciava a funzionare a velocità frenetica. – Però non sono nostre e neppure cetagandane. Chi diavolo…?

– Questo è un salvataggio politico a pagamento – spiegò Miles, inchinandosi.

– Mercenari?

– Non siamo una cosa strisciante e dotata di troppe zampe che tu abbia trovato nel tuo sacco a pelo. Il giusto tono di voce è un grido di gioia, così… Mercenari!

– Ma… ma… ma…

– Ora va', dannazione. Potrai discutere più tardi.

Beatrice sollevò le mani in un gesto di frustrazione e spiccò la corsa mentre Miles continuava a bloccare ogni persona che gli passava vicino, trasmettendo gli ordini del giorno. In questo modo riuscì a catturare anche uno degli alti commandos di Oliver e si fece issare sulle sue spalle: una rapida occhiata circolare gli rivelò quattordici capannelli di persone che si stavano coagulando in mezzo alla folla disordinata più o meno nelle posizioni giuste stabilite lungo il perimetro. Sopra di essi le navette si librarono nell'aria ancora per un momento prima di posarsi ad una ad una al suolo intorno al campo.

– Così dovrà bastare – borbottò Miles fra sé. – Giù – ordinò poi, battendo un colpetto sulla spalla del commando.

Si costrinse quindi a camminare con calma in direzione di una delle navette per dare il buon esempio… una folle corsa di massa verso di esse era infatti lo scenario per evitare il quale lui aveva sparso sangue, ossa e orgoglio durante le ultime… tre, quattro?… settimane.

Quattro soldati armati e in attrezzatura completa da combattimento furono i primi a scendere la rampa della navetta per assumere la posizione di guardia, e Miles notò con approvazione che gli uomini avevano le armi puntate nella direzione giusta, verso i prigionieri che stavano cercando di salvare. Un'altra pattuglia più numerosa e armata fino ai denti seguì a ruota le prime guardie e si allontanò di corsa, zigzagando per evitare il fuoco di copertura dei compagni e puntando verso le installazioni cetagandane che cingevano il cerchio della cupola. Era difficile stabilire quale fosse la direzione più pericolosa… a giudicare dal protrarsi della pioggia di colpi le navette da combattimento stavano fornendo un abbondante fuoco di copertura con cui distrarre i Cetagandani.

Finalmente dalla navetta sbucò anche l'uomo che più Miles desiderava vedere, l'ufficiale addetto alle comunicazioni.

– Tenente… – chiamò, poi riuscì a collegare il nome alla faccia e aggiunse: – Tenente Murka! Da questa parte!

Murka lo individuò subito e prese ad armeggiare con aria eccitata con il suo equipaggiamento.

– Commodoro Tung! – gridò nel proprio ricevitore. – Lui è qui! L'ho trovato!

Miles strappò spietatamente la cuffia per le comunicazioni dalla testa del tenente, che si piegò docilmente per permettere quel furto, e la piantò sulla propria con la mano sinistra, in tempo per sentire la flebile risposta di Tung.

– Bene, Murka, per l'amore di Dio non lo perda di nuovo. Si sieda su di lui, se sarà necessario.

– Voglio il mio staff – disse Miles nel ricevitore. – Ha già recuperato Elli ed Elena? Quanto tempo abbiamo per quest'operazione?

– Sì, signore, no, e circa due ore, se siamo fortunati – rispose secca la voce di Tung. – È bello riaverla a bordo, Ammiraglio Naismith.

– Mi sta dicendo… recuperi Elli ed Elena, con priorità uno!

– Ci stiamo lavorando. Chiudo.

Girandosi Miles scoprì che il caposquadra per la distribuzione delle barre nutritive addetto a quella sezione era riuscito a radunare il primo gruppo di 200 prigionieri e stava costringendo i 200 successivi a restare indietro in attesa del loro turno… eccellente. I prigionieri da imbarcare venivano incanalati uno alla volta lungo la rampa attraverso una strana strettoia: un mercenario tagliava il dietro di ciascuna tunica grigia con un rapido colpo di vibrolama, un secondo mercenario applicava alla schiena del prigioniero un paralizzatore medico ed un terzo passava su di essa un trattore medico manuale, strappando via rozzamente i numeri di serie cetagandani impressi sotto la pelle senza poi prendersi il disturbo di applicare una fasciatura.

– Andate a prua e sedetevi in fila per cinque, andate a prua e sedetevi in fila per cinque, andate a prua… – ripeteva quest'ultimo mercenario, con la voce uniforme che echeggiava a tempo con il movimento ipnotico del trattore medico.