– Essendo un Betano – spiegò Thorne, schiarendosi la gola, – ho studiato la storia dell'iniziale esplosione della genetica con un interesse alquanto personale. Vedi, io sono un ermafrodita betano – aggiunse, schiarendosi nuovamente la gola e attendendo con ansia una reazione.
Dannazione, Bel non aspettava mai le reazioni altrui, si limitava a continuare per la sua strada e a lasciare che accadesse quel che doveva accadere.
Non interferirei in questo per tutto l'oro del mondo, si disse Miles, ritraendosi leggermente e sfregandosi le labbra per nascondere un sorriso che minacciava di affiorarvi alla vista di tutti gli atteggiamenti più mascolini di Thorne che tornavano ad asserirsi interiormente ed esteriormente.
La donna piegò il capo con fare interessato e sollevò una delle mani superiori per poggiarla contro la barriera scintillante, non lontano da quella di Bel.
– Davvero? Allora sei un genetico anche tu.
– Oh, sì. Dimmi, come ti chiami?
– Nicol.
– Nicol… tutto qui? Voglio dire… è un nome adorabile.
– La mia gente non usa cognomi.
– Ah. Senti… cosa fai dopo il ricevimento?
A quel punto purtroppo sopraggiunse un'interferenza.
– Su la testa, Capitano - mormorò Miles.
Immediatamente Thorne ritrovò il controllo e si fece freddo e corretto nel seguire lo sguardo di Miles, mentre la quaddie fluttuava all'indietro della barriera e congiungeva le due coppie di mani, chinando il capo per salutare l'uomo che si stava avvicinando. Perfino Miles accennò a mettersi cortesemente sull'attenti.
Georish Stauber, Barone Fell, era un uomo sorprendentemente vecchio per aver raggiunto così di recente quella posizione, e in carne ed ossa appariva ancora più anziano di quanto fosse parso nelle olografie che Miles aveva avuto modo di vedere durante la riunione informativa che aveva preceduto la missione. Il barone era quasi calvo, con una frangia di capelli bianchi che gli cingeva la testa lucida, ed aveva un aspetto grasso e gioviale che lo faceva sembrare il nonno di qualcuno… ma non quello di Miles, che era stato un uomo dal fisico sottile e rapace anche nella vecchiaia e il cui titolo di conte era stato estremamente reale e non la semplice etichetta di cortesia appiccicata ad un sopravvissuto dei Sindacati. Nel guardare il Barone Fell, Miies ricordò a se stesso che nonostante le guance rubizze e l'aspetto cordiale quell'uomo aveva scalato una montagna di cadaveri per arrivare a conquistare la posizione elevata che ora deteneva.
– Ammiraglio Naismith, Capitano Thorne, benvenuti alla Stazione Fell – tuonò il barone, sorridendo.
Miles gli rivolse un aristocratico inchino, imitato più goffamente da Thorne; nel notare il comportamento dell'amico, Miles si disse che la prossima volta avrebbe dovuto imitare la sua goffaggine, perché era sulla base di quei piccoli dettagli che si creavano… e si distruggevano… le identità fasulle.
– La mia gente si è presa cura delle vostre necessità?
– Sì, grazie – rispose Miles: fino a quel momento il barone si stava comportando come un vero e proprio uomo d'affari.
– Sono lieto di poterla finalmente incontrare – proseguì Fell. – Qui abbiamo sentito parlare parecchio di lei.
– Ma davvero? – replicò Miles, con fare incoraggiante, notando che lo sguardo del barone appariva stranamente avido e pensando che questi era un po' troppo gentile nei confronti di un mercenario da quattro soldi: quello era un atteggiamento eccessivo anche rispetto a ciò che ci si poteva ragionevolmente aspettare nei confronti di un cliente di riguardo. Si costrinse però ad allontanare ogni accenno di cautela dal proprio sorriso e s'ingiunse di avere pazienza: doveva lasciare che la sfida affiorasse, invece di precipitarsi incontro a ciò che ancora non poteva vedere.
– Spero che abbia sentito cose buone sul mio conto.
– Notevoli, direi. La sua ascesa è stata rapida nella stessa misura in cui le sue origini sono misteriose.
Dannazione, che genere di esca era quella? Il barone stava forse sottintendendo che conosceva l'identità effettiva dell'«Ammiraglio Naismith»? In quel caso ci sarebbero potuti essere guai seri e improvvisi, ma… no, la paura si stava mostrando superiore alla sua causa. Doveva aspettare, e dimenticare che una persona come il Tenente Lord Vorkosigan della Sicurezza Imperiale Barrayarana fosse mai esistita… del resto il suo corpo minuto non era abbastanza grande per entrambe le identità. D'altro canto, perché quel grasso squalo stava sorridendo con un modo di fare così ingraziante?
Incerto, Miles si limitò a piegare il capo da un lato con espressione neutra.
– La storia del successo riportato a Vervain dalla vostra flotta è arrivata perfino qui. Un vero peccato, la perdita del vostro precedente comandante.
– La morte dell'Ammiraglio Oser mi ha addolorato – replicò Miles, irrigidendosi.
– Sono cose che succedono, in affari – commentò il barone, scrollando le spalle. – Soltanto uno può comandare.
– Oser sarebbe potuto essere un eccellente subordinato.
– L'orgoglio è una cosa pericolosa – sorrise il barone.
Quindi crede che io abbia «organizzato» la morte di Oser, pensò Miles, tenendo a freno la lingua. Lasciamoglielo credere. Il fatto che in quella sala ci fossero in effetti meno mercenari di quanti sembrava e che adesso tramite Miles i Dendarii fossero diventati una branca del Servizio Imperiale Barrayarano tanto segreta che neppure la maggior parte dei Dendarii stessi ne era a conoscenza era un'informazione di tale importanza che un barone del Sindacato avrebbe dovuto essere stupido per non trovare un modo di trarne profitto. Di conseguenza si limitò a ricambiare in silenzio il sorriso del suo interlocutore.
– Lei mi interessa enormemente – proseguì intanto il barone. – Per esempio, c'è l'enigma dell'età che sembra dimostrare, e della sua precedente carriera militare.
Se non avesse già posato il bicchiere, a questo punto Miles lo avrebbe vuotato in un solo sorso… invece si limitò a serrare convulsamente le mani dietro la schiena. Dannazione, le rughe incise dalla sofferenza non lo invecchiavano a sufficienza, e se il barone era davvero riuscito a vedere al di là dello pseudomercenario il ventitreenne tenente della Sicurezza… eppure, di solito gli riusciva di mantenere la finzione.
– Le voci che ho sentito in merito al trattamento di ringiovanimento betano a cui lei si sarebbe sottoposto sono altrettanto vere? – domandò ancora il barone, abbassando la voce.
Allora era di questo che si trattava… Miles provò un sollievo tanto intenso da essere quasi prossimo a svenire.
– E che interesse potrebbe avere lei per un trattamento del genere, signore? – chiese, balbettando appena. – Credevo che il Gruppo Jackson fosse la dimora dell'effettiva immortalità. Si dice che qui alcuni siano addirittura al loro terzo corpo clonato.
– Ma io non sono uno di essi – confessò il barone, con un certo rincrescimento.
Miles inarcò le sopracciglia in un'espressione di genuina sorpresa, pensando che di certo era impossibile che quell'uomo rifiutasse il procedimento considerandolo un omicidio.
– Qualche sfortunato impedimento medico? – chiese, infondendo voluta compassione nel proprio tono di voce. – Mi rincresce, signore.
– In un certo senso si tratta di questo – replicò il barone, con un sorriso dalla sfumatura tagliente. – L'operazione per il trapianto del cervello già di per sé uccide una certa percentuale di pazienti…
Già, pensò Miles, a cominciare dal 100% dei cloni, il cui cervello viene eliminato per fare posto…