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– No? – fece Ryoval, piegando la testa da un lato – Oh, bene, come vuole. Ma parlando sul serio, sarei davvero disposto a pagare bene per avere nei miei archivi un campione dei suoi tessuti.

Il respiro di Bel eruppe con violenza dai suoi polmoni.

– Per creare dei cloni che diventerebbero… diventerebbero una sorta di schiavi sessuali entro il prossimo secolo! Avrai quei campioni dopo essere passato sul mio cadavere… o a prezzo del tuo… razza di…

Bel era tanto furente che stava balbettando, un fenomeno che Miles non aveva mai riscontrato nei sette anni in cui aveva avuto modo di conoscerlo, neppure durante i combattimenti.

– Così betano – ridacchiò Ryoval.

– Smettila, Ry – ringhiò Fell.

– Oh, d'accordo – sospirò Ryoval, – ma non è facile.

– Non possiamo vincere, Bel – sibilò Miles, – quindi è tempo di ritirarci.

Accanto a Ryoval, la guardia del corpo stava vibrando per la tensione, ma Fell indirizzò a Miles un cenno di approvazione.

– La ringrazio per la sua ospitalità, Barone Fell – disse questi, in tono formale. – Buon giorno, Barone Ryoval.

– Buon giorno, ammiraglio – rispose Ryoval, rinunciando con rincrescimento a quello che era evidentemente stato il maggiore divertimento della giornata. – Per essere un Betano lei sembra una persona cosmopolita, e forse le piacerebbe farci visita qualche volta, senza la compagnia del suo amico moralista.

Una guerra di parole doveva essere vinta con le parole.

– Non credo – mormorò Miles, spremendosi il cervello alla ricerca di un feroce insulto con cui accomiatarsi.

– È un vero peccato – commentò Ryoval. – Abbiamo un numero eseguito da un cane e da un nano che sono certo lei troverebbe affascinante.

Seguì un momento di assoluto silenzio.

– Inceneriscili dall'orbita – suggerì poi Bel, con voce tesa.

Miles però si limitò a sorridere a denti stretti e a congedarsi con un inchino, tenendo saldamente stretta in una mano la manica di Bel. Mentre si allontanavano giunse fino a loro la risata di Ryoval.

Un istante più tardi il maggiordomo di Fell apparve accanto a loro.

– L'uscita è da questa parte, ufficiali. Vi prego di seguirmi – avvertì con un sorriso, e Miles pensò di non essere mai stato buttato fuori da un posto con altrettanta squisita gentilezza.

Una volta rientrati a bordo dell'Ariel, che aveva attraccato ai moli, i due si ritirarono in sala ufficiali, dove Thorne prese a passeggiare nervosamente avanti e indietro mentre Miles sorseggiava una tazza di caffè nero e rovente quanto i suoi pensieri.

– Mi dispiace di aver perso il controllo con quel giovinastro di Ryoval – si scusò infine Bel, in tono brusco.

– Giovinastro un accidente – replicò Miles, inspirando l'aria fra i denti per dare sollievo alla lingua scottata. – Il cervello racchiuso in quel corpo deve avere almeno cento anni, lo dimostra il modo in cui ti ha massacrato verbalmente. No, non potevamo aspettarci di mettere a segno qualche colpo con lui, e ammetto che sarebbe stato bello se tu avessi avuto il buon senso di smetterla di parlare.

Con aria turbata Bel accennò un gesto di scusa, come per ammettere che lui aveva ragione, e continuò a camminare.

– E quella povera ragazza intrappolata nella sua bolla… ho avuto una sola possibilità di parlarle e l'ho rovinata… l'ho distrutta…

– Succede ai migliori fra noi – commentò Miles, pensando che decisamente quella ragazza aveva l'effetto di far emergere la componente maschile di Thorne, e abbassò lo sguardo sulla tazza di caffè con un sorriso che però si mutò subito in un'espressione accigliata… no, meglio non incoraggiare l'interesse di Thorne nei confronti della quaddie. Era chiaro che lei non era soltanto uno dei servitori di Fell, e indipendentemente dal fatto che loro avevano a disposizione una sola nave con un equipaggio di venti persone, Miles avrebbe esitato ad offendere il Barone Fell sul suo territorio anche se avesse potuto usufruire dell'intera flotta dendarii, perché avevano una missione da assolvere. Questo pensiero lo indusse a chiedersi dove fosse andato a finire il dannato passeggero che dovevano prelevare. Perché non li aveva già contattati come prestabilito?

In quel momento l'intercom inserito nella parete trillò e Bel lo raggiunse in un paio di lunghi passi.

– Parla Thorne – disse.

– Qui il Caporale Nout, di stanza al portello di accesso ai moli. C'è… una donna che chiede di vederla.

Thorne e Miles si scambiarono un'occhiata perplessa e sorpresa.

– Come si chiama? – chiese quindi Thorne.

– Dice che il suo nome è Nicol – replicò il caporale, dopo aver scambiato qualche parola con la visitatrice.

– Molto bene – rispose Thorne, con un grugnito di sorpresa, – la faccia scortare nella sala ufficiali.

– Sì, capitano – replicò il caporale, e nel girarsi tardò a disattivare l'intercom quanto bastava perché il suo successivo commento arrivasse fino a Thorne: – … se si resta abbastanza a lungo con questa gente si finisce per vedere di tutto…

Nicol apparve sulla soglia bilanciata su una fluttuante poltrona antigravitazionale, una tazza tubolare dipinta di un azzurro identico a quello dei suoi occhi che si librava nell'aria dando l'impressione di cercare il suo piattino. Nicol la fece passare attraverso la porta con la stessa facilità con cui una donna umana avrebbe fatto ondeggiare i fianchi e la mandò ad arrestarsi davanti al tavolo di Miles, regolandone l'altezza da terra in modo da accostarsi ad esso come una persona normalmente seduta. I comandi erano controllati dalle sue mani inferiori, cosa che le lasciava del tutto liberi gli arti superiori, e il supporto su cui poggiava la parte inferiore del suo corpo doveva essere stato costruito su misura per lei. Miles seguì l'intera manovra con estremo interesse, perché fino a quel momento aveva dubitato che la ragazza potesse vivere all'esterno della bolla priva di gravità e si era aspettato che fuori di essa apparisse molto debole. Nicol però non sembrava debole e fissò Thorne con un'espressione determinata nello sguardo.

– Nicol – la salutò questi, il cui umore appariva notevolmente migliorato, – mi fa davvero piacere vederla di nuovo.

– Capitano Thorne, Ammiraglio Naismith – replicò lei, con un breve cenno del capo, poi lasciò scorrere lo sguardo dall'uno all'altro dei suoi interlocutori, fissandolo infine su Thorne.

Seguendo la scena, Miles ebbe l'impressione di intuire il perché di quella manovra, ma si limitò a sorseggiare il suo caffè attendendo gli sviluppi della situazione.

– Capitano Thorne, lei è un mercenario, vero? – domandò la ragazza.

– Sì…

– E… mi scusi se ho frainteso, ma mi è parso che lei dimostrasse una certa… empatia nei confronti della mia situazione, che comprendesse la difficoltà della mia posizione.

– Ho capito che si trova sospesa sull'orlo di un baratro – ammise Thorne, rivolgendole un piccolo, stupido inchino.

Nicol serrò le labbra e annuì in silenzio.

– È lei che si è messa in questa situazione – interloquì Miles.

– Ed intendo uscirne – ribatté Nicol, sollevando di scatto il mento.

Miles replicò con un silenzioso cenno della mano e tornò a concentrarsi sul caffè mentre Nicol regolava di nuovo la posizione della sua sedia, un gesto nervoso che si concluse più o meno alla stessa altezza da terra a cui aveva avuto inizio.

– Il Barone Fell mi sembra un formidabile protettore – osservò ancora Miles, – e finché sarà lui a comandare dubito che lei abbia qualcosa da temere dall'interesse… carnale che Ryoval ha dimostrato nei suoi confronti.

– Il Barone Fell sta morendo – spiegò Nicol, scuotendo il capo, – o almeno lui ritiene che sia così.