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Dovevano cercare le condutture, che erano risultate essere l'unica chiave di accesso al complesso di Ryoval… condutture per il riscaldamento, per l'accesso ai cavi ottici di potenza, per il sistema di comunicazione; si trattava di passaggi stretti e del tutto impraticabili per un individuo massiccio ma non per Miles, che si liberò del poncho e lo consegnò ad un soldato perché lo piegasse e lo riponesse nel proprio zaino.

Una volta libero dell'ingombrante indumento, Miles si mise in equilibrio sulle spalle di Murka e si aprì un varco di accesso alla prima conduttura; rimossa la griglia di ventilazione inserita in alto nella parete al di sopra delle porte dell'area di carico, la porse in silenzio ai compagni ed effettuò un rapido esame sensorio per essere certo di non avere compagnia, infilandosi quindi nel condotto. Esso risultò stretto perfino per lui ma riuscì a percorrerlo e di lì a poco si calò con precauzione sul pavimento di cemento dalla parte opposta; trovati i comandi della porta mise in corto l'allarme e sollevò di un metro il battente, riabbassandolo poi più silenziosamente che poteva non appena i suoi compagni furono passati. Fino a quel momento tutto bene.

Osservando sempre il silenzio più assoluto i quattro raggiunsero il riparo offerto dal lato opposto dell'atrio di accesso appena prima che un uomo in tuta rossa lo attraversasse spingendo davanti a sé un carrello elettrico carico di robot per le pulizie. Murka toccò la manica di Miles e gli scoccò un'occhiata interrogativa, ma Miles scosse il capo, indicandogli che non era ancora arrivato il momento giusto. Sembrava infatti assai improbabile che quell'addetto alla manutenzione potesse saperne di più di un tecnico che lavorava nei laboratori interni in merito a dove veniva tenuta la loro preda, e non avevano il tempo di cospargere quel posto di corpi privi di sensi seguendo false piste.

Ben presto trovarono il passaggio che, proprio come aveva promesso il cubo, portava all'edificio principale, e la porta alla sua estremità risultò chiusa a chiave, cosa che del resto era stata prevista.

Salito di nuovo sulle spalle di Murka, Miles si servì rapidamente delle cesoie per staccare un pannello dal soffitto e s'insinuò nello spazio al di là di esso, strisciando su una fragile intelaiatura che non avrebbe di certo retto un uomo di peso superiore al suo fino a trovare i cavi che alimentavano la serratura della porta. Stava esaminando il problema che essi costituivano ed estraendo i necessari attrezzi dalle tasche della giacca quando la mano di Murka s'insinuò nel condotto e depositò accanto a lui lo zaino delle armi, rimettendo poi a posto il pannello senza far rumore. Immediatamente Miles si gettò prono e accostò un occhio alla fessura nel momento stesso in cui una voce echeggiava tonante nel corridoio.

– Fermi! – ingiunse qualcuno.

Tutta una serie di imprecazioni risuonò urlante nella mente di Miles, che serrò la mascella per impedire che esse gli salissero alle labbra mentre continuava ad osservare i suoi compagni attraverso la fessura. Un istante più tardi, i tre furono circondati da una mezza dozzina di guardie armate che indossavano camicia rossa e calzoni neri.

– Cosa ci fate qui? – ringhiò il sergente che comandava le guardie.

– Oh, dannazione! – esclamò Murka. – Per favore, signore, non dica al mio ufficiale comandante che ci ha sorpresi qui, perché mi degraderebbe di nuovo a soldato semplice!

– Cosa? – borbottò il sergente, pungolando Murka con la propria arma, un letale distruttore neuronico. – In alto le mani! Chi siete?

– Mi chiamo Murka. Tutti e tre siamo giunti alla Stazione Fell su una nave mercenaria, ma il capitano non ha voluto concedere licenze. Ci pensi… siamo arrivati fino al Gruppo Jackson e quel bastardo ci ha negato il permesso di scendere a terra! Quel maledetto puritano non voleva che venissimo da Ryoval.

Nel frattempo le guardie dalla divisa rossa stavano effettuando un rapido esame sensorio e un'altrettanto rapida perquisizione tutt'altro che gentile, che però portò alia scoperta soltanto dei paralizzatori e degli attrezzi per penetrare in aree di sicurezza che Murka aveva indosso.

– Avevo scommesso che saremmo riusciti ad entrare anche se non ci potevamo permettere di passare dalla porta principale – continuò intanto il guardiamarina, contraendo la bocca in una smorfia di grande scoraggiamento. – A quanto pare ho perso.

– Sembra proprio di sì – convenne il sergente, tirandosi indietro.

– Non sono certo attrezzati come una squadra di assassini – osservò uno dei suoi uomini, porgendogli il piccolo assortimento di oggetti che aveva sequestrato.

– Non siamo assassini! – esclamò Murka, ergendosi sulla persona con aria offesa.

– Siete assenti senza permesso, vero? – chiese il sergente, rigirando fra le mani un paralizzatore.

– Non se riusciremo a rientrare prima di mezzanotte – replicò Murka, assumendo un tono supplichevole. – Senta, il mio comandante è un vero bastardo… non crede che ci possa essere un modo per far sì che non venga mai a sapere di questo? – E nel parlare accostò volutamente una mano alla tasca in cui teneva il portafoglio.

– Può darsi – ridacchiò il sergente, squadrandolo da testa a piedi.

Murka, pensò Miles, ascoltando la conversazione con crescente sollievo, se questo funziona giuro che ti darò una promozione…

– Non c'è nessuna speranza di poter prima dare un'occhiata dentro? – domandò Murka, dopo una pausa. – Non mi riferisco alle ragazze, mi basterebbe vedere il posto, per poi poter dire di esserci stato.

– Questo non è un bordello, soldatino! – scattò il sergente.

– Cosa? – gridò Murka, mostrandosi stupito.

– Questo è il laboratorio biologico.

– Oh… – mormorò Murka.

– Razza di idiota, - intervenne uno dei soldati dendarii, afferrando al volo l'imbeccata di Murka, e Miles riversò una silenziosa pioggia di benedizioni sulla sua testa, apprezzando anche il fatto che fino a quel momento nessuno dei tre avesse neppure accennato a guardare verso l'alto.

– Ma quell'uomo in città mi ha detto… – cominciò Murka.

– Quale uomo? – lo interruppe il sergente.

– Quello che ha incassato i miei soldi – spiegò il guardiamarina, strappando una risatina ad un paio delle guardie in tunica rossa.

– Muoviti, soldatino – ingiunse il sergente, pungolando Murka con l'estremità del suo distruttore, – da questa parte. Oggi è il tuo giorno fortunato.

– Vuole dire che potremo dare un'occhiata dentro?

– No – ribatté il sergente, – voglio dire che non vi spezzeremo entrambe le gambe prima di buttarvi fuori. – Fece quindi una pausa e aggiunse, in tono più gentile: – Giù in città troverete un bordello.

Allungando una mano sfilò il portafoglio di Murka dalla tasca, controllò il nome sulla carta di credito e prelevò tutte le banconote contenute in esso, mentre le guardie facevano lo stesso con gli indignati soldati, dividendo fra loro quanto trovavano.

– Nel bordello accettano anche le carte di credito e avete ancora tempo fino a mezzanotte, quindi muovetevi – ingiunse infine il sergente.

La squadra di Miles fu così sospinta, vergognosa ma intatta, lungo il passaggio, e lui attese che tutti si fossero allontanati abbastanza da non poterlo sentire prima di attivare il comunicatore da polso.

– Bel? – chiamò.

– Sì? – giunse l'immediata risposta.

– Abbiamo avuto dei guai. Murka e i soldati sono appena stati prelevati dagli uomini della sicurezza di Ryoval. Credo che quel geniale ragazzo sia riuscito a trarli in inganno e a convincerli a buttarli soltanto fuori dalla porta posteriore, invece di farli a pezzi per ricavarne parti di ricambio. Io li seguirò appena possibile, in modo da riunirci per effettuare un altro tentativo.