– Non volevo abbandonarla – insistette Canaba, – ma non potevo neppure portarla con me.
– Spero proprio di no, visto che è del tutto inadatto a prendersene cura. Ho intenzione di indurla ad unirsi ai Mercenari Dendarii, una cosa che sembrerebbe realizzare il suo destino genetico… a meno che lei non conosca una ragione per cui questo non sia fattibile.
– Taura sta per morire!
Miles rimase per un momento paralizzato da quell'affermazione.
– Lei ed io invece no? – ribatté poi in tono sommesso, e a voce più alta aggiunse: – Perché? E fra quanto?
– Si tratta del suo metabolismo… un altro errore o concatenazione di errori. Non so fra quanto accadrà. Potrebbe vivere ancora un anno oppure due o anche cinque. O perfino dieci.
– O quindici?
– O quindici, sì, anche se è improbabile. Comunque morirà presto.
– E tuttavia lei voleva privarla del poco che le resta da vivere. Perché?
– Per risparmiarle quella fine. La debilitazione finale è rapida ma molto dolorosa, a giudicare da quello che hanno passato gli altri… prototipi. Le femmine erano però più complesse dei maschi e non so con certezza… comunque è una morte orribile, specialmente come schiava di Ryoval.
– Non ricordo di aver ancora incontrato un modo piacevole di morire, e ne ho visti parecchi. Quanto al tempo che ci resta da vivere, potremmo morire tutti entro quindici minuti, e dove andrebbe a finire allora la sua tenera misericordia? – Doveva arrivare alla Navigazione e Comunicazioni. – Dichiaro decaduto da parte sua ogni interesse nei confronti di Taura, dottore. Finché dura, lasciamole godere tutta la vita che potrà.
– Ma lei era un mio progetto… ne devo rispondere io…
– No. Adesso è una donna libera e spetta soltanto a lei rispondere di se stessa.
– E quanto potrà mai essere libera, con quel corpo spinto da un simile metabolismo e con quella faccia? Condurrà la vita di un mostro deriso ed evitato, e sarebbe meglio ucciderla in maniera indolore che vederla soffrire…
– No, non lo è – scandì Miles a denti stretti, con enfasi. Canaba lo fissò, uscendo infine dal circolo chiuso del suo angosciato ragionamento.
Così va bene, dottore, pensò Miles. Scuoti le ragnatele dalla testa e guardami… finalmente.
– Perché dovrebbe… importarle? – chiese il genetista.
– Mi piace, più di quanto mi piaccia lei, potrei aggiungere – ribatté Miles, poi s'interruppe al pensiero che avrebbe dovuto informare Taura dei campioni genetici inseriti nel suo polpaccio sinistro e spiegarle che presto o tardi avrebbero dovuto essere recuperati. Forse però avrebbe potuto fingere che la biopsia fosse una sorta di procedura medica standard per l'accettazione fra i mercenari… no, Taura meritava un'onestà maggiore di questa.
Era profondamente irritato con Canaba per aver inserito questa nota di falsità nei suoi rapporti con Taura, e tuttavia… senza i complessi genetici da recuperare, si sarebbe effettivamente preso la briga di cercare di salvarla, come le sue affermazioni avevano sottinteso? Avrebbe davvero prolungato la missione assegnatagli e messo a repentaglio la sua riuscita per pura bontà d'animo? Fin dove arrivava la devozione al dovere e a che punto veniva sostituita da una pragmatica assenza di pietà? Adesso non lo avrebbe mai saputo. Quei pensieri fecero sbollire la sua ira, che fu rimpiazzata da un senso di sfinimento, il consueto e familiare crollo che seguiva ogni missione… troppo presto, perché la missione era tutt'altro che finita, ricordò severamente a se stesso, traendo un profondo respiro.
– Non la può salvare dall'essere viva, Dottor Canaba, perché è troppo tardi per questo, quindi la lasci andare. La lasci andare.
Sebbene avesse le labbra serrate in un'espressione contrariata, Canaba chinò il capo e allargò le braccia in un gesto di resa.
– Chiamate l'ammiraglio – stava dicendo Thorne quando finalmente Miles raggiunse la Navigazione e Comunicazioni. Al sibilo delle porte che si aprivano tutte le teste si girarono verso di lui e il Betano aggiunse: – Annullate quell'ultimo ordine. Un ottimo tempismo, signore.
– Cosa succede? – domandò Miles, occupando la sedia antistante la postazione di comunicazione indicatagli da Thorne. Poco lontano il Guardiamarina Murka stava tenendo sotto controllo il sistema degli schermi e quello degli armamenti, mentre il loro pilota di Balzo sedeva pronto sotto la strana corona costituita dalla sua cuffia dotata di cannule chimiche e di cavi. L'espressione del Pilota Padget denotava una concentrazione interiorizzata, controllata e meditativa, segno che la sua sfera cosciente era del tutto rivolta all'Ariel e perfino fusa con essa. Padget era un uomo in gamba.
– Il Barone Ryoval attende di poter parlare personalmente con te – spiegò Thorne.
– Mi chiedo se ha già controllato le sue celle frigorifere – commentò Miles, sistemandosi meglio davanti allo schermo visore. – Da quanto tempo lo stiamo facendo aspettare?
– Da meno di un minuto – rispose l'addetto alle comunicazioni.
– Hmm. Allora lasciamolo cuocere ancora un poco. Quali forze sono state lanciate al nostro inseguimento?
– Per ora ancora nessuna – riferì Murka.
Miles inarcò le sopracciglia nel sentire quelle notizie inattese, poi si concesse un momento per ricomporsi, desiderando di aver avuto il tempo di ripulirsi, di radersi e di indossare un'uniforme pulita prima di questo colloquio, cosa che gli avrebbe fornito un leggero vantaggio psicologico. Così come stavano le cose si dovette accontentare di grattarsi il mento irritato dalla barba e di passarsi le mani fra i capelli, contorcendo all'interno dei calzini umidi i piedi che arrivavano a stento al rivestimento del ponte. Abbassata leggermente la sedia della stazione di comunicazione raddrizzò la schiena più che poteva e controllò la respirazione.
– D'accordo – ordinò infine, – passatemi la comunicazione.
Lo sfondo un po' sfocato che circondava il volto apparso sullo schermo aveva un'aria vagamente familiare… certo, la Sala Operativa della sicurezza del Complesso Biologico Ryoval. A quanto pareva il Barone Ryoval era arrivato sul posto di persona, come promesso, e una sola occhiata al suo giovane volto incupito e contorto fu sufficiente a fornire tutte le altre informazioni mancanti. Miles incrociò le braccia ed esibì un sorriso innocente.
– Buon giorno, barone. Cosa posso fare per lei? – chiese.
– Morire, razza di piccolo mutante! – esplose Ryoval. – Non troverai un bunker abbastanza profondo da poterti nascondere, perché metterò una taglia sulla tua testa e ogni cacciatore di taglie della galassia ti si appiccicherà addosso come una seconda pelle… non potrai mangiare né dormire in pace… ti farò…
Sì, il barone aveva senza dubbio visto le sue celle frigorifere, e da poco. L'atteggiamento di soave disprezzo da lui esibito durante il loro primo incontro era del tutto svanito, e tuttavia Miles rimase sconcertato dal contenuto delle sue minacce, perché da esse sembrava che il barone fosse impossibilitato a impedire loro di fuggire dallo spazio jacksoniano. Certo, la Casa Ryoval non possedeva una flotta spaziale, ma perché il barone non noleggiava una corazzata dalla Casa Fell e non li attaccava adesso? Quella era la mossa che Miles si era maggiormente aspettato e che più aveva temuto, e cioè che Ryoval, Fell e forse anche Bharaputra unissero le loro forze contro di lui per impedirgli di portare via le sue prede.
– Si può ancora permettere di assoldare dei cacciatori di taglie, adesso? – chiese in tono pacato. – Credevo che le sue disponibilità si fossero alquanto ridotte, anche se immagino che goda ancora dei servizi dei suoi specialisti in chirurgia.