Thorne gli venne in aiuto notando la sua difficoltà a vestirsi con una mano sola.
– Dove diavolo è la mia cuffia di comando? – gli domandò Miles.
– Ci era stato detto che eri ferito e in uno stato di sfinimento, quindi eri stato catalogato fra coloro da evacuare subito.
– Dannatamente presuntuoso da parte di qualcuno… – cominciò Miles, ma poi si costrinse a tenere a freno la propria ira, perché sapeva che in quel programma così serrato non c'era tempo per piccole commissioni come quella di procurargli una cuffia. Inoltre, sapeva che se ne avesse avuta una sarebbe stato tentato di impartire degli ordini mentre non era ancora abbastanza informato sulle complessità interne dell'operazione dal punto di vista della flotta dendarii per poterlo fare. Accettò quindi senza ulteriori commenti la sua condizione di osservatore anche perché lo lasciava libero di fungere da retroguardia.
Il soldato da lui mandato a cercarla tornò con Beatrice e con quattro prigionieri reclutati per trasportare Suegar, che venne adagiato insieme alla sua stuoia ai piedi di Miles.
– Chiama il mio medico – ordinò questi e il soldato si allontanò di corsa per andarlo a cercare.
Di lì a poco il dottore era inginocchiato accanto al semisvenuto Suegar e gli stava estirpando i numeri stampati sulla schiena; un momento più tardi il sibilo di un'ipospray di synergina ebbe l'effetto di allentare la tensione che attanagliava lo stomaco di Miles.
– Quanto è grave? – chiese.
– Non è in buone condizioni – ammise il dottore, controllando il visore diagnostico. – Ha il fegato leso e un accenno di emorragia nello stomaco… sarà meglio mandarlo sull'ammiraglia per essere operato. Tecnico medico…
Il dottore si girò verso un Dendarii che insieme alle guardie stava aspettando il ritorno della sua navetta e gli impartì una serie di istruzioni in seguito alle quali il tecnico si affrettò ad avvolgere Suegar in una sottile pellicola termica.
– Provvederò io perché ci arrivi – garantì Miles con un brivido, e invidiò un poco la pellicola termica nel sentire la nebbia acida che gli gocciolava fra i capelli e gli penetrava nelle ossa.
In quel momento l'attenzione di Tung fu bruscamente assorbita da un messaggio proveniente dalla cuffia di comunicazione e Miles, che aveva restituito a Murka quella che gli aveva sottratto perché lui potesse portare avanti i suoi compiti, non poté fare altro che fissarlo dondolandosi da un piede all'altro nell'agonia dell'attesa.
Elena, Elli, se ho causato la vostra morte…
– Bene – disse infine Tung, nel suo microfono. – Ben fatto. Presentatevi a rapporto nel punto di prelevamento A7. – Cambiò quindi canale con un movimento del mento e aggiunse: – Sim, Nout, tornate con le vostre pattuglie alla posizione perimetrale assegnata alle vostre navette. Le hanno trovate.
Miles si ritrovò piegato in avanti, con la mano sana puntellata contro le ginocchia gelide in attesa che la mente gli si schiarisse e che il cuore smettesse di sussultare con violenza.
– Elli ed Elena? Stanno bene?
– Non hanno chiesto un medico… sei certo di non averne bisogno tu? Sei verde.
– Sto bene – garantì Miles, raddrizzandosi ora che il cuore gli si era calmato, e incontrando così lo sguardo interrogativo di Beatrice. – Beatrice, per favore, vorresti andare a cercare Tris e Oliver per me? Ho bisogno di parlare con loro prima che la prossima navetta di prelevamento decolli.
La ragazza scosse il capo con aria impotente e si girò di scatto, senza salutare ma senza neppure discutere i suoi ordini, cosa che assurdamente rallegrò Miles.
Intanto il frastuono imperversante intorno al perimetro della cupola si era ridotto all'occasionale sibilo di qualche arma di piccolo calibro, misto ad urla umane e a comandi amplificati; in lontananza si vedevano fuochi che ardevano e tingevano di bagliori fra il rosso e l'arancione il velo di nebbia soffocante. Quella non era certo stata un'operazione di una precisione chirurgica, e i Cetagandani si sarebbero infuriati notevolmente quando avrebbero contato le perdite, quindi il momento di andarsene era arrivato da un pezzo; nel seguire quelle riflessioni, Miles cercò di tenere a mente la questione del veleno nei numeri di serie come antidoto contro l'immagine di impiegati e tecnici cetagandani schiacciati sotto le macerie degli edifici in fiamme, ma quei due incubi parvero amplificarsi a vicenda anziché annullarsi reciprocamente.
Finalmente arrivarono Tris e Oliver, che avevano entrambi un aspetto un po' sconcertato, e Beatrice si fermò insieme a loro, alla destra di Tris.
– Congratulazioni – esordì Miles, prima che uno qualsiasi dei tre avesse il tempo di aprire bocca, perché aveva molte cose da dire e pochissimo tempo per farlo. – Siete riusciti ad ottenere un esercito.
Nel parlare, abbracciò con un cenno della mano le file ordinate di prigionieri… ex-prigionieri… raccolte nei diversi gruppi d'imbarco nei punti prestabiliti: tutti aspettavano con calma, i più seduti per terra… era disciplina, oppure erano stati i Cetagandani a instillare in loro una simile pazienza? Comunque non importava.
– Temporaneamente – replicò Tris. – Credo che questo sia soltanto un momento di pausa. Se però le cose dovessero scaldarsi, se una o più navette dovessero andare perdute o se qualcuno cedesse al panico, diffondendolo…
– Puoi dire a chiunque si senta propenso a cedere al panico che potrà imbarcarsi con me, se questo lo farà sentire meglio. Ah… è però opportuno che lo avverta anche del fatto che io salirò con l'ultimo carico – puntualizzò Miles.
Tung, che stava dividendo la propria attenzione fra la sua cuffia di comando e quella conversazione, ebbe una smorfia di esasperazione nel sentire quella notizia.
– Questo li tranquillizzerà – sorrise Oliver.
– O almeno darà loro qualcosa a cui pensare – concesse Tris.
– Ora io intendo dare a voi due qualcosa a cui pensare… la nuova resistenza di Marilac, e cioè voi – dichiarò Miles. – In origine, chi mi ha assunto mi aveva dato l'incarico di liberare il Colonnello Tremont perché potesse raccogliere un esercito e portare avanti la lotta, ma quando l'ho trovato morente ho dovuto decidere se seguire alla lettera il mio contratto e prelevare un individuo catatonico o addirittura un cadavere, oppure attenermi al suo spirito e prelevare un esercito. Ho scelto la seconda alternativa ed ho selezionato voi due: voi dovrete portare avanti il lavoro del Colonnello Tremont.
– Io ero soltanto un tenente – cominciò Tris, in tono inorridito, all'unisono con Oliver. – Sono una combattente, non un ufficiale di stato maggiore. Il Colonnello Tremont era un genio.
– E adesso voi siete i suoi eredi… perché lo dico io. Guardatevi intorno: forse che io commetto errori nello scegliere i miei subordinati?
– Sembra di no – borbottò Tris, dopo un momento di silenzio.
– Costruitevi uno stato maggiore, trovate i vostri geni della tattica, i vostri maghi della tecnica e metteteli a lavorare per voi. Però la spinta, le decisioni e la direzione da seguire dovranno giungere da voi, forgiate in questa fossa, perché sarete voi due a ricordare sempre questo posto e a ricordare cosa state facendo e perché… sempre.
– E quando schiereremo in campo questo nostro esercito, Fratello Miles? – commentò Oliver, in tono sommesso. – Il mio tempo si è esaurito durante l'assedio del Nucleo Fallow. Se fossi stato da qualsiasi altra parte sarei potuto andare a casa.
– Fino a quando l'esercito di occupazione cetagandano non avesse invaso la tua città.
– In ogni caso, le probabilità non sono molto buone.
– Le probabilità erano ancora più sfavorevoli per Barrayar, ai suoi tempi, e tuttavia i Barrayarani hanno scacciato i Cetagandani: ci sono voluti vent'anni e più sangue di quanto voi due ne abbiate visto in tutta la vostra vita, ma ce l'hanno fatta – ritorse Miles.