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Con un’aria trionfante e cospiratrice, Preen andò verso una pesante e vecchia cesta, che serviva da sedile vicino alla finestra. Ne trasse un corto fucile automatico.

«Splendido,» rise Fleming, «per stanotte dormiremo al sicuro. Mi sembra di aver capito che possiamo sdraiarci tutti in qualche modo, e dormire un po’. È stata una giornata molto faticosa.»

Preen mostrò di avere delle risorse inaspettate. Il suo letto era in un’alcova, accanto al camino. Da un armadio, estrasse delle pesanti coperte di lana. André vi fu avvolta, il fuoco venne ravvivato e anche Fleming si coprì, stendendosi per terra, accanto al sofà. Preen tirò il chiavistello della porta, e spense la lampada a paraffina. Fleming udì vagamente i rumori indistinti che il suo ospite faceva svestendosi ed entrando nel letto, prima che un sonno di profonda spossatezza si impadronisse del suo corpo e del suo cervello.

Passarono tre ore prima che l’assenza continuata di Geers e di Fleming suscitasse delle preoccupazioni, poi una lancia della marina si diresse verso l’isoletta per cercarli.

Quando fu possibile mettersi in moto per tentare di localizzare i fuggitivi, era caduta la notte ed il tempo era divenuto assolutamente impossibile.

Geers, furibondo per la stupida attesa sull’isola e attanagliato dall’apprensione per le possibili ripercussioni su Londra, sedeva al suo tavolo, bevendo del punch bollente e strepitando ordini a Quadring ed a Pennington perché facessero qualche cosa. Ma, dopo un poco, non poté più rimandare lo spiacevole compito di telefonare a Whitehall la notizia della nuova disfatta.

Il ministro della Scienza rispose alla chiamata di persona. Non disse una parola, mentre Geers balbettava in modo sconnesso sulla sfortuna dell’intero affare in generale, e sulla disonestà di Fleming in particolare. I garbati commenti che il grand’uomo fece prima di riattaccare erano peggiori della più sarcastica reprimenda.

«Veramente sfortunato,» disse gentilmente, «non posso che accordarle la mia più completa simpatia, per una situazione nella quale pare sia stato circondato da incompetenti e traditori. Può contare su di me per il miglior modo di presentare la faccenda al Vecchio. È curiosamente seccato di tutto ciò, il che è abbastanza straordinario per lui, non trova? Non è nemmeno andato a Chequers. È rimasto al n. 10. E lei sa meglio di me quanto odia quel posto, da quando è stato rimesso a nuovo. Spero veramente di riuscire a trovare il suo segretario privato. È un tale cuscinetto, quando il Primo ministro è di umore pericoloso. Bene, arrivederci. Teniamoci in contatto.»

Il ministro, in effetti, riuscì a trovare il segretario privato, e non avrebbe potuto esprimersi con lui in modo più onesto di quello che fece.

«Ho appena avuto una chiamata da Thorness, Willie,» disse, «hanno trovato la ragazza e subito dopo, da quei maledetti imbecilli che sono, l’hanno persa. Ora sembra che Fleming l’abbia rapita. Così romantico, vero? Geers non ha fatto che schiamazzare ordini inutili ad ogni posto della R.A.F. e della marina, da Carlisle a Scapa Flow. La mia impressione è che ci sia un mucchio di navi e di aeroplani e di piccoli uomini, con i loro impianti radar, che corrono intorno come matti. I bollettini meteorologici prevedono mare di forza 9, tempeste elettriche e diluvi. Gli inseguitori non avranno molta fortuna, e io non credo che questa sia una situazione in cui la richiesta di un miracolo verrebbe esaudita. Ufficialmente, però, Willie, ti prego di riferire al Vecchio che stiamo guardando sotto ad ogni sasso e facendo tutto il possibile. Sai, la solita favoletta. E, oh, ho deciso di rispedire Osborne a Thorness, per tentare di racimolare qualche fatto coerente, e anche per riuscire a capire delle cose nuove che sono emerse. È caduto alquanto in disgrazia, così è ansioso di fare bene. È un tipo come si deve, in fondo.»

Osborne fu mandato a chiamare nelle prime ore del mattino, e spedito a Thorness in aereo con le prime luci dell’alba. A mezzogiorno, entrava nell’ufficio di Geers. Il direttore era riuscito a concedersi poche ore di sonno su di una branda, arrangiata nella stanza dell’ufficiale di guardia. Per la prima volta, nella sua vita, si rendeva conto di apparire scarmigliato e sconvolto. Per Osborne aveva provato antipatia fin dal primo momento; il fatto che quell’uomo fosse ancora incaricato di un lavoro che altro non era se non di controllare la sua efficienza, glielo rese ancora più antipatico.

«Nessuna notizia dagli inseguitori, naturalmente,» interrogò Osborne, prendendo una sedia senza esserne invitato.

Geers scosse la testa. «Non ci resta che aspettare e sperare. È stata colpa mia,» borbottò, «non avrei mai dovuto…»

«Non è molto importante di chi sia stata la colpa,» disse gentilmente Osborne. «È successo. Come sta Madeleine Dawnay?»

Geers lo guardò sospettosamente, chiedendosi il perché di questo nuovo argomento. «Molto meglio,» rispose, «le bruciature elettriche che si è fatta con il calcolatore non erano poi così gravi. È successo maneggiando quel dannato enzima fatto con la formula della macchina. Oppure qualche errore che quei suoi cretini avranno commesso nel raccoglierlo. Fortunatamente, Madeleine ha avuto capacità intellettuali sufficienti per controllarlo e per trovare l’errore. Da allora è stato più facile; una cura miracolosa che rivoluzionerà le bruciature di ogni grado e tutta la chirurgia plastica. Uno degli ultimi inapprezzabili benefici di quella macchina che dei vandali hanno distrutto.»

«Mi fa piacere… di Madeleine, intendo dire,» disse Osborne. Fece una pausa pensosa. «Non c’è molto altro da fare qui per lei, no? Ora che il calcolatore è rovinato.»

Geers si strinse nelle spalle. «Non c’è più molto da fare per nessuno di noi,» disse. «Mi domando dove diavolo sia andato Quadring… dovrebbe avere qualche notizia di quello che sta succedendo; buona o cattiva.»

Osborne ignorò il problema. «Abbiamo avuto una richiesta per Madeleine, dal governo dell’Azaran.»

«Da chi?»

«Dal colonnello Salim, esattamente. L’ambasciatore dell’Azaran.»

«No, volevo dire: chi hanno richiesto?»

«La Dawnay, della quale stavamo parlando,» disse Osborne con impazienza. «Una richiesta formale, passataci l’altra sera attraverso il Foreign Office. Hanno bisogno di un biochimico.»

«E perché diavolo fare?» domandò Geers, poi aggiunse rassegnato: «Dipende da lei, se ci vuole andare. Io ho altre cose di cui preoccuparmi.»

«Glielo domandi,» rispose Osborne. «O lei o la Dawnay potreste telefonare al ministro. Ma non differisca la decisione per troppo tempo. Questi piccoli stati petroliferi amano il protocollo. Non dobbiamo far pensare loro che siamo scortesi, ignorando la richiesta.»

«Va bene,» brontolò Geers.

Il telefono suonò ed egli staccò il ricevitore. Ascoltò il breve messaggio e quindi riagganciò, sorridendo con aria sollevata e soddisfatta.

«Hanno trovato un relitto, pezzi di legno e altre cose del genere. Su una delle tavole c’è il numero di registrazione. È proprio la barca che ha preso Fleming, non c’è dubbio. Fino ad ora, non hanno trovato i corpi. Ci vuole del tempo, naturalmente, perché tornino a galla. Non avevano nessuna possibilità di sopravvivenza.»

Nella sua voce non vi fu nemmeno l’ombra del rimpianto. Geers non avrebbe pianto la morte dei suoi due colleghi.

«In che punto, all’incirca, hanno trovato il relitto?» chiese Osborne.

Geers dette un’occhiata ad alcune cifre che aveva buttato giù su un foglio, durante la telefonata. «Mi hanno dato come riferimento Victor Sugar 7458,» andò verso la carta murale dei campi di lancio di Thorness, ed indicò con un dito un punto, in uno dei riquadri.

«Più o meno qui. Un poco a sud di Barra e ad est di South Uist. Acque poco profonde. Soltanto un pazzo come Fleming avrebbe potuto arrischiarvisi, con una così scarsa visibilità. Ma la marina continuerà a cercare; per pura formalità, s’intende.»