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Il più alto dei tre fece un passo nell’interno, accennando con la testa agli altri due, perché gli si mettessero alle spalle. Non aveva staccato mai gli occhi da Fleming, così non vide Preen aprire la cesta, e tirarne fuori il fucile automatico.

«Fuori! Fuori di qui!» belò Preen, agitandolo in tutte le direzioni. La sua rabbia, a questa nuova intrusione nel suo isolamento, lo aveva reso dimentico del pericolo.

Fleming era arretrato per proteggere André. Ella gli si appoggiò, guardando con gli occhi sbarrati. «È meglio che facciate quello che dice il signore,» consigliò Fleming agli intrusi.

L’uomo che sembrava il capo fece un passo indietro, urtando contro gli altri due. Inciamparono quasi, quando si trovarono a ridosso degli stipiti della porta. Improvvisamente, il capo infilò una mano nella tasca dell’impermeabile. In un lampo, la bocca di una Luger fu puntata contro Preen.

«Attenzione!» gridò Fleming.

Senza prendere la mira, Preen sparò una raffica. Quattro o cinque proiettili esplosero nella stanza. Il vetro delle finestre cadde tintinnando. L’uomo con la rivoltella si afflosciò senza un suono, la bocca aperta, gli occhi fissi davanti a sé. Uno degli altri due gridò come un bambino e corse come un ubriaco nel buio, cadendo sul sentiero. Il terzo fuggì semplicemente, facendo scricchiolare i sassi nella sua corsa verso il mare.

Preen aveva lasciato cadere a terra il fucile per la violenza del rinculo. Ma subito lo raccolse, e cominciò a ricaricarlo, puntando poi verso il terzo uomo, con la bocca contratta dalla rabbia. «Resti lì, Preen,» gridò Fleming, «non vada fuori, potrebbero essercene altri!»

Preen non sembrò udire. Era ancora nel riquadro di luce della porta, quando, dal buio, una pistola sparò. Preen rimase un attimo immobile, poi girò su se stesso, e cadde sulle ginocchia gemendo.

«Prendi questo,» disse Fleming, raccogliendo il fucile e lanciandolo nelle braccia di André. «Se vedi venire qualcuno, puntaglielo contro e premi qui.» Piegò il dito di lei sul grilletto.

Poi, abbassandosi molto, corse fuori e si lasciò cadere steso a terra, accanto a Preen. Per un attimo, attese che i proiettili scoppiassero intorno a lui, uscendo dal buio, ma non accadde nulla. L’unica cosa che udì, fu il respiro rotto di Preen. «Calma,» disse, «non è morto. La porterò dentro e la rimetterò in sesto.»

Cominciò a trascinarlo verso la porta. Dovette fermarsi per spostare l’uomo caduto sul sentiero. Era morto, come quello sulla soglia della casa. Disse ad André di lasciare il fucile e di aiutarlo a mettere Preen sul letto. Quindi tornò di nuovo fuori, tolse il cadavere dalla soglia e richiuse la porta. Il chiavistello era fuori uso, ma il paletto funzionava ancora. Fleming si fermò a riprendere fiato, prima di esaminare Preen.

Del sangue colava attraverso il pullover, di sotto al braccio. Fleming tagliò la stoffa e scostò la camicia. Il sangue si era rappreso intorno ad un buco netto, su un lato del petto, mentre un altro foro, sotto l’osso della spalla, dove il proiettile era uscito, aveva i bordi rovinati.

Dalla bocca di Preen non usciva sangue, così Fleming si rassicurò sul fatto che il polmone non fosse stato colpito; il peggio era forse una costola scheggiata o rotta.

«Non è ferito gravemente, Adrian,» disse. «Ci metterò un impacco d’ovatta per fermare il sangue, e poi useremo il vecchio, magico unguento. Lasci fare al suo buon vecchio dottore!»

Mise Preen nella posizione più comoda, chiacchierando con tono ottimista a proposito dell’enzima. Il suo ottimismo sembrò convincere la ragazza, che lo guardava preoccupata, ma egli non era altrettanto fiducioso. La piccola quantità di enzima che era rimasta, alla fine della cura di André, avrebbe potuto sicuramente curare la setticemia e ricostituire la pelle in superficie. Non poteva, però, curare una costola rotta o scheggiata, né una ferita interna. Si rassegnò all’idea che, nella mattinata successiva, sarebbe stato obbligato a tornare a Skye per trovare un medico; ed avrebbe anche dovuto informare la polizia del fatto che un paio di cadaveri giacevano nell’isola.

Nel frattempo, c’era il problema di capire chi fossero i malviventi. Appena Preen si fu addormentato, ed André ebbe cominciato a sonnecchiare in poltrona, egli scivolò cautamente all’aperto, e, con l’aiuto di una torcia, osservò gli uomini morti. Nella morte apparivano ancora più brutti di quando erano stati in vita. Entrambi avevano dei portafogli, ma contenevano soltanto dei soldi; niente patente di guida, né buste o lettere. L’assenza di ogni documento di identità era di per se stessa sospetta. La sua mente ritornò a quella volta che lui stesso e Bridger erano stati fatti mira ad alcuni spari, mentre si godevano un giorno di riposo, durante la costruzione del calcolatore. Bridger aveva avuto chiaramente l’aria di uno che sapesse il perché di quell’attacco, e, alle insistenze di Fleming, si era impazientemente lasciato sfuggire la parola «Intel,» pentendosene subito dopo, come se avesse detto troppo.

Comunque, a quel tempo era parso ridicolo collegare un gruppo affaristico segreto, ma diffuso in tutto il mondo e perfettamente legittimo, con dei pistoleri appiattati nelle lande scozzesi. Ma, dopo l’assassinio di Bridger, quel nome aveva assunto una sfumatura sinistra, nella mente di Fleming.

Che un’impresa commerciale usasse una tattica così pesante per impadronirsi di segreti del tipo di quelli custoditi a Thorness, non era troppo sorprendente per Fleming, una volta accettata la situazione. Tutto ciò si accordava perfettamente con l’idea della caccia al topo che individui e nazioni stavano conducendo, per ammassare ricchezza ed esercitare potere. Per questo motivo egli non trovava difficile accettare la teoria secondo la quale la Intel si nascondeva dietro questo attacco abortito, per quanto la ragione di un tale fatto rimanesse un mistero. Se le informazioni che essi avevano ottenuto da Bridger fossero state anche solo superficialmente esatte, i cervelli che lavoravano per la Intel avrebbero dovuto sapere come gli individui non contassero nulla, senza la macchina che avevano servito. Nemmeno André avrebbe potuto fornire informazioni di qualche valore.

Nemmeno André… Fleming raramente mostrava la propria paura, ma, essendo un uomo intelligente, la provava spesso. La provò anche adesso, ed André ne era la causa. Uno degli assalitori era fuggito. Senza dubbio sarebbe tornato con dei rinforzi, e sarebbero venuti preparati a battersi con le armi. Egli non aveva certo voglia di morire, ma temeva ancora di più i piani che la Intel poteva aver fatto su André. Questa era un’altra delle ragioni che lo spingevano a chieder aiuto.

All’alba, prese la barca di Preen, per andare a Skye. Chiamò un medico dalla prima casa dove trovò un telefono, spiegando che il paziente era stato ferito da un’arma da fuoco, e che c’erano anche da portar via dei cadaveri. Il medico informò la polizia prima di muoversi. In quel momento, Fleming era già molto avanti, sulla strada del ritorno.

Fleming ebbe lo sconfortante piacere di gridare: «Verrò senza fare storie!» quando un’imbarcazione carica di poliziotti giunse sotto la porta della casetta, un poco più tardi, nello stesso giorno.

Tutto fu fatto in modo molto tranquillo ed educato. André e Fleming furono trattati con deferenza, dato che nessuno sapeva bene di cosa si trattasse. Lo lasciarono vicino a Preen fino a che il medico lo ebbe esaminato, dichiarando che non vi era nulla di grave, ma che sarebbe stato necessario un esame radiografico per assicurarsi che non vi fossero ossa rotte. Fleming notò con divertimento come il medico non riuscisse a staccare gli occhi dai minuscoli cerchi di giovane carne sana, che crescevano già intorno ai fori dei proiettili.

«E tutto questo è accaduto soltanto ieri notte?» mormorò.

Furono fatti salire su una lancia della polizia, dove Preen venne sdraiato sul fondo, comodamente avvolto in coperte. Un agente fu lasciato sull’isola, a guardia dei due cadaveri, che sarebbero stati portati via più tardi, quando la polizia scientifica di Inverness avesse finito di fare i soliti controlli sul posto.