Выбрать главу

E là, pochi passi più avanti, c’era la macchina — la rettangolare massa familiare dei pannelli d’acciaio, con la consolle dei comandi e gli schermi a raggi catodici.

Egli avanzò lentamente, sempre tenendo il braccio di André. Parecchi giovani arabi stavano lavorando intorno alla macchina. In un modo inusitato e molto straniero, essi ricordavano i tecnici inglesi che aveva guidato due anni prima a Thorness. Parlavano perfino in inglese tra loro, come se quella fosse la lingua naturale della scienza.

La Gamboul ne chiamò uno.

«Questo è Abu Zeki,» disse, «il professor Fleming.»

Gli occhi di Abu Zeki brillarono di piacere. Aveva l’aria di essere un giovane sensibile e simpatico, con delicati lineamenti arabi, ed un taglio corto e moderno di capelli, di tipo americano, che gli conferiva un curioso aspetto da beat-generation. Anche lui era, ovviamente, un «uomo moderno.» «Come sta, signore?» disse. «Naturalmente ho sentito parlare molto di lei. Sarò il suo assistente più anziano. Spero solo di poterle essere utile; comunque, potrò passare le sue istruzioni agli altri.» Dette uno sguardo orgoglioso al pannello dei comandi. «Faremo grandi cose, con questo.»

«Lei lo crede, vero?» disse Fleming quietamente.

«Le mostrerò tutto,» li interruppe la Gamboul, e li guidò lungo gli interminabili fasci di fili.

Sapeva notevolmente bene cosa fare. Era in grado di identificare ogni sezione dell’enorme macchina, per quanto Fleming avesse notato che si trattava soltanto di una conoscenza di seconda mano, da profano che si preoccupa di quali cose vengano fatte, invece che di come sono fatte. La disposizione dell’ingresso e dell’uscita era leggermente diversa da quello che aveva costruito a Thorness, ma l’enorme memoria ed i suoi circuiti erano fondamentalmente gli stessi.

Ritornarono nel largo corridoio di fronte all’unità di controllo. «La costruzione è stata finita qualche tempo fa. Era stata anche completamente programmata. Ma non è accaduto nulla. Ecco perché abbiamo bisogno di lei. Pensa che possa presentare qualche problema per quello che riguarda l’operatività?»

«Probabilmente no,» ammise Fleming. «La disposizione è diversa solo superficialmente. Ma nella sua essenza è identica.» Rise senza allegria. «Dovrebbe essere così. È stato costruito con le istruzioni date nello stesso messaggio. Sa cosa è accaduto al lavoro fatto a Thorness?»

La Gamboul si strinse nelle spalle. «Non ci interessa sapere cosa sia andato male laggiù. Vogliamo solo che vada bene questo. Vogliamo costruire un centro di produzione che sia insuperato nel mondo e libero da ogni interferenza — politica, o di qualunque altro genere. Questa macchina sarà il cervello della Intel.»

Fleming si sentiva ipnotizzato dalla calma minacciosa che lo circondava. Era terrificato dall’idea di dover rivedere ancora una volta quella sinistra sezione che rendeva questo calcolatore diverso da qualsiasi altro cervello costruito dall’uomo — con i suoi pesanti bracci di ottone, affondati nelle loro guaine isolanti di plastica.

Si volse ad Abu, che gli era rimasto deferentemente al fianco. «Dov’è l’uscita del vostro alto voltaggio?»

Janine Gamboul lo guardò sospettosamente. «Perché lo domanda? A che scopo?»

«Ci sono due cavi ad alta tensione estranei al pannello dei controlli; o, almeno, dovrebbero esserci.»

Abu annuì. «C’erano, sì,» disse, «li abbiamo portati nel compartimento finale; non capivamo a cosa servissero.» Li guidò in un passaggio, e fece scorrere senza rumore il pannello grigio sugli scivoli. Fleming guardava le forme di metallo dall’aspetto inoffensivo. Ricordi odiosi si affollavano nella sua mente. Si volse verso André, ma, con suo sollievo, gli sembrò tranquilla e totalmente priva di interesse.

«Il professor Neilson era dell’opinione cbe servissero ad una comunicazione sensoriale — in questo caso visiva — con i circuiti della memoria,» disse Abu, «in modo che l’operatore potesse mettersi in contatto diretto con i relay della calcolatrice positiva del calcolatore. Fece in modo che si potesse fare visivamente, attraverso questo schermo,» accennò verso una batteria di schermi a raggi catodici che erano allineati al di sopra dei bracci.

«Ora ricordo!»

Fleming si volse al suono della voce di André.

I suoi occhi brillavano per l’eccitazione. Fleming si sentì improvvisamente depresso; sembrava che le cose si muovessero senza rimorso ed inevitabilmente, libere da ogni controllo.

Si avvicinò ad André. «Sai cosa è questo?» le sussurrò. «È la cosa dalla quale stavamo fuggendo.»

Ella non si volse a guardarlo; sembrava ipnotizzata, i suoi occhi erano fissi sul pannello dei controlli. «Non avere paura,» mormorò. Fleming non riuscì a capire a chi parlasse.

Si girò di scatto verso la Gamboul. «Fate saltare in aria tutto. Subito.»

Janine guardò André, poi Fleming. Cominciò a sorridere, senza nascondere il proprio disprezzo. «Distruggerlo?» esclamò, «lo controlleremo, invece.» Il suo tono era cambiato. «Ora vi condurrò ai vostri quartieri. Sono molto comodi. La vostra vecchia collega è molto ansiosa di rivedervi; la professoressa Dawnay, voglio dire.»

Li guidò fuori del fabbricato del calcolatore, nel caldo soffocante. Immediatamente, un soldato venne loro incontro e, obbedendo ad alcune parole dette in arabo dalla Gamboul, scortò Fleming e André verso una fila di bungalow, ombreggiati da pochi alberi di palme. André sembrava ancora assorta, e camminava senza parlare.

Madeleine Dawnay stava seduta su una sedia a sdraio, in mezzo ad un piccolo prato di erba bruciacchiata. Il suo volto era già abbronzato, tuttavia aveva un aspetto cupo e malaticcio nei suoi abiti tropicali. Li salutò entrambi con gioia sincera.

«Mia cara,» disse, prendendo entrambe le mani di André tra le sue, «sono così felice di vederti. La cameriera ha già avuto tutte le istruzioni necessarie per aver cura di te.» Si volse verso John: «E così, sei qui.»

Fleming non si perse in saluti. «Sono qui perché mi hanno praticamente rapito,» disse tranquillamente, «e non cercherò di scappare subito soltanto a causa di quello che mi hanno fatto vedere. Ma per quanto riguarda te, Madeleine, che io sia dannato se riesco a capire come puoi lavorare volontariamente per questa gente.»

La Dawnay preferì non offendersi. «Non serve a nulla appiccicare loro delle etichette, mio caro. Le circostanze sono così diverse. Devo riconoscere che, all’inizio, mi ero allarmata. Ho il sospetto che Salim mi abbia drogata, a Londra. Ma non so perché.»

«Per sapere dove ero io. Eri l’unica persona alla quale l’avevo detto, e sono arrivati subito dopo.»

Madeleine tacque, profondamente colpita. «Mi dispiace,» disse poi con voce avvilita, «non ne avevo idea.»

«Come ti hanno avuto?» domandò Fleming.

«Chiedendomelo correttamente. Hanno un interessantissimo problema per ciò che riguarda l’agricoltura. Vogliono diventare autosufficienti nella produzione del cibo. Hanno tentato con tutti i soliti modi di fertilizzare i terreni aridi. Ma presto si sono resi conto di aver bisogno di un sistema veramente nuovo e completamente scientifico. Io spero — credo — di poterli aiutare.»

La fede priva di interrogativi che nutriva nella bontà della scienza lo aveva sempre preoccupato. Il loro semplice cameratismo aveva subito una dura scossa, quando Madeleine si era rifiutata di scorgere dei rischi nei primi successi del suo esperimento sulla sintesi vitale. Anche ora, sembrava trascinata dallo stesso entusiasmo irriflessivo.

«Madeleine,» le disse Fleming gentilmente, «se riusciremo ad andarcene da questo posto prima di essere improvvisamente ammazzati, io potrò almeno avvertire…»