Выбрать главу

Per queste ragioni era stato colto dalla disperazione, quando il calcolatore non aveva funzionato, sentendo anche di poter essere in qualche modo biasimato per la scomparsa di Neilson. Ma ormai tutto era passato. Collaborando con questo cinico e tuttavia amabile inglese — e con la sua amica — a produrre qualche straordinario e meraviglioso giocattolo scientifico, avrebbe ripagato la fiducia che il presidente aveva riposto in lui.

Da uno schedario nell’ufficio dell’archivio, Abu prese parecchi fogli coperti di calcoli. Gli erano stati dati dalla Dawnay perché li facesse elaborare dal calcolatore. Ma, fino ad allora, non c’era stato altro da fare se non archiviarli, fino a che la macchina non avesse cominciato ad operare. Disse a Fleming di cosa si trattava. «Li dia alla ragazza,» rispose stancamente quello, «e lasci che essa immetta i dati a modo suo.»

Abu consegnò i fogli coperti di cifre ad André, e tornò in ufficio, cercando di occuparsi di qualcosa. Si immerse in copie ciclostilate ed in diagrammi di circuiti. Ma il suo cervello non registrava nessun dettaglio. Si sforzava di lavorare, mentre, in realtà, riusciva solo ad ascoltare ansiosamente il rapido ticchettio della macchina.

Dopo venti minuti il motore della stampatrice di uscita cominciò a frusciare, e la luce del circuito brillò rossa. Dalla feritoia cominciò ad uscire la striscia forata, con il suo movimento lento verso la sinistra, e lo scatto improvviso a destra, mentre, linea dopo linea, le equazioni venivano stampate.

Abu guardava affascinato, continuando a leggere le cifre sulla carta in movimento. Il motore si spense infine con uno sbuffo, e la luce del circuito si spense. I calcoli erano stati completati. Strappò la striscia di carta, e corse da Fleming, nell’ufficio dell’archivio.

«I calcoli della professoressa Dawnay,» disse Abu, «questo è il risultato per aver solo dato i fogli alla signorina André. È proprio straordinario.»

Si diresse verso un altro schedario, chiuso a chiave. Prese una grossa cartella piena di carte, vi frugò dentro, ed uscì di nuovo per darle ad André. Mentre tornava indietro, la stampatrice di uscita aveva già ricominciato a lavorare.

Fleming, ancora appoggiato al tavolo e tutto preso dai suoi pensieri, lo guardò pigramente. «Ancora altra roba,» disse, «che cos’è?»

Abu non si voltò. «Temo di non essere autorizzato a dirglielo, professor Fleming.»

«Insomma!» Fleming fece una pausa, cercando di frenare la propria rabbia. «Perché pensa che io stia qui? Per essere sotto sorveglianza, o cosa?»

«Mi dispiace,» disse con sincerità Abu, «ma io ho degli ordini.»

Fleming lo guardò in faccia. «Che cosa le ha dato?» domandò di nuovo. Ma Abu lo fissò, di rimando, con cortese ostinazione.

«Si tratta di un lavoro che la signorina Gamboul desidera sia fatto. Non sono autorizzato a discuterlo.»

«E allora io lo fermerò.»

«Temo che non potrà farlo, professor Fleming.»

Fece un cenno alla più vicina sentinella, che li fissava con sonnolenta curiosità. Fleming girò sui tacchi e se ne andò a gran passi.

Subito fuori dell’ufficio, vide un’altra sentinella che si sporgeva da una finestra, riparandosi gli occhi dal sole. All’improvviso, fece un passo indietro e scattò sull’attenti.

Fleming guardò il campo, e vide Janine Gamboul che camminava al fianco di un anziano signore con la barba, parlando svelta e vivace. Abu, che lo aveva seguito, si fermò al suo fianco.

«Chi è quello che sta con l’affascinante Gamboul?» domandò Fleming.

«È il nostro presidente,» gli occhi di Abu scintillavano d’orgoglio; «deve essere stato a visitare il laboratorio della professoressa Dawnay. Il suo assistente mi ha detto che la professoressa sta lavorando a qualcosa di completamente nuovo: una membrana protettiva che impedisca all’acqua di evaporare dal suolo, lasciando però passare le molecole dell’ossigeno e dell’azoto, in modo che il terreno possa respirare. È un’idea meravigliosa; farà fiorire il deserto.»

«E non c’è dubbio che vi farà anche fare un salto avanti.» Fleming accennò con la testa alle strisce prese dal calcolatore, che Abu teneva ancora in mano.

«Mi domando se il presidente verrà anche qui,» disse Abu, pieno di speranza.

Ma il presidente non lo fece; dette solo un’occhiata verso il calcolatore; la Gamboul disse qualcosa. Egli annuì, e scomparve in direzione del quartier generale.

La siesta del pomeriggio aveva addormentato la città, quando la Gamboul andò in macchina alla residenza di Salim. Lo trovò che oziava sul balcone di pietra, guardando la piazza tranquilla e la distesa dei tetti sbiaditi, sotto pochi minareti che si stagliavano con le loro forme scure sulla foschia luminosa. Il colonnello era in uniforme, l’abito che preferiva.

Janine si tolse il cappello dall’ampia falda e si diresse verso il tavolino dove si trovavano le bottiglie e il secchiello del ghiaccio. Salim non si disturbò ad alzarsi. «Hai fatto il tuo lavoro?» chiese.

«Ho portato quel vecchio sciocco in giro per tutto lo stabilimento,» rispose lei, occupata a mescolare il liquido nel suo bicchiere; «questo lo terrà tranquillo per un po’. È rimasto molto impressionato da quella donna, la Dawnay. Naturalmente,» dette in una piccola risata dura, «non l’ho portato nel fabbricato del calcolatore, malgrado che avesse proprio chiesto cosa ci fosse lì dentro.»

Sorseggiò la bevanda, accigliandosi un poco nel vedere che Salim non faceva nemmeno lo sforzo di offrirle una sedia. «Vado dentro,» disse, «è più fresco e forse c’è un posto per sedersi.»

Egli si alzò pigramente in piedi e la seguì attraverso la tenda di perline colorate nella stanza spaziosa che usava come ufficio. Appesa ad una parete, vi era una carta dettagliata dell’Azaran. Bandierine di vari colori erano appuntate con spilli qua e là. La Gamboul le fissò con pigra curiosità, poi si stese su di un sofà. Stava cominciando a stancarsi di Salim.

Lui le venne vicino, guardandole il corpo nel sottile abito troppo stretto. «Chi è la ragazza che avete portato con Fleming?» domandò.

La Gamboul scosse le spalle. «Non lo so. Abu sostiene che è straordinariamente intelligente. Il rapporto di Kaufmann diceva soltanto che è in qualche modo collegata al calcolatore di Thorness. Usavano una quantità di donne, laggiù. La Dawnay, per esempio. Kaufmann pensa che la ragazza abbia avuto a che fare con la distruzione della macchina, e che Fleming stia cercando di proteggerla. Probabilmente sono amanti.»

Salim sembrò irritato. «Falla sorvegliare attentamente,» ordinò, «non vogliamo correre il rischio di un sabotaggio. E sarà bene che tu riesca a tirare fuori da Fleming chi è in realtà quella ragazza. Sono sicuro che puoi riuscirci.»

Ella gli sorrise, passandosi la mano sul fianco e sulla coscia. «Non credo di andare a genio al professor Fleming.» Poi, come se l’argomento la annoiasse, si alzò e andò verso la carta.

«Che cos’è questo nuovo giuoco con le bandierine?»

Salim infilò i pollici nel cinturone e si mise, massiccio e sicuro, di fronte alla mappa. «Le bandierine segnano le truppe sulle quali si può contare. Più o meno, un battaglione di fanteria qui, a Baleb, ed uno squadrone di carri armati. Alcune unità motorizzate alle frontiere, ed il grande quartier militare di Quattara. Ed anche la maggior parte delle unità dell’aviazione.»

«E per fare cosa?» domandò lei.

«Per sostenermi. Sostenerci.» Salim si corresse. «Il calcolatore deve essere al sicuro. Appartiene alla Intel, e la Intel ha avuto la concessione dal presidente. Ma io non sono ancora il presidente.»

La Gamboul lo studiò per un poco. «È questo che vuoi?» chiese.

Salim tornò verso il balcone, e guardò la città. I suoi occhi si sollevarono verso il bel palazzo antico che si levava su di una leggera altura, alla sua destra. «Il presidente è un uomo debole,» mormorò, «un uomo stanco. Ha combattuto per l’indipendenza, ed ora è convinto di poter riposare. Potrebbe venire influenzato da… qualsiasi chiacchierone di idee liberali.»