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Fleming si meravigliò della sua fede ed ebbe paura della sua sicurezza; sembrava che André stesse commiserando la sua immaginazione tanto limitata.

All’improvviso, ricadde sul letto. Il suo entusiasmo si era spento; ora restava solo una fragile ragazza molto spaventata. «Tutto questo mi esaurisce,» mormorò, «consuma ogni mia forza. Mi ucciderà ancora più presto di quello che credete.»

«E allora non te ne preoccupare!»

André passò stancamente il braccio sopra la testa, afferrando la spalliera. «Non posso,» disse, «ho qualcosa da fare prima di morire. Ma non posso farlo da sola.» Il suo labbro inferiore tremò, ed ella cominciò a piangere.

Fleming si inginocchiò accanto a lei e le pose protettivo un braccio intorno alla vita. «Se posso aiutarti… se ti fidi di me, me lo devi dire. Con parole… con parole semplici, qual è il senso del messaggio?»

Per qualche minuto, ella giacque con gli occhi chiusi; Fleming non interruppe il suo riposo. Poi André ebbe un leggero brivido e cercò di muoversi. Egli la aiutò a mettersi seduta.

«Mi devi portare al pannello dei controlli,» disse la ragazza, «non credo che saprei spiegarmi con delle parole. Ma posso farti vedere.»

Fleming la aiutò ad alzarsi e la sostenne, mentre compiva con passi incerti e tremanti la breve strada verso il fabbricato del calcolatore. Una volta dentro, sembrò, come sempre, ritrovare un’energia nascosta. Non ebbe bisogno di aiuto, per sedere di fronte agli schermi. Quasi immediatamente, la macchina entrò in funzione, mentre lo schermo principale si copriva delle solite forme ondeggianti, che la stampatrice di uscita mutava in cifre.

Fleming era dietro di lei, mentre guardava attenta la forma che non smetteva di cambiare. «È un’informazione ad alta velocità tra i gruppi di equazioni che contengono il vero messaggio,» disse André; «parla del pianeta dal quale giungono i dati.»

Fleming fissò lo schermo. Riusciva a identificare le forme ondeggianti che erano la versione elettronica delle cifre, ma l’apparire occasionale di macchie geometriche di luce, che talvolta intervenivano, era per lui privo di significato. Aveva sempre creduto che si trattasse del normale disturbo ricevuto dalle cellule sensibili al selenio delle correnti disperse nell’intelaiatura della macchina.

«Cosa significa tutta questa confusione per te?» domandò.

Gli occhi di André non lasciarono lo schermo, quando cominciò a spiegare. «Che è già passato attraverso tutto ciò. Che sa quello che dovrà succedere, quello che è già successo ad altri pianeti, dove l’intelligenza si era sviluppata solo fino al punto della vostra. Voi ripetete interminabilmente una forma, fino a che essa non si autodistrugge.»

«Oppure il mondo diventa troppo rovente e ci pensa lui?» suggerì Fleming.

André annuì. «La vita di una creatura biologica comincia in modo molto semplice.» Parlava lentamente, come se stesse riferendo, semplificata, una complicata massa di informazioni. «Ma dopo poche migliaia di secoli, tutto diviene così complesso, che l’animale umano non può più lottare alla pari. Avviene un disastro — a volte una guerra — e l’intero fabbricato cade in pezzi. Milioni di persone vengono uccise o muoiono. Sopravvivono pochissimi.»

«Che ricominciano,» terminò Fleming per lei.

Ella si volse sulla sedia girevole, per guardarlo dritto negli occhi. «Fra circa centotrenta anni, a partire da ora, ci sarà una guerra. La vostra civiltà verrà distrutta. Tutto è esattamente prevedibile. Perciò anche il periodo che passerà prima che vi riprendiate può essere calcolato. Si aggirerà sui mille anni. Poi il ciclo si ripeterà. A meno che non avvenga qualcosa di meglio.»

«Ed è avvenuto su qualche pianeta di Andromeda?»

«Sì,» rispose lei, «la specie ha cambiato, si è adattata in tempo. Ora è in grado di intervenire per la gente della Terra.»

Fleming dovette distogliere gli occhi da lei, distoglierli dallo schermo abbagliante, con le sue forme in movimento sempre più rapido. Si sentiva colpito ogni volta che lei parlava della «gente della Terra» come se fosse una creatura ad essa estranea.

Andò fino in fondo al passaggio che correva per tutta la lunghezza del calcolatore poi tornò indietro. Il caldo soffocante lo avvolse, malgrado il condizionamento dell’aria. Alla fine si decise.

«Va bene,» disse fermo, «cerchiamo di imparare qualcosa da lui. Cerchiamo di capire quello che possiamo, e di dirlo poi alla gente, in modo che possa decidere quello che è meglio fare.»

André ebbe un gesto d’impazienza. «Questo non è abbastanza,» disse, «dobbiamo avere il potere; è così che va usato il messaggio che ci deve aiutare. Non per distruggere la gente quaggiù, ma per aiutarla; e, alla fine, saranno loro stessi a darci il potere. È stato tutto calcolato.»

La diretta semplicità della sua fede lo esasperava; sapeva che era un sentimento troppo forte perché lui potesse distruggerlo. Ciononostante, decise di combatterlo.

«Tutti i dittatori della storia hanno sempre usato questo argomento… e cioè di forzare la gente a compiere delle azioni per il suo stesso bene. Ed ora mi toccherebbe accettare di aiutare una volontà che arriva da qualche parte di Andromeda, usando la Intel, o questa gente dell’Azaran, o qualsiasi piccolo, lurido emissario ubriaco di potere, che voi sceglierete. È ridicolo!»

«Questi sono soltanto i mezzi,» disse lei, «quello che è importante è il fine.»

Fleming batté il pugno sul piano del banco di controllo, facendola sobbalzare.

«No!» gridò, «l’ho combattuto a Thorness, ed ho combattuto anche te, all’inizio, — perché penso che il mondo debba essere libero di fare da solo i suoi errori, o di salvarsi.» La fissò con un misto di rimorso e di furia. «È per questo che mi sono fidato di te, lasciando che te ne occupassi.»

«Ho fatto solo quello che era logico.»

«Avrei dovuto lasciarti… lasciarti morire,» mormorò Fleming.

André si volse verso il banco. Lo schermo era divenuto scuro, ed il suo rivestimento di alluminio grigio e senza vita. «Morirò molto presto comunque,» disse.

Tutti i timori che aveva per lei tornarono di colpo. Non poté far altro che rimanerle vicino, mettendole una mano sulla spalla. Nessuno dei due si mosse. Poi, Fleming udì la stampatrice di uscita che ticchettava di nuovo rapidamente.

Corse verso di essa e lesse i numeri apparsi sulla striscia che usciva lentamente. Quelle equazioni gli erano terribilmente familiari, lo riportavano ad un pomeriggio del periodo di Thorness, più di due anni prima.

Ipnotizzato, continuava a leggere il torrente di cifre che non finiva di uscire. Si accorse appena che André gli si era avvicinata, rimanendo in piedi dietro di lui.

«Che cosa è questo?» domandò Fleming.

«I calcoli basilari per un missile antimissile,» disse la ragazza, con voce naturale. «Certo ricorderai il progetto di Thorness. A questo sono state apportate poche modifiche minori.»

Fleming si girò di scatto verso di lei. «Perché hai programmato la macchina per fare questo?»

«Abu Zeki voleva i calcoli,» disse lei, «hanno bisogno di mezzi di difesa. Fa tutto parte del piano.»

Fleming strappò la carta dalla feritoia e la appallottolò nella mano. «Per l’amor di Dio, fermalo,» la supplicò, «non ti ho salvato perché lavorassi per loro, obbedendo ad ogni lurido ordine che ti danno. Tu hai ancora la libertà di scegliere quello che farai.»

La risposta di André fu coperta dal fracasso di alcuni jet che ululavano passando veloci sul campo.

«Che cosa?» domandò Fleming, quando il rumore fu finito.

«Ho detto che è troppo tardi,» disse lei, «ho già scelto. È tutto già cominciato.»