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Rimase per molto tempo seduto davanti ad una tarda colazione, ignorando il duro pane nero, la frutta e le olive che gli venivano sempre serviti, e bevendo invece molte tazze di denso caffè dolce.

Poi prese a passeggiare, dirigendosi verso il laboratorio della Dawnay. Le guardie lo guardarono sospettosamente, ma non gli impedirono di entrare nell’edificio. La Dawnay era curva su un tavolo del laboratorio. Lo salutò con aria molto assente, senza reagire affatto ai suoi discorsi preoccupati su André.

«Non possiamo fare nulla per lei,» mormorò. Fece una pausa, poi prese una grande provetta da una lunga fila disposta in una speciale rastrelliera.

«Mi piacerebbe che dessi un’occhiata qui, John,» disse. Fleming guardò la provetta che teneva in mano. Era piena di un fluido semitrasparente e grigiastro, che rimaneva attaccato al vetro quando lo agitava. Le altre provette sembravano contenere liquidi identici.

«Che cosa sono?» domandò Fleming.

«Campioni di acqua di mare che hanno raccolto per me.» Dette in una breve risata. «Devo ammettere che quelli della Intel sono efficienti. Non hanno voluto che andassi io a prendere i campioni, come volevo, ma hanno fatto molto di più di quanto non avessi chiesto. Questi non provengono soltanto dal Golfo Persico, che mi interessava, ma sono stati presi anche dal Mediterraneo, dall’Oceano Indiano e persino dall’Atlantico occidentale. E ci dovrebbero essere in arrivo, se è come credo, altre provette da paragonare, provenienti da altre zone.»

«E c’è qualcosa da paragonare?» domandò lui.

Madeleine scosse vigorosamente la provetta. Il fluido all’interno divenne completamente opaco.

«Vedi?» disse lei, «ecco, l’acqua normale del mare dovrebbe essere come questa. Noterai che è limpida.» Gli porse un altro campione.

Fleming prese qualcuna delle altre provette. Diventarono tutte opache, quando le scosse. «Sei sicura che Kaufmann non ti abbia imbrogliato, prendendole tutte dallo stesso posto?» sogghignò.

Lei scosse il capo. «Non è il tipo. Ha avuto gli ordini dalla Intel, non da me. Sai come è fatto. Se gli avessero detto di prendere l’acqua dell’Antartico, ci sarebbe andato. Ma, piuttosto, voglio farti vedere quello che succede quando questa acqua lattiginosa viene mischiata con quella normale.»

Prese una provetta pulita, vi versò un poco di normale acqua di mare, quindi vi aggiunse due gocce soltanto del fluido opaco. Le gocce lattiginose si dissolsero e sparirono. La Dawnay mise la provetta su di un sostegno, dietro il quale stava un piccolo riflettore.

«Adesso guarda,» disse.

Lentamente, l’acqua cominciò a formare una piccola zona lattiginosa sul fondo della provetta, poi la nuvola opaca si sparse, fino a che tutta l’acqua fu diventata densa come negli altri campioni.

«Mi domando come la prendono i pesci,» mormorò Fleming, «hai idea di cosa sia?»

«Un batterio,» disse lei, «vieni qui.»

Fleming la seguì ad un tavolo, dove ella accese una luce e mise a fuoco un microscopio. «Guarda questa goccia,» gli disse.

Fleming guardò nel microscopio e ne regolò il fuoco; quindi emise un lungo fischio. Un organismo globulare palpitava nella goccia; mentre lo stava ancora guardando, si gonfiò e si suddivise. Trenta secondi dopo, la divisione si ripeté. Fleming si raddrizzò, lasciando il microscopio. «Sai da dove venga?»

La Dawnay non rispose. Prese delle altre gocce da un recipiente, e le fece scivolare sotto un altro microscopio. «Questa qui è morta. Non appartiene a nessun gruppo di batteri che io conosca. È un organismo molto semplice, come potrai vedere, se guarderai questa, che io ho segnato. Non sembra aver altre proprietà se non quella, rimarchevole, di riprodursi in modo fantastico. Se non fosse stata chiusa in una provetta…» esitò, «se avesse avuto l’intero oceano nel quale crescere…» si fermò di nuovo.

Fleming tornò al tavolo dei campioni, guardando pensosamente le provette con i loro cartellini ordinati. «Le zone segnate su questi campioni,» disse, «coincidono abbastanza con quelle delle quali la radio continua a parlare nei bollettini meteorologici… con tempeste, burrasche e così via.»

«Sì,» Madeleine annuì, «e una di queste la conosciamo molto bene; un bel miscuglio di elementi scatenati.»

Alzò una provetta denominata «Minch» con aria esitante, come se la temesse. «Il canale tra la Scozia e le Ebridi.»

«Con Thorness sul lato est,» finì Fleming per lei. «E con ciò?»

«Deve essere pur cominciato da qualche parte,» disse Madeleine, «e nelle zone d’origine dovrebbe esserci una maggiore densità di batteri, che non in quelle infestate da poco tempo.»

Fleming la fissò. «Non hai abbastanza prove per poter dire che questa del Minch…»

La Dawnay scosse il capo. «No. Tutti questi campioni erano già infestati al massimo, quando li ho avuti. Non si può dire quale sia stata la percentuale dei batteri quando sono stati tratti dal mare. Per fare un vero controllo, dovrei riuscire a conoscere con esattezza e precisione l’occhio di un uragano, e poi prelevare dei campioni d’acqua immediatamente nella stessa zona di mare. Potrebbe forse venirne fuori una relazione tra queste bestioline ed il cattivo tempo.»

«O forse potrebbe anche non venirne fuori,» disse lui, con giovialità mal simulata. «Stammi a sentire, Madeleine; non dobbiamo diventare troppo immaginosi o morbosi su tutto questo. Raccogliere i dati, isolare i fatti, trarre le conseguenze, questa è la prassi. E, prigionieri come siamo qui, non possiamo fare molto; per quanto, mi pare di aver capito che saresti in grado di fare un’analisi della struttura dei batteri. Ma è abbastanza ovvio, dal brillante modo nel quale ti hanno procurato tutti questi oceani, che la Intel ha qualche idea nella stessa direzione delle tue… e cioè che il tempo è innaturalmente sconvolto. Quello che penso è che tu puoi chiedere tutti i campioni che vuoi, da qui a Timbuctù, o dovunque ci sia un lembo di mare, ed il nostro Kaufmann, pieno di risorse com’è, vi spedirebbe i suoi inservienti con i loro secchielli e le bottiglie per raccoglierne. Tutto quello che puoi fare, per mettere un poco di ordine e di buon senso nella scelta delle fonti che ti servono, è di incollare le orecchie alla radio, quando trasmette i bollettini meteorologici.»

Si accordarono quindi perché uno dei due fosse sempre in ascolto ad ogni bollettino o rapporto sul tempo, e prendesse nota delle zone menzionate.

Le informazioni non furono davvero scarse. Il notiziario di mezzogiorno dava la precedenza alle notizie sul tempo. I primi uragani abbattutisi sulla Gran Bretagna avevano causato morti e distruzioni in grande quantità, da Penzance a Wick. Le linee elettriche erano interrotte a causa dei pali caduti. Intere zone del Lancashire e della East Anglia erano inondate. Il Ministero dell’Aeronautica non nutriva speranze di miglioramento. La pressione barometrica rimaneva la più bassa registrata fuori delle zone tropicali.

Fleming e la Dawnay ascoltarono il notiziario insieme. Non ebbero bisogno di scriverne i dettagli, né voglia di discuterli. Ma, quando una tempestosa folata di vento arrivò improvvisa dal deserto, sollevando piccole spirali di sabbia, accompagnata dai tonfi delle porte che battevano e delle finestre che si chiudevano, entrambi ebbero il lugubre presentimento che stesse accadendo qualcosa di sinistro, più grave di quanto non avesse detto la voce della radio. Il vento era caldo ed asciutto, ma la Dawnay non poté fare a meno di rabbrividire, quando ne fu investita.