Выбрать главу

Quando giunse, il ministro era già nel suo ufficio. Borbottò un saluto indifferente, e tornò alla sua lettura. «Neilson ha mandato ad avvertire che arriverà puntuale,» disse, senza alzare gli occhi.

L’americano arrivò un attimo dopo. Osborne rinunciò ad un saluto troppo caloroso, vedendo la fascia nera che portava al braccio. Neilson sembrava più vecchio; la morte del figlio lo aveva colpito duramente.

Senza nessun preliminare, il ministro dette inizio al colloquio. «Non abbiamo tempo o motivo di fare delle formalità,» disse, «il professor Neilson vuole il tuo aiuto, Osborne.» Fece una pausa, e li guardò in modo enigmatico. «Dato che Neilson è al corrente, a proposito della tua posizione nel disastro di Thorness, non ti dispiacerà se vi faccio riferimento. Per semplificare le cose, ti dirò subito che l’inchiesta è interrotta. Era del tutto inutile, con i due testimoni principali — Fleming e la ragazza — che mancavano. Così, per adesso levati quell’affare di mente. Ora ci troviamo in quello che può essere definito un caso di emergenza nazionale. È stata messa insieme una commissione internazionale con a capo il professor Neilson, ed abbiamo bisogno di qualcuno che ne tenga la segreteria.»

«Preferiremmo lei,» disse Neilson. La sua voce era innaturalmente rauca e forte.

Osborne si volse verso di lui. «Lo sente anche lei, vero?» domandò, «il vento?»

Neilson annuì. «È piuttosto generale, e peggiore sulle colline.»

«Stanno evacuando le Highlands,» disse il ministro, «non lo abbiamo ancora annunciato, ma fa parte di un piano generale. L’aria, alla minima altezza, sta diventando troppo rarefatta perché si possa respirarla.»

Neilson si alzò e si diresse verso una tavola, sulla quale era stata aperta una mappa meteorologica tenuta ferma da spilli che segnavano le posizioni. «Le Alpi ed i Pirenei sono già spopolati,» disse; «vorrebbe venire qui, per favore, signor ministro, e anche lei, Osborne? Vorrei mostrarvi quello che ho potuto accertare finora.»

I due uomini si misero al fianco dell’americano. «La pressione atmosferica sta rapidamente abbassandosi qui intorno,» passò la mano, in una larga curva, dalle Shetlands a Brittany, «come pure in tutti gli altri luoghi dove abbiamo navi meteorologiche e posti di controllo della Marina che siano in grado di fare dei rilievi accurati. In altre parole, la pressione è più bassa sul mare, nel nord Atlantico e nel Mediterraneo. Le indicazioni sono meno gravi per l’Oceano Indiano e per il Pacifico, ma non del tutto negative. Naturalmente, l’aria si sposta per compensazione dalla terra, ed è per questo che si hanno tutte le tempeste e quest’atmosfera sottile.»

«Che cosa vuole che faccia?» domandò Osborne.

«Se ti senti perfettamente bene,» si interpose il ministro. «Non avrai qualche fastidio per la ferita?»

«Sto bene, signor ministro.»

«Bene,» disse Neilson, «ora, come potrà immaginare, i dati che ho potuto raccogliere sono troppo vaghi, troppo sporadici. Vogliamo invece tutte le notizie possibili, raccolte con cura ed analizzate. Tutto ciò richiede una certa organizzazione.»

Il ministro andò verso Osborne e gli mise una mano sulla spalla. «Con questa spiacevole faccenda del sabotaggio che ti pende sul capo, quelli della Sicurezza sono piuttosto contrari al fatto che tu continui ad avere acceso a — be’, mi capisci, vecchio mio? Ma possiamo facilitarti in questo lavoro del clima, e salvare la faccia a tutti. Un po’ specioso, ma pratico.»

Osborne fece un sorriso storto. Ma, prima che potesse dire qualcosa, Neilson aveva cominciato a spiegare quello che voleva. «Dobbiamo fare un lavoro a ritroso su tutte le registrazioni meteorologiche delle ultime cinque o sei settimane. Il suo Ministero dell’Aeronautica ha già procurato alcuni dati preliminari. Per me non c’è dubbio che questa pressione anormalmente bassa sia cominciata in un’area precisa.»

Il ministro tornò verso la mappa. «Ed io ritengo che tu possa indovinare in quale, Osborne,» disse. «È stato qui.» Posò l’indice in mezzo ad un gruppo di spirali. Di fianco al suo dito, le lineette intermittenti della zona di mare chiusa al traffico tagliavano l’area ad oriente: in direzione della rampa di lancio di Thorness. Osborne non fu sorpreso; c’era una specie di fatalità in tutta la faccenda.

«E così, adesso hai un’idea dei canali nei quali il tuo lavoro può immetterti,» disse il ministro con aria rassegnata. «Ma vorrei pregarti con una certa insistenza di rimanere oggettivo. Per un bel po’ di tempo, il tuo lavoro sarà soltanto quello di organizzare un sistema di raccolta dei dati da tutti i paesi. Quelli delle N.U., a New York, hanno proposto un accordo generale per collaborare con il comitato. Non ti verranno detti dei niet o dei non.»

Una violenta folata di vento avvolse l’edificio, gemendo contro le finestre di acciaio che non cedevano. Improvvisamente cessò, come era cominciata. In qualche punto della strada sottostante, dei vetri caddero tintinnando. «La cosa più importante è la rapidità,» disse il ministro.

Per il resto della giornata, Osborne e Neilson lavorarono a rendere possibile un minimo di organizzazione. Si trattava, in gran parte, di istruire tutti i dipendenti e di allacciare le comunicazioni. Quelli del servizio meteorologico, a Bracknell, avrebbero fornito le informazioni. Installarono anche un ponte radio. Le linee normali non erano più abbastanza sicure.

Prima che la notte primaverile cadesse sulla città, il vento aveva cominciato ad aumentare di nuovo. C’erano tutti i segni premonitori di una prossima tempesta, molto più violenta di quella della notte precedente. Osborne rinunciò ad ogni idea di tornare a casa.

Neilson se ne tornò in albergo per cenare, ed Osborne rimase solo. Decise di prendersi un poco di tempo per riposare e riflettere. Il modo in cui ogni nazione, grande o piccola che fosse, aveva espresso la propria ansia di collaborare, era incoraggiante e stimolante. C’era soltanto una piccola macchia, nella lunga lista dei paesi che si erano offerti per aiutare. Ad Osborne pareva strano che, di fronte ad un simile pericolo di fenomeni naturali, la politica interna fosse tenuta ancora in una considerazione così gelosa, nell’Azaran.

Prese il microfono e chiese del funzionario di turno alle comunicazioni nella sezione per il Medio Oriente del Foreign Office. Risposero subito, ma si sentiva male. Il vento aveva scelto proprio quel momento per mettersi a fischiare pazzamente. Osborne dovette urlare la sua richiesta, mentre lo sforzo gli toglieva il fiato.

La risposta giunse ugualmente faticata: «Cercheremo, signore, ma le cose sono complicate. Le linee di comunicazione sono andate al diavolo e sulla radio non si può più contare. Saremo fortunati se riusciremo a mandare un messaggio fuori dalla nostra sede, stanotte, figuriamoci una comunicazione intercontinentale. E, come saprà, signore, laggiù c’è stato un rovesciamento. L’Azaran si è ufficialmente tagliato fuori da tutto.» Un fracasso di vetri rotti sommerse le ultime parole. «La finestra si è staccata,» gridò la voce. «Dio, che notte!»

Il pomeriggio era avanzato, quando Fleming si alzò dal letto e andò a fare la doccia. Una specie di letargia lo stava insidiosamente vincendo, rendendogli possibile lo stare per ore senza far niente, a volte senza nemmeno pensare.

Non credeva certo che Abu avrebbe avuto qualche successo nel cercare di procurargli un colloquio con la Gamboul e ancora meno nel riuscire a stabilire cosa le avrebbe potuto dire, se lo avesse ottenuto. Comunque, nella frustrazione di quel tipo di vita, aveva continuato a fare scommesse con se stesso fin da quando Abu se ne era andato, convincendosi che nei prossimi dieci minuti, o nei dieci minuti che li avrebbero seguiti, sarebbe arrivata una chiamata.

Naturalmente, non era successo. Rinfrescato dalla doccia nel corpo, se non nello spirito, andò verso l’edificio del calcolatore. André era seduta davanti al banco dei controlli, e Kaufmann stava accanto a lei. La ragazza aveva un aspetto impressionante. Fleming ebbe un attimo di esitazione, quando le passò vicino, ma, non essendo stato notato, continuò a camminare per il corridoio.