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«No,» convenne lei, «ma dato che vi sono immischiata — mi piaccia o no — voglio solo dirti che puoi avere fiducia in me, se hai voglia di avere fiducia in qualcuno. Osborne deve essere riuscito ad imbrogliarti, in qualche modo. Poi, tu e la ragazza lo avete distrutto.»

«La ragazza è morta.»

La sua voce si ruppe, cosa che la sorprese. Per sua esperienza, Fleming si emozionava facilmente per i princìpi, gli ideali, le idee sbagliate. Ma raramente per la gente.

«Comunque,» disse quietamente, «non c’è nessuno, nessuno che testimoni contro di te.»

Prima che egli potesse rispondere, Geers era rientrato. Aveva un’aria truce, ma soddisfatta di sé. Il maggiore Quadring aveva raccolto delle informazioni utili.

Deliberatamente, perse tempo sedendosi davanti alla propria scrivania, prima di parlare.

«Bene, Fleming, bene,» abbaiò.

«Bene cosa?» domandò pigramente Fleming.

«Cosa successe quando arrivaste sull’isola?»

Fleming girò intorno alla scrivania. «Perché domandarmelo, quando è ovvio che i soldati gliel’hanno detto? Confermerò ciò che essi hanno senza dubbio raccontato. Entrammo nelle grotte e la persi. Sono grotte molto vaste; non avevamo luce. Lei si avviò verso il fondo, dove c’era l’acqua. Ecco tutto. Povera maledetta ragazzina.»

La Dawnay notò di nuovo che la sua voce si rompeva. «Credevo che tu non avessi dubbi sul fatto che André non era umana,» osservò.

«Abbastanza umana da affogare.»

«È sicuro che cadde nell’acqua?» domandò sospettosamente Geers.

«Certo che ne sono sicuro,» scoppiò Fleming. «Quadring le ha detto che hanno trovato le bende cadute dalle sue mani, no? Oppure è questo il punto che ha dimenticato di riferire nel suo piccolo, prezioso rapporto? O forse gli allegri marines sono così stupidi che non hanno pensato valesse la pena di raccoglierle?»

Geers studiò Fleming in silenzio, prendendo tempo, in modo da essere certo di notare qualsiasi reazione. «Ho delle novità per lei, Fleming; se si tratta di novità, nel suo caso. Si sono calati in quello stagno e lo hanno dragato; non c’è nessun corpo dentro.»

Non poteva esservi dubbio che Fleming fosse sorpreso. «Ma deve esserci!» gridò. «Ho seguito le sue tracce fino a quella parte della grotta. Non lo hanno dragato come si deve. Non ci sono altre uscite, io ho cercato dovunque.»

«Così dice Quadring,» mormorò Geers; la sua disinvoltura se n’era andata. Aveva sperato di provocare una confessione da parte di Fleming. Ma Fleming era evidentemente confuso.

«La ragazza non può andarsene dall’isola e, dato che la sorveglianza è stata costante fino dall’alba, deve ancora essere in qualche parte delle grotte. Andrò a vedere io stesso; è l’unico modo di ottenere che una cosa sia fatta, in questa dannata situazione.»

«La guiderò io,» disse fermamente Fleming.

«No, questo non va bene,» ribatté Geers, «lei è in arresto.»

«Solamente per suo ordine.»

«Lo lasci venire,» intervenne la Dawnay; «lui conosce il posto. E desidera ritrovare André ancora più di lei.»

Geers acconsentì con malagrazia; i due uomini uscirono per andarsi a mettere degli abiti più caldi e gli stivali da acqua. Fleming era stato autorizzato a portare delle torce ed una lanterna speciale, ed a rifornire di combustibile una barca con fuoribordo. Non era passata mezz’ora, e già attraversavano le due miglia di mare agitato che li separavano dall’isola. Nessuno dei due disse parola, durante il viaggio. Geers sedeva aggrappato nel mezzo della barca, fissando la sagoma dell’isoletta rocciosa, che si levava nella nebbia. Fleming sedeva a poppa, reggendo il timone. Accostò l’imbarcazione all’imbarcadero di legno, proprio di fronte all’entrata della grotta.

Geers vagò sulla sabbia fangosa, mentre Fleming tirava a sé la barca nell’acqua bassa. Si arrampicarono poi sulle ripide tavole fino al punto più alto, muovendo verso l’entrata della caverna. Alcuni gabbiani gridarono e si agitarono a questa invasione del loro regno; il silenzio all’interno della grotta creava un magico contrasto con le grida degli uccelli e il ritmico sospiro delle onde che si rompevano.

«È sicuro che questa sia la strada dalla quale è venuto?» domandò Geers, muovendo cautamente in avanti, alla luce ondeggiante della lampada e della torcia di Fleming.

«Certo; questo è il tipo di cosa che si memorizza automaticamente, per essere sicuri di ritrovare la strada d’uscita.»

Diresse il raggio della propria torcia su uno stretto passaggio in discesa, che curvava verso destra. «Questa è la strada per arrivare al vano dove si trova lo stagno. Può vedere le orme dei passi dei marines sulla sabbia.»

Geers cominciò ad inoltrarvisi, illuminando con la lampada la sabbia sconvolta. Si arrestò di scatto, quando si accorse che Fleming non lo stava seguendo. «Dove sta andando?» gridò. Fleming stava dirigendosi verso sinistra. «Sto cercando di dare un’occhiata a quest’altro passaggio; anche qui c’è dell’acqua.»

«Crede che abbiano dragato quella sbagliata?» domandò Geers.

«No; persino Quadring e quell’ufficiale dei marines non sono tanto stupidi.»

Geers si volse. «Non ho capito quale sia la sua idea, ma sto venendo a vedere. Controlleremo dopo il primo stagno.»

Il passaggio scendeva ripido, e l’apertura diventava sempre più stretta. Fleming si era abbassato molto, ed ora stava procedendo decisamente. Geers, cercando di stare al passo con lui, urtò con la punta dello stivale un sasso, e cadde bocconi. Imprecò di dolore, battendo la spalla contro una roccia aguzza.

Fleming si volse, girando verso di lui il raggio della torcia.

«Si è fatto male? È un brutto affare, se non si è mai scesi in una caverna. Aspetti qui, mentre dò un’occhiata allo stagno; non ci starò molto.»

Geers si rialzò goffamente, e tornò indietro di qualche passo, dove il passaggio era più largo. I passi di Fleming echeggiavano attutiti ma distinti lungo le pareti della grotta, divenendo sempre più deboli.

Per un intero minuto, vi fu il freddo, morto silenzio di un mondo senza vita. Poi, alla sua destra, in direzione del vano con lo stagno principale, venne il suono secco e preciso di un sasso che rotolava sulla superficie di pietra. Con un tonfo sordo, cadde nell’acqua. Geers si raggelò istintivamente nell’immobilità, trattenendo il respiro. Con un secondo tonfo, un altro sasso cadde nell’acqua, seguito dal fruscio di molti altri ciottoli più piccoli.

La reazione di Geers fu un miscuglio di paura e di eccitazione. La paura ebbe la meglio. Non osava muoversi. Chiamò Fleming.

La sua voce si levò in falsetto, con una tensione che spinse Fleming a ritornare con tutta la velocità che gli permetteva l’arrampicarsi lungo il passaggio in salita.

«Ehi!» disse. «Che è successo?»

«Non ha udito nulla? Trovato nulla?» interrogò Geers.

«È uno stagno profondo, come l’altro. Credo che si trovi subito dietro la parete di roccia del vano principale. Quando ci sono pozze profonde come queste, nelle caverne, a volte sono collegate tra di loro alla base, come un tubo fatto ad U. Quello che entra da una parte, può uscire dall’altra.»

«Ma è successo?»

Fleming scosse la testa.

«No, ma un corpo potrebbe rimanere trattenuto sul fondo. Faranno meglio a dragare anche la seconda pozza.»

Geers rabbrividì, sebbene nella caverna non facesse freddo come fuori. «Non è una bella morte, nemmeno per una strana creatura,» mormorò. Poi disse ad alta voce: «Ha gettato delle pietre nell’acqua?»

Fleming illuminò con la torcia la faccia dell’altro. «No,» rispose, «perché me lo domanda?»

Proprio in quel momento, si udì di nuovo il debole rumore dei ciottoli smossi. Nell’eco ripetuta di ogni minimo rumore, era quasi impossibile identificare la direzione dei suoni.