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Uscirono insieme dal fabbricato. La zona residenziale era un ammasso di fango e di detriti. Ma le loro case potevano ancora servire da rifugio. Fleming diede la buonanotte a Madeleine e se ne andò verso il proprio bungalow. Le finestre erano state staccate dal vento ed egli poteva vedere, oltre le palme sul davanti, l’edificio dell’infermeria. L’infermiera aveva trovato da qualche parte una lanterna antivento; era l’unica luce nell’oscurità più fitta, una pallida macchia giallastra, che attirava i suoi occhi come una calamita, ipnotizzando il suo cervello. Cadde in un dormiveglia, pensando alla vita che ancora pulsava vicino a quella debole fiamma.

Fu svegliato da Abu Zeki.

«Sono successe tante cose,» disse Abu, lottando per controllare le proprie emozioni. «L’uragano, ieri. È stato terribile, sulle montagne. La mia casa è distrutta.»

Fleming si alzò a sedere. «E la sua famiglia?»

«Lemka e Jan — loro sono vivi. Mia suocera, è morta.» La voce di Abu si ruppe. «Si era buttata per terra con il piccolo sotto di sé, tra le braccia. Quando sono arrivato ho creduto che fossero tutti e due morti. Poi Jan ha cominciato a piangere. Era coperto di sangue. Del sangue di sua nonna.»

«Dov’era Lemka?»

«Nella grotta con il professor Neilson. Era andata a portargli del cibo. Neilson l’ha costretta a rimanere, quando è scoppiato l’uragano. Sono arrivati al villaggio proprio appena avevo ripreso Jan. Temo che Lemka sia molto amareggiata su tutto quello che lei e la professoressa Dawnay… che tutti noi abbiamo fatto qui.»

«Non amareggiata, Abu, soltanto nel giusto.» Fleming sentiva la ben nota sensazione di disperazione afferrarlo. «È inutile dire che mi dispiace. Che ne è di Yusel e di Neilson?»

«Yusel è in salvo, per ora. Era andato a casa mia per parlare sul modo di portare fuori l’antibatterio con il prossimo volo. Ma Kaufmann lo aveva seguito. Lo hanno picchiato. Poi lo hanno riportato a Baleb. Suppongo che sarebbe rimasto ucciso sotto le macerie della casa, se non lo avessero fatto. Subito dopo, mentre stavo sistemando mia moglie ed il bambino nella casa di una vicina, è arrivato in una macchina della Intel. Kaufmann lo aveva rimandato indietro, con una lettera per Neilson. È stato Yusel a darci la notizia che Mam’selle Gamboul era morta.»

«Una lettera per Neilson!» esclamò Fleming. «E che diceva?»

«Kaufmann lo voleva vedere. Gli prometteva che non ci sarebbe stato pericolo per lui. Yusel insisteva sul fatto che doveva essere una trappola, ma il signor Neilson ha detto che voleva andarci. Così l’ho portato con me. Ora sta aspettando che Kaufmann arrivi da Baleb; è nell’edificio degli uffici.»

Fleming si buttò giù dal letto. «Andrò lì anch’io. Sarà bene che venga anche lei, Abu. Se si tratta di uno dei soliti scherzi di pistola di Kaufmann, voglio esserci anch’io.»

Tutti e due corsero verso il fabbricato degli uffici. Nella nitida luce dell’alba, la facciata danneggiata appariva sporca e volgare. Anche nella vasta sala d’ingresso c’erano stati dei danni notevoli, alcuni dei quali erano evidentemente il risultato di un saccheggio, da parte delle sentinelle demoralizzate.

«Kaufmann sarà certamente seduto nella poltrona del capo — nell’ufficio della Gamboul. Sarebbe meglio che lei aspettasse qui, Abu. E ci avverta se arriva qualcuno.»

Corse veloce su per le scale. Una delle doppie porte dell’ufficio del direttore era leggermente socchiusa; Fleming camminò rasente al muro, fino a che non riuscì a sentire le voci.

Quella gutturale di Kaufmann era untuosa e gentile. «L’aereo arriverà da Vienna, io lo spero, professor Neilson,» stava dicendo. «Dovrebbe arrivare molto presto. Il carico sarà fatto immediatamente. Deve aspettarsi un volo molto scomodo, temo. Le condizioni sono piuttosto cattive dovunque.»

«Qualche prova scritta delle sue proposte?» chiese freddamente Neilson.

«Sono riuscito ad ottenere una lettera del presidente,» disse Kaufmann, «il che rende la cosa ufficiale; ma, naturalmente, tutto sarà fatto da noi.»

Questo era proprio il tipo di commercio che Fleming stava aspettando. Spinse la porta ed entrò. Kaufmann alzò gli occhi, sussultò, quindi riprese a parlare come se non l’avesse visto.

«Noi, cioè la Intel, fabbricheremo l’antibatterio e lo venderemo, ma non obbligheremo tutti gli altri esseri umani a stare alle nostre condizioni; questa era l’idea di Fraulein Gamboul. Io l’ho impedita.»

Fleming fece un passo avanti. «Non è nella posizione di dispensare la carità, Kaufmann.»

«E lei non è autorizzato a stare in questo ufficio senza permesso,» ribatté Kaufmann.

«Non ci sono più i soldati dell’Azaran a proteggerla, adesso,» disse Fleming, «e nemmeno un portiere.» Si avvicinò a Neilson, in modo che entrambi si trovarono di fronte al tedesco.

Kaufmann estrasse la scatola dei sigaretti e ne prese uno. Tenne il fiammifero acceso sulla punta più del necessario; la mano gli tremava un poco.

«È inutile mantenere dei vecchi rancori,» disse, spostando il sigaretto. «Si fa quello che è stato ordinato dalla gente per la quale si lavora. Si fa quello che ordinano. Ma, nello stesso tempo, si cerca anche di fare il meglio possibile.» Nella sua voce ci fu un tremito, mentre fissava a disagio i suoi visitatori.

Neilson si alzò, afferrandosi al bordo della scrivania. Le sue nocche erano bianche per la forza con la quale stringeva il legno.

«Lei ha ucciso mio figlio,» disse con calma simulata. «È stato ucciso davanti agli occhi di sua madre ed ai miei, dietro suo ordine. Se ne avessi avuto i mezzi e lei non mi fosse necessario per farmi uscire dal paese, l’avrei ucciso nel momento in cui sono entrato in questa stanza.»

«Per favore!» disse Kaufmann.

«Come è morta la Gamboul?» chiese secco Fleming.

«Il balcone della casa. È caduto. Io ero lì; l’ho visto. Era pazza, completamente pazza. Non ho potuto salvarla.»

«Ci ha provato?»

«No,» gridò il tedesco. «Avrei potuto tirarla dentro la stanza quando il cornicione cominciò a cadere. Ma non l’ho fatto. Ho preferito salvare…»

«…La sua pelle!»

«Il mondo!» Kaufmann si alzò e li fronteggiò con aria di sfida, attraverso la scrivania. Vide un debole sorriso di derisione sul volto di Fleming, e nessun sorriso su quello di Neilson; prima che uno dei due potesse muoversi, girò intorno alla sedia e si lanciò verso una piccola porta che si apriva su di una scala privata. La spalancò, ma arretrò subito. Yusel era lì, senza espressione alcuna in viso, con un curvo pugnale beduino nella mano destra. Kaufmann tornò verso la scrivania. «Non potete mettervi in mezzo in questo modo! Io sto facendo un affare onesto. Sto cercando di aiutare tutti voi!»

Fleming andò verso la finestra. «Il tempo si mantiene,» disse. «L’aereo dovrebbe farcela. Prima che arrivi, lei avrà provveduto a dare l’aiuto del quale parla. Confermerà gli ordini per la partenza del professor Neilson. Si assicurerà bene che l’aereo arrivi a Londra. Questa è l’ultima cosa che ha da fare qui. Cominci.»

Kaufmann ebbe un attimo di esitazione, poi annuì. Prese una penna, poi si chinò verso un cassetto, come per cercare della carta.

Si era mosso ad una velocità sorprendente; si raddrizzò con una pistola in mano, e retrocedette verso la porta.

«Non è la vostra partita, signori,» li sfidò, «fareste meglio a lasciar perdere.» Si volse e scese di corsa le scale.

Fleming e Neilson gli furono immediatamente dietro, ma il tedesco aveva un poco di vantaggio, ed arrivò correndo al piano di sotto. Il grido di avvertimento di Fleming coincise con il rimbombare di un colpo di pistola. Abu cadde rannicchiato a terra. Ma lo slancio di Kaufmann nella corsa era stato tale, che non riuscì a fermarsi in tempo e piombò a testa in avanti sul corpo della sua vittima.