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«Eccolo di nuovo. Quel rumore. Sassi smossi,» sussurrò Geers.

«Spostati prima da me, e continuano a cadere. Succede sempre.»

Geers non era soddisfatto. Mosse un passo o due nel passaggio di destra, alla luce ondeggiante della lampada, che saltellava da una parete all’altra. Nel vano dello stagno, le rocce erano grigie ed umide; qua e là, alcune piriti brillavano, ogni volta che cadeva su di loro il raggio di luce.

Anche Fleming riaccese la sua torcia, e il raggio, traversando lo stagno, raggiunse la parete opposta della grotta, dove la roccia formava una curva dolce, seguendo il bordo dell’acqua. In un piccolo recesso, la luce mostrò, illuminandola, una macchia bianca.

«Che cos’è?» sussurrò Geers, afferrando il braccio del compagno.

Fleming scrollò da sé la mano di Geers e si mosse. Il raggio della torcia penetrò meglio nel crepaccio.

«Che cos’è?» ripeté affannosamente Geers.

«Lei, naturalmente. Mi dia una mano per tirarla fuori di lì.»

Fleming cominciò ad avvicinarsi, cercando cautamente dei punti d’appoggio sulla roccia liscia. Geers non lo seguì.

«Almeno mi faccia luce, in modo che possa vedere qualcosa,» gridò Fleming irritato.

Quando raggiunse André, pensò che fosse morta. Il suo vestito era inzuppato ed appiccicato al corpo. Fleming la sentì fredda come la pietra, quando le mise le mani sotto la vita e dietro le spalle, per cercare di sollevarla o di trascinarla.

Sebbene l’operazione fosse difficile, non poté non rendersi conto di quanto leggero fosse il suo peso, e come sembrasse fragile il corpo creato dall’uomo di questa foemina sapiens.

Delicatamente, la depose sulla sabbia ai piedi di Geers, appoggiandosi alla parete di roccia per riprendere fiato. Geers rimaneva immobile, come folgorato.

«È… è…» mormorò, deponendo la lampada sulla sabbia, in modo da illuminare il volto della ragazza. Come una dea morta, ella giaceva bionda, sottile e bella nel suo pallore. Fleming si inginocchiò e le sollevò una palpebra; l’iride azzurra sembrava senza vita; non vi furono contrazioni visibili, quando la luce vi cadde sopra. Le afferrò il polso freddo come il ghiaccio, per cercarne le pulsazioni. Sentì un lievissimo tremito, ma non fu sicuro se fosse un’illusione delle proprie dita, o la prova che André viveva ancora.

«Non sono un dottore, così non posso essere certo, ma mi sembra di sentire un battito. Una volta lei disse di avere un cuore costruito meglio di quello umano.»

Di nuovo, le mise le mani dietro le spalle, e la sollevò, mettendola a sedere. Ma quando la parte superiore del corpo della ragazza fu in posizione eretta, la testa ricadde in avanti. Si udì un gemito sordo.

«È viva,» gridò Geers esultante.

«Già.» Con la mano libera, Fleming frugò nella tasca della giacca, e ne tirò fuori una fiaschetta.

«Prova un sorso di questa bomba, bambina mia,» disse, e con i denti svitò il tappo.

«Non dovrebbe obbligarla a bere dell’alcool. È un errore che…»

«Al diavolo le sue regole di pronto soccorso da boy-scout! Su, amore, è McCoy autentico.»

Fece scorrere qualche goccia di whisky fra le labbra pallide e contratte di André.

Senza osare muoversi, i due uomini attesero la reazione. Questa venne lentamente; le labbra si distesero e si aprirono un poco, e la punta della lingua si mosse tra loro.

Fleming le scostò delicatamente le ciocche bionde e bagnate dalla fronte; fu ripagato da un breve vibrare delle palpebre.

«Così, così,» le mormorò all’orecchio, «ora prova a inghiottirne un buon sorso.» Spinse il collo della fiaschetta tra le labbra di lei, contro i denti, facendone scendere circa un cucchiaio di liquore.

André sussultò, ne sputò una parte, poi inghiottì. Fleming sentì che il corpo si rilassava contro il suo braccio.

«Come è arrivata qui?» domandò Geers.

«Deve esserci un sifone, tra i due stagni. Sarà caduta in uno e riemersa nell’altro. Dio solo sa come ha potuto aggrapparsi alla sponda e tirarsi su. Con queste ferite.»

Accennò alle mani di André, che giacevano vicine sul grembo. Gonfie in modo grottesco e senza colore, avevano il dorso e le nocche bianchi ed enfiati, in orribile contrasto con la carne viva delle dita, bruciata dallo scoppio del calcolatore.

Geers rabbrividì. «Possiamo portarla fuori di qui?» chiese dubbioso. «Dovremmo portarla a terra più presto possibile. Poi riusciremo forse a scoprire la verità, in tutto quest’affare.»

L’impazienza nel tono di Geers infuriò Fleming. «Facciamo un riposino, che ne dice? Questa ragazza è mezzo morta, e tutto quello che riesce a pensare è di sbatterla da una parte all’altra.»

Ebbe la sensazione che André capisse in parte quello che stavano dicendo; il suo corpo si era irrigidito, ed aveva fatto un patetico tentativo di sfuggire alle sue braccia.

Goffamente, Fleming lottò per sfilarsi il giaccone imbottito senza smettere di sorreggerla, e riuscì a porglielo sulle spalle.

«Adesso stai bene,» la rassicurò, «è tutto finito. Ce ne andremo a fare una lunga vacanza bellissima. Sai chi sono, vero?»

Gli occhi velati si aprirono di più e lo fissarono. Impercettibilmente, ella annuì.

Fleming si sentì ridicolmente felice. «Perfetto! Ora ti sostengo io. Tieni le mani dove sono, così non saranno toccate. Andiamo!»

Geers non fece nessun tentativo per aiutare. Stette a guardare Fleming mentre afferrava André e la sollevava come un bambino, bilanciando il peso finché sentì di tenerla saldamente, con la testa appoggiata alla sua spalla.

Soddisfatto all’idea di andarsene finalmente, Geers si chinò a raccogliere la lanterna. Fleming era proprio dietro di lui. Con un rapido colpo di stivale, mandò Geers a faccia in avanti, quindi dette un calcio alla lampada. Si udì un tintinnio, quando il vetro batté sulla roccia e la luce si spense.

Fleming rise forte. «Tienti forte, tesoro, ce ne andiamo,» sussurrò ad André. Mezzo piegato per non battere contro il soffitto di pietra, si lanciò in avanti alla luce saltellante ed incerta della propria torcia. Le urla di terrore e di rabbia di Geers echeggiavano dietro di lui.

Fleming raggiunse l’uscita della grotta avendo battuto solo una volta violentemente le spalle contro la roccia. Per arrivare alla barca, vi era una distanza di una trentina di metri. Notò con soddisfazione che la marea era cambiata, e che la poppa dell’imbarcazione era immersa nell’acqua.

Camminava già nell’acqua alta, quando Geers uscì inciampando dalla bocca della caverna, strillando il nome di Fleming, e alternando minacce di punizione ad invocazioni per essere aspettato.

Fleming depose André sul fondo della barca. Essa ebbe un gemito doloroso, quando uno degli scalmi le sfiorò le mani.

Fleming si chinò sul motore. Se solo quel dannato aggeggio fosse partito al primo colpo. I fuoribordo fanno i capricci, fino a che non si sono scaldati. Si obbligò a controllare l’aria ed il combustibile, prima di tirare la cordicella dell’avviamento. Vi diede uno strappo con tutta la sua forza; il motore si accese con uno scoppio secco ed isolato, tossicchiò un poco e quindi si avviò con ritmo regolare.

Con un calcio che gli riempì lo stivale d’acqua di mare, Fleming si staccò dall’imbarcadero. Ancora un paio di metri, e ci sarebbe stato lo spazio per virare. Mise il motore a tutta forza, e l’imbarcazione sfrecciò verso l’alto mare. Geers rimase fermo e impotente con l’acqua fino alle ginocchia, agitando le braccia e borbottando incoerentemente delle imprecazioni. Fleming non si dette la pena di volgersi a guardarlo.

Il mare era abbastanza calmo per il tratto che l’isola proteggeva dalle onde dell’oceano. Ne approfittò per controllare la riserva di benzina ed avvolgere meglio la giacca attorno alle spalle di André. Ella sembrava addormentata, o ricaduta in uno stato di incoscienza.

La barca avanzava obliquamente, a causa della corrente, assai forte nel punto più stretto tra l’isola e là costa. Proseguendo in quella direzione, Fleming stava semplicemente compiendo il viaggio di ritorno, verso il molo di Thorness. La fuga sconsiderata non aveva avuto un motivo reale. Il suo obiettivo era stato semplicemente di portare André lontana da Geers, e da tutto quello che egli rappresentava di inquisitivo, efficiente, freddo e senza pietà.