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Ed era proprio la prospettiva di un potere illimitato che spingeva Salim a passeggiare ininterrottamente nel suo studio, in quella grigia sera d’inverno. Stava diventando piuttosto fiacco, a forza di vivere comodo e di lavorare al tavolino. Il grasso cominciava a depositarsi sui suoi fianchi e intorno al mento, sotto la sua bella faccia bruna. Tuttavia, si sentiva ancora abbastanza giovane. Non era soltanto la vanità a suggerirgli di essere tuttora un uomo notevole.

Si volse vivacemente quando sentì un cameriere entrare ed annunciare che Herr Kaufmann desiderava vederlo.

«Lo faccia entrare,» ordinò Salim. Svelto, sedette alla propria scrivania ed aprì una cartella.

Il cameriere tornò con il visitatore. Kaufmann era alto, e si teneva rigidamente eretto. Salim riconobbe il portamento da militare; probabilmente un ex giovane ufficiale nazista oppure un ex sergente, probabilmente in un reggimento di prim’ordine delle S.S. A Salim questo non importava. C’era stata un’occasione, nel lontano 1943, in cui egli aveva fiduciosamente assicurato ad un emissario di Rommel che, quando i tempi fossero stati maturi, avrebbe saputo portare l’esercito dell’Azaran dalla parte dei tedeschi.

«Signor Kaufmann!» esclamò, porgendogli la mano, «si metta comodo.» Salim era piuttosto orgoglioso della propria padronanza delle forme gergali inglesi. Suscitavano un atteggiamento amichevole, egli ne era convinto.

Kaufmann si inchinò leggermente con il solo tronco, e sorrise. I suoi chiari occhi celesti, ingranditi dalle spesse lenti non cerchiate degli occhiali d’oro, stavano considerando ed approvando tutto, sulla scrivania e nella stanza.

Continuò a sorridere, mentre mormorava deferente che gli era stato ordinato dai suoi superiori di assistere l’ambasciatore.

«Quelli della Intel,» annuì Salim, «che altro le hanno, detto?»

Kaufmann gli rese lo sguardo senza battere ciglio. «Niente altro, Eccellenza.»

Salim gli porse una scatola d’argento, pesantemente lavorata. «Vuol fumare?»

L’altro trasse un pacchetto dal taschino interno della giacca: «Questo, se non le dispiace.» Scelse un piccolo sigaro quasi nero, e lo accese.

Salim si alzò e traversò la stanza, andando verso un tavolino, sul quale erano in mostra alcune fotografie dell’Azaran.

«Le interessa l’archeologia, signor Kaufmann?» domandò. «Da noi c’è una particolare abbondanza di rovine: templi greci, stadi romani, moschee turche, castelli di crociati, trincee anticarro inglesi. Sono tutti passati da noi.» Volse gli occhi verso Kaufmann. «E ora la Intel. I suoi superiori cominciano a provare un profondo interesse per il mio piccolo ed inoffensivo paese.»

Kaufmann emise una nuvola di fumo, che investì Salim; questi fece un gesto di fastidio. «E se i nostri impiegati stessero davvero tenendo aggiornate le loro informazioni commerciali? Come fanno di solito, si intende. Questo sarebbe importante per voi?»

Salim abbassò la voce. «Non è cosa nuova che degli interessi industriali finanzino un paese ribelle. E noi proponiamo di rompere con gli interessi del petrolio britannico, signor Kaufmann. Il loro operato non è stato molto brillante. Noi crediamo che voi possiate offrire qualcosa di più del petrolio.»

Kaufmann scosse pensosamente la cenere dalla punta del suo sigaretto.

«E per noi, quali garanzie?» chiese.

Salim si stropicciò le mani. «Siamo franchi. Voi siete un’organizzazione commerciale. Probabilmente la più grande impresa commerciale mai esistita. Quali siano veramente i cartelli ed i gruppi implicati con voi, nessun governo occidentale è stato capace di scoprirlo. Holdings, compagnie, trattative segrete, accordi privati, monopoli apparenti, uffici registrati in paesi piccoli e tolleranti. Ma che bisogno ho di dirle tutto ciò? Lo sa. Sa anche che, con il Mercato Comune e la crescente tendenza dei governi a collaborare, l’organizzazione della Intel avrà più difficoltà a proseguire nella sua maniera privata. Nessuno ama molto le imprese di tanto successo.»

«Questo può essere vero,» acconsentì Kaufmann.

«Le vostre sedi conosciute sono in Svizzera,» continuò Salim. «Ho letto l’altro giorno con interesse come, sia il Cantone che il Governo Federale, stiano diventando impazienti sulla questione delle tasse sui redditi. Si è anche accennato a leggi che permettano di indagare più a fondo sui conti, e così via. Sembra che i vostri direttori si incontrino di solito a Vienna, capitale di un paese tollerante e non compromesso. Ma l’Austria non vorrebbe — né potrebbe — rischiare di ignorare le pressioni dei suoi potenti vicini. Voi siete, in realtà, un’organizzazione senza dimora.»

Kaufmann non sembrò impressionato. «Abbiamo sedi in almeno sessanta paesi; e grande influenza in altrettanti.»

«Le vostre sedi sono semplicemente uffici commerciali, innocui e politicamente irrilevanti. La vostra influenza è piuttosto in pericolo.»

Salim si mosse verso la carta del Medio Oriente, che copriva metà della parete principale dello studio. «Quella piccola zona di colore rosso è il mio paese. Esso potrebbe divenire la casa-dolce-casa della Intel. Nessuna interferenza. In cambio, soltanto degli esperti che ci aiutino nei nostri piani.»

Di nuovo, Salim si sedette. «Che cosa sa di Thorness?»

Kaufmann ponderò qualche attimo.

«Thorness?» ripeté, come se la parola non avesse per lui alcun significato.

Salim ebbe un gesto di impazienza. «Sono informato del fatto che per molto tempo siete stati in contatto con la stazione sperimentale del governo britannico a Thorness. Non ufficialmente, s’intende. Ho idea che possiate persino spiegare la disgraziata fatalità toccata ad uno degli scienziati di laggiù, chiamato Bridger; ma non importa. Ho menzionato questo fatto per mostrarle che non manco di essere al corrente delle vostre normali attività.»

«Non sono più normali,» grugnì Kaufmann, «la stazione è stata virtualmente distrutta. Il calcolatore e tutto quello che lo riguardava è stato fatto saltare in aria e bruciato. Questo, ad ogni modo, è quanto ho potuto accertare io.»

«Fatti saltare?»

Salim era fuori di sé; le sue maniere da corte di San Giacomo sparirono ed egli agitò le mani per scacciare il fumo del sigaro. Sembrava che una violenza latente fosse esplosa in lui.

«Per cortesia, faccia a meno di fumare quella roba nauseabonda, finché è qui. Se proprio vuole, vada a fumarli alla toletta.»

Il suo visitatore spense obbedientemente il sigaretto. Sembrava del tutto impermeabile agli insulti. «No, grazie,» disse, dopo aver accuratamente spento la brace. «Ma forse desidera interrompere il colloquio?…»

Salim guardò le carte sulla propria scrivania; tutto era cambiato improvvisamente, e quello che ora ci si aspettava da lui era qualcosa che capiva bene: azione. Rilesse una copia del rapporto contenente la valutazione dei fatti che aveva dettato pochi giorni prima. Un sorriso vagò sulle sue labbra; dopotutto, gli dèi stavano forse lavorando a suo favore, nel loro modo misterioso, persino con il disastro di Thorness.

«C’è una certa professoressa Madeleine Dawnay, laggiù alla stazione,» disse. «Le offriremo immediatamente un lavoro di ricerca biochimica per il nostro governo. E c’è anche un certo professor Fleming.»

«Una persona difficile, Herr Doktor Fleming,» mormorò Kaufmann, «non mi sorprenderebbe se fosse in qualche modo coinvolto in questa tragedia dell’economia britannica.»

«Davvero,» disse pensosamente Salim. «Ad ogni modo, sarà d’accordo nel riconoscere che possiede un’intelligenza brillante. Le mie informazioni dicono che egli è stato il supervisore, nella costruzione del calcolatore.»

«È vero,» annuì Kaufmann, «Fleming ha un cervello astuto ed immaginoso. Alla maggior parte dei suoi colleghi non piace affatto.»