Una parola di Ayrton bastò a illuminarli.
«Il Duncan!» mormorò egli.
«Il Duncan!» fece eco Cyrus Smith. E, alzando le braccia al cielo, esclamò:
«Ah! Dio onnipotente! Tu hai, dunque, voluto che fossimo salvati! Il Duncan, infatti, lo yacht di lord Glenarvan, allora comandato da Robert,»
il figlio del capitano Grant, era stato spedito all’isola di Tabor per cercarvi Ayrton e rimpatriarlo, dopo dodici anni d’espiazione!…
I coloni erano salvi, erano già sulla via del ritorno!
«Capitano Robert,» domandò Cyrus Smith, «chi ha potuto suggerirvi l’idea, dopo aver lasciato l’isola di Tabor, dove non avete più trovato Ayrton, di fare rotta nordest per cento miglia?»
«Signor Smith,» rispose Robert Grant «è stato per venire a cercare, non solamente Ayrton, ma voi e i vostri compagni!»
«Me e i miei compagni?»
«Certamente! All’isola di Lincoln!»
«L’isola di Lincoln!» esclamarono a una voce Gedeon Spilett, Harbert, Nab e Pencroff, al colmo dello stupore.
«Come conoscete l’isola di Lincoln?» domandò Cyrus Smith «se quest’isola non è nemmeno indicata sulle carte?»
«L’ho conosciuta per mezzo dello scritto che avete lasciato all’isola di Tabor» rispose Robert Grant.
«Uno scritto?» esclamò Gedeon Spilett.
«Certo, ed eccolo» rispose Robert Grant, presentando un documento, che indicava in longitudine e in latitudine la posizione dell’isola di Lincoln, «residenza attuale di Ayrton e di cinque coloni americani».
«Il capitano Nemo!…» disse Cyrus Smith, dopo aver letto lo scritto e riconosciuto ch’era della stessa mano che aveva vergato il documento trovato al recinto.
«Ah!» disse Pencroff «era stato lui, dunque, che aveva preso il nostro Bonadventure, lui che s’era arrischiato, solo, fino all’isola di Tabor!…»
«Per depositarvi questo foglio!» rispose Harbert.
«Avevo proprio ragione di dire» esclamò il marinaio «che anche dopo morto, il capitano ci avrebbe reso un ultimo servigio!»
«Amici,» disse Cyrus Smith, con voce profondamente commossa «che il Dio di tutte le misericordie riceva l’anima del capitano Nemo, nostro salvatore!»
I coloni, a quest’ultima frase di Cyrus Smith, s’erano scoperti, mormorando il nome del capitano.
In quel momento, Ayrton, avvicinandosi all’ingegnere, gli disse semplicemente:
«Dove bisogna depositare questo cofanetto?»
Era il cofanetto che Ayrton aveva salvato, con pericolo della propria vita, nel momento in cui l’isola s’inabissava e che fedelmente rimetteva ora nelle mani dell’ingegnere.
«Ayrton! Ayrton!» disse Cyrus Smith, con profonda emozione. Poi, rivolgendosi a Robert Grant:
«Signore,» soggiunse «dove avevate lasciato un colpevole, ritrovate un uomo, che l’espiazione ha rifatto onesto e al quale sono fiero di porgere la mano!»
Robert Grant fu allora messo al corrente della strana storia del capitano Nemo e dei coloni dell’isola di Lincoln. Poi, fatto il rilevamento di quel che rimaneva di quello scoglio, che doveva, d’allora in poi, figurare sulle carte del Pacifico, diede l’ordine di virare di bordo.
Quindici giorni dopo i coloni sbarcavano in America e ritrovavano la loro patria pacificata, dopo la terribile guerra, che aveva portato al trionfo della giustizia e del diritto.
Delle ricchezze contenute nel cofanetto lasciato in eredità dal capitano Nemo ai coloni dell’isola di Lincoln, la massima parte fu impiegata nell’acquisto di un vasto dominio nello Stato dello Iowa. Una sola perla, la più bella, fu tolta da quel tesoro e inviata a lady Glenarvan, a nome dei naufraghi rimpatriati dal Duncan.
E là, su quel possedimento, i coloni chiamarono al lavoro, vale a dire alla fortuna e alla felicità, tutti coloro cui avevano desiderato di offrire l’ospitalità dell’isola di Lincoln. Ivi fu fondata una vasta colonia, alla quale diedero il nome dell’isola scomparsa nelle profondità del Pacifico. V’era un fiume e fu chiamato Mercy, una montagna, che prese il nome di Franklin, un laghetto, che fu il lago Grant, delle foreste, che divennero le foreste del Far West. Era come un’isola in terraferma.
Là, sotto la guida intelligente dell’ingegnere e dei suoi compagni, tutto prosperò. Non uno degli antichi coloni dell’isola di Lincoln mancava, perché avevano giurato di vivere sempre insieme; Nab, là dove era il suo padrone; Ayrton, pronto a sacrificarsi in ogni occasione; Pencroff, più agricoltore di quanto fosse mai stato marinaio; Harbert, che perfezionò i suoi studi, sotto la guida di Cyrus Smith; e Gedeon Spilett, anche lui, che fondò il «NewLincoln Herald», il quale fu il giornale meglio informato del mondo intero.
Là, Cyrus Smith e i suoi compagni ricevettero parecchie volte la visita di lord e di lady Glenarvan, del capitano John Mangles e di sua moglie, sorella di Robert Grant, di tutti coloro che erano stati protagonisti nella doppia storia del capitano Grant e del capitano Nemo.
Là, insomma, tutti furono felici, uniti nel presente, com’erano stati uniti nel passato. Ma non dimenticarono mai l’isola, sulla quale erano arrivati poveri e nudi, l’isola che durante quattro anni era bastata a tutte le loro necessità e di cui non rimaneva ormai che un masso di granito battuto dalle onde del Pacifico, tomba di colui ch’era stato il capitano Nemo!
FINE DELLA TERZA E ULTIMA PARTE
SPIEGAZIONE DEI TERMINI MARINARESCHI USATI IN QUESTO LIBRO
Abbrivare, abbrivo — L’iniziarsi del moto di una nave. Accelerare.
Alare — Tirare con forza un cavo per portarlo alla tensione voluta o per sollevare un peso.
Albero — Fusto di abete, di pino o di ferro che serve a sostenere i pennoni e le vele delle navi a vela. Sui velieri, quando gli alberi sono più di uno, hanno il seguente nome:
1. Bompresso: l’albero non verticale che sporge di prora e destinato a sostenere il lato inferiore dei fiocchi.
2. Trinchetto: il primo albero verticale a cominciare dalla prora.
3. Albero di maestra: l’albero più alto di tutti al centro della nave.
4. Albero di mezzana: l’albero a poppa della maestra.
5. Palo: è il nome che prende la mezzana quando non ha vele quadre, ma solo vele àuriche e in generale l’albero poppiero di una nave a vele quadre quando sia guarnito di vele àuriche. Gli alberi destinati a portare vele quadre sono costituiti in tre pezzi che hanno i seguenti nomi, a seconda degli alberi cui appartengono:
TRONCO MAGGIORE DEL BOMPRESSO — ASTA DI FIOCCO — ASTA DI CONTROFIOCCO. TRONCO MAGGIORE DI TRINCHETTO — ALBERO DI PARROCCHETTO — ALBERETTO DI TRINCHETTO O ALBERETTO DI VELACCINO.
TRONCO MAGGIORE DI MAESTRA — ALBERO DI GABBIA — ALBERETTO DI MAESTRA O ALBERETTO DI GRAN VELACCIO.
TRONCO MAGGIORE DI MEZZANA — ALBERO DI CONTROMEZZANA — ALBERETTO DI MEZZANA O ALBERETTO DI BELVEDERE. Nei punti di congiunzione degli alberi verticali vi sono dei terrazzini. Quelli più bassi si chiamano coffe e quelli più alti crocette o barre. Gli alberi sono tenuti fissi e assicurati allo scafo mediante un sistema di tiranti, generalmente in cavo di acciaio. Quelli che fissano lateralmente e alquanto verso poppa i tronchi maggiori e gli alberi di gabbia si chiamano sàrtie. Quelli che fissano allo stesso modo gli albereta si chiamano paterazzi. Si chiamano stralli quelli che sostengono gli alberi verso prora.
Ammainare — Far discendere qualsiasi oggettosospeso a cavi (vele, bandiere, pennoni, imbarcazioni, ecc.).
Ancora — Strumento di ferro con raffi uncinati per far presa sul fondo del mare e trattenere la nave mediante catene o gomene.
Ancoraggio — Tutti gli specchi d’acqua dove è conveniente ancorarsi, perché riparati dal vento, dal mare, e con buon fondo per la presa delle ancore.