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La nube oscura attenuò leggermente la sua morsa, e Cazaril avvertì uno strano brivido, come se l’ombra di un predatore fosse volata sopra di lui e poi si fosse allontanata, insoddisfatta. «Una discrezione ammirevole», fu pronto a sottolineare, con estremo sollievo.

Quasi saltellando per l’impazienza, il paggio aprì la porta per il Provincar, che uscì in tutta fretta.

«Lord Cazaril, com’è andato il vostro viaggio?» domandò subito Betriz, approfittando di quella pausa. «Avete un’aria così… stanca.»

«È stata una lunga, spossante galoppata, però tutto è andato abbastanza bene», replicò Cazaril, con un sorriso.

«Credo che dovremo convocare Ferda e Foix, perché ci dicano qualcosa di più», commentò Betriz, aggrottando le sopracciglia scure. «Senza dubbio, il viaggio non può essere stato monotono come voi lo descrivete.»

«Ecco… Abbiamo avuto qualche problema con alcuni briganti, sulle montagne… Opera di dy Jironal, ne sono certo, e Bergon se l’è cavata molto bene. Quanto alla Volpe, le cose sono andate meglio di come mi aspettassi, per un motivo che non avrei mai potuto prevedere.» Si protese in avanti sulla sedia e, abbassando la voce, proseguì: «Ricordate quel mio compagno di remo, sulle galee? Ve ne ho parlato… Danni, quel ragazzo di buona famiglia…»

«È una cosa difficile da dimenticare», commentò Iselle, mentre Betriz annuiva.

«Ebbene, non avevo capito quanto fosse nobile la sua nascita. Danni è il nome che Bergon ha assunto per occultare la propria identità ai suoi catturatori. Il suo rapimento è stato un complotto ordito dal defunto Erede di Ibra. Quando sono arrivato alla corte ibrana, Bergon mi ha riconosciuto… Mentre lui era così maturato e cresciuto da essere quasi irriconoscibile.»

Per un momento, Iselle non riuscì a parlare per lo stupore e socchiuse le labbra. «Di certo è stata la Dea a inviarvi da me», sussurrò poi.

«Sì», convenne Cazaril, sia pure con riluttanza. «È la conclusione cui sono giunto io stesso.»

«Come farò a riconoscerlo?» domandò Iselle, lanciando un’occhiata alle porte e torcendosi le mani in grembo. «È… avvenente?»

«Non so in base a quali criteri le dame giudicano queste cose…» cominciò Cazaril.

In quell’istante, le porte si spalancarono e una piccola folla si riversò nella sala: paggi, cortigiani, dy Baocia e sua moglie, Bergon, dy Sould e dy Tagille, con Palli dietro tutti. Anche gli ibrani avevano fatto un bagno e sfoggiavano gli abiti migliori che erano riusciti a portarsi appresso… completati, Cazaril ne era certo, da alcuni elementi presi a prestito. Sorridente, ma con una certa ansia, Bergon spostò lo sguardo da Betriz a Iselle, appuntandolo infine su quest’ultima. La Royesse, invece, scrutò i volti dei nuovi arrivati, indugiando sui tre ibrani con un po’ d’inquietudine.

Sfruttando la propria alta statura, Palli si fermò alle spalle di Bergon e lo indicò, sillabando in silenzio: «È questo». Immediatamente, gli occhi azzurri di Iselle si rasserenarono e il suo volto pallido si soffuse di un colore rosato. «Mio signore Bergon dy Ibra… benvenuto a Chalion», disse, con un lieve tremito nella voce, protendendo le mani.

«Mia signora Iselle dy Chalion, dy Ibra vi ringrazia», rispose Bergon, con voce altrettanto ansiosa, avanzando verso di lei. Poi piegò a terra un ginocchio, baciandole le mani, e Iselle chinò il capo per baciare le sue.

Rialzatosi, Bergon presentò a Iselle i suoi compagni, che s’inchinarono adeguatamente. Con un leggero stridere di legno sulle piastrelle, il Provincar e l’Arcidivino provvidero a portare una sedia per Bergon, sistemandola accanto a quella di Iselle, dalla parte opposta rispetto a Cazaril. Prendendo il sacchetto di cuoio che dy Tagille gli porgeva, Bergon ne estrasse il proprio regale dono di fidanzamento. Si trattava di una splendida collana di smeraldi, uno dei pochi gioielli appartenuti alla madre che la Volpe non avesse impegnato per finanziare le proprie truppe; quanto ai cavalli bianchi, purtroppo erano ancora in viaggio, da qualche parte. Bergon voleva portarle in dono una collana di perle bianche ibrane, ma, dietro consiglio di Cazaril, aveva invece scelto gli smeraldi.

Dy Baocia pronunciò un discorso di benvenuto, che sarebbe stato molto più lungo se la zia di Iselle, cogliendo lo sguardo della nipote, non avesse approfittato di una delle pause del marito per invitare tutti i presenti nella stanza accanto, dov’era stato preparato un rinfresco. I due giovani vennero così lasciati liberi di parlare in privato, la testa dell’uno accanto a quella dell’altra, le voci troppo basse per poter essere sentite dai curiosi che indugiavano vicino alle porte aperte e facevano spesso capolino nella stanza, per vedere come procedevano le cose. Cazaril era uno di essi: dalla sua sedia, continuava ad allungare ansiosamente il collo, sbocconcellando nel frattempo qualche pasticcino e mordicchiandosi le nocche per la tensione. Talvolta le voci dei due giovani salivano di tono, per ritornare però subito ad abbassarsi; in risposta a un gesto di Bergon, Iselle scoppiò poi a ridere e per tre volte trattenne il respiro, portandosi le mani alle labbra e sgranando gli occhi. Quando Iselle si protese in avanti e abbassò ulteriormente la voce, parlando con fare estremamente serio, Bergon l’ascoltò con la massima attenzione, senza mai distogliere lo sguardo dal suo volto, tranne in due occasioni in cui scoccò un’occhiata a Cazaril, cosa che indusse sia il giovane sia Iselle a parlare in tono ancora più sommesso.

Lady Betriz raggiunse Cazaril e gli porse un bicchiere di vino annacquato, rispondendo con un cenno del capo alle sue parole di ringraziamento. Lui non aveva infatti avuto dubbi su chi avesse pensato a fargli trovare pronti al suo arrivo il bagno caldo, i servitori a disposizione, il cibo e gli abiti di ricambio. Nella luce delle candele, la carnagione della dama aveva un fresco colore dorato, e appariva liscia e giovane, ma l’abbigliamento da lutto e i capelli raccolti sulla nuca le conferivano un’aria di matura eleganza, indicando come la sua ardente energia fosse ormai prossima a trasformarsi in potere e saggezza…

«Quale situazione vi siete lasciate alle spalle a Valenda?» domandò Cazaril.

«Tesa», rispose Betriz, mentre il suo sorriso si appannava. «Speriamo però che l’ansia diminuisca, adesso che Iselle non è più là. Di certo, dy Jironal non oserà far ricorso alla violenza con la vedova e la suocera del Roya Ias.»

«Hmm… non subito, certo. Tuttavia, non appena la disperazione prenderà il sopravvento, tutto sarà possibile.»

«Sono d’accordo… Perlomeno, se si arriva a quel punto, la gente smette di discutere su cosa sia o non sia possibile…»

«Come avete fatto a fuggire?» chiese Cazaril, ripensando alla folle cavalcata notturna delle due donne, che aveva così bruscamente modificato i suoi piani.

«Ecco, sembra che dy Jironal fosse convinto che il suo spiegamento di forze ci avrebbe spaventati al punto d’indurci a rimanere trincerati nel castello… Vi lascio immaginare come abbia preso la cosa la Provincara. Le spie da lui intrufolate nel seguito di Iselle sorvegliavano di continuo lei, ma non me, quindi, con Nan, siamo scese spesso in città con la scusa di piccole commissioni legate all’andamento domestico del castello. In realtà, ci guardavamo intorno, notando così che le difese degli uomini del Cancelliere erano tutte rivolte all’esterno, pronte a respingere eventuali soccorritori. Inoltre, nessuno poteva impedirci di recarci al Tempio, dove Lord dy Palliar si era stabilito, a pregare per la salute di Orico. Per qualche tempo, siamo diventati tutti molto devoti», sorrise, ma ritornò subito seria. «Poi la Provincara è venuta a sapere, non so da quale fonte, che il Cancelliere aveva inviato il suo figlio minore e un contingente di cavalleria a prelevare Iselle per riportarla in tutta fretta a Cardegoss, in quanto Orico era in agonia. Poteva anche essere vero… tuttavia era una ragione in più perché Iselle evitasse di finire nelle mani di dy Jironal. A quel punto, la fuga è diventata una necessità, e abbiamo messo in atto il nostro piano.»

Palli si era avvicinato per ascoltare, seguito di lì a poco anche da dy Baocia.