Betriz scoccò un’occhiata al suo ventre, poi spostò lo sguardo verso la parte opposta del cortile e assunse un’espressione cocciuta. «Non ritengo che essere… infestato da un fantasma sia contagioso. O credete forse che io manchi di coraggio?»
«Questo mai», sussurrò Cazaril.
«Assalirei il cielo per te, se sapessi dove si trova», sibilò Betriz.
«Non avete letto il libro di Ordol, mentre aiutavate Iselle a comporre le lettere cifrate? Secondo lui, noi e gli Dei esistiamo nello stesso tempo e nello stesso luogo e siamo separati soltanto da una cortina spessa quanto un’ombra. Non c’è nessuna distanza da superare», spiegò Cazaril, pensando che in effetti Ordol aveva ragione. Da dove sedeva, lui poteva davvero scorgere il mondo degli Dei. «D’altro canto, non si può imporre qualcosa agli Dei con la forza. E mi sembra giusto, dato che loro non possono costringere noi.»
«Lo state facendo di nuovo! State cambiando argomento!»
«Cosa intendete indossare domani? Avete scelto un bell’abito? Ricordate che non dovete mettere in ombra la sposa.»
Betriz gli scoccò un’occhiata di fuoco.
In quel momento, Lady dy Baocia uscì dalle stanze di Iselle e si affacciò dalla galleria per rivolgere a Betriz una complicata domanda che riguardava un gran numero di tessuti differenti, o almeno così parve a Cazaril. Rispondendo con un cenno, lei si alzò con una certa riluttanza e si avviò alla scala, ribattendo da sopra la spalla, in tono tagliente: «Forse è davvero così. Forse voi siete condannato. Ma se domani dovessi cadere da cavallo e rompermi l’osso del collo, spero che, dopo, voi vi sentiate un idiota».
«Più che un idiota», mormorò lui, rivolto alla sua figura che si allontanava tra un frusciare di gonne. Poi, notando che il luminoso cortile gli appariva sfocato, passò con decisione una manica sugli occhi, per asciugarli.
Il giorno del matrimonio si annunciò sereno, proprio come tutti avevano sperato. Il cortile invaso dal profumo, dei boccioli di arancio era affollato al massimo della sua capienza quando Iselle, accompagnata da sua zia e da Betriz, apparve in cima alle scale della galleria, offrendo uno spettacolo che era una gioia per gli occhi, come pensò Cazaril con un sorriso. Le sarte e le cucitrici avevano compiuto un’impresa davvero eroica, abbigliando Iselle in tutte le tonalità di azzurro che si convenivano a una sposa, e la sua sopravveste blu era decorata con tutte le perle ibrane che era stato possibile trovare a Taryoon, cucite in modo da raffigurare tanti leopardi stilizzati. Accompagnata da applausi, Iselle cominciò a scendere le scale, muovendosi con una certa rigidità a causa degli abiti che la impacciavano un poco, ma con un sorriso sul volto e i capelli che splendevano sotto il sole come un fiume d’oro; dietro di lei, venivano due giovani cugine incaricate di sorreggere lo strascico, cosa che stavano facendo sotto l’attento controllo della madre. Quel giorno, perfino la maledizione sembrava avvolgersi intorno a lei come una sorta di lunga veste nera.
Obbedendo alle istruzioni ricevute, Cazaril si affiancò al Provincar della Baocia, e si trovò così a guidare il corteo che si snodò per le tortuose strade di Taryoon, fino al vicino Tempio. Con un tempismo quasi incredibile, la processione di Bergon, partita dalla dimora del March dy Huesta, raggiunse il portico nello stesso momento di quella di Iselle. Per l’occasione, il Royse era abbigliato nelle tinte rosse e arancione che si addicevano alla sua età e al suo sesso, e il suo volto aveva un’espressione determinata e coraggiosa, quasi che lui stesse per assaltare un bastione. Per evitare che gli ibrani si sentissero, e apparissero, inferiori numericamente, Palli e una decina di soldati-fratelli del suo Ordine, in uniforme di gala, si erano uniti al corteo del Royse, insieme con Foix e Ferda.
Nonostante lo scarso preavviso con cui erano state annunciate quelle nozze, Cazaril calcolò che, nel rotondo cortile centrale del Tempio, si accalcassero non meno di mille nobili, mentre quella che pareva l’intera popolazione di Taryoon era schierata lungo i percorsi seguiti dai due cortei reali, a indicare che l’atmosfera aveva pervaso l’intera città.
In un vortice di colori, le due processioni si unirono ed entrarono nel recinto sacro, accompagnate dal coro di cantori locali, le cui voci piene di entusiasmo fecero praticamente risuonare le mura stesse d’inni gioiosi. Guidata dall’Arcidivino, la giovane coppia entrò a turno in ciascun lobo in cui era suddiviso il Tempio, inginocchiandosi su nuovi tappeti per pregare e implorare la benedizione di ciascuna divinità: la Figlia e il Figlio, a titolo di ringraziamento per la protezione che avevano finora elargito loro nel viaggio della vita; la Madre e il Padre, nella speranza di essere a tempo debito accolti presso di loro.
Sulla base della teologia e della tradizione, il Bastardo non rivestiva un ruolo ufficiale in una cerimonia nuziale, ma tutte le coppie prudenti inviavano comunque al suo altare un dono propiziatorio. Per l’occasione, Cazaril e dy Tagille erano stati incaricati di fungere da corrieri e, dopo aver ricevuto le offerte di Bergon e di Iselle, aggirarono l’edificio principale del Tempio per raggiungere la Torre del Bastardo, scortati da un piccolo coro di giovanissimi cantori che prendevano con la massima serietà il loro incarico. Una volta nella torre, trovarono ad attenderli vicino all’altare un sorridente Divino dalla veste bianca, pronto ad accogliere le loro offerte.
Sebbene la coppia reale fosse stata costretta a prendere a prestito abiti, denaro, cibo e dimora per quel giorno particolare, Bergon non aveva certo lesinato nell’offerta al Dio, come dimostrò la grossa sacca di oro ibrano che dy Tagille depose sull’altare per suo conto; quanto a Iselle, aveva inviato una promessa, scritta di proprio pugno, di finanziare la riparazione del tetto della Torre del Bastardo, a Cardegoss, non appena fosse diventata Royina. A quei doni, Cazaril ne aggiunse uno personale: la parte del filo di perle regalato da Dondo a Iselle, e contaminato dal sangue dei briganti, che non era andata persa durante lo scontro coi banditi. Considerata la sua natura problematica e maledetta, quel monile ricadeva senza dubbio sotto la giurisdizione del Bastardo, e Cazaril si concesse un sospiro di sollievo quando riuscì infine a liberarsene.
Nel tornare verso il Tempio dalla Torre del Bastardo, sempre seguito dal coro di ragazzini, Cazaril posò distrattamente lo sguardo sulla folla raccolta nel cortile. Con un sussulto, scorse un uomo di mezz’età, avvolto da una fioca luce grigia, simile a quella di una giornata invernale. Provò subito a chiudere gli occhi, constatando che il tenue bagliore persisteva anche dietro le palpebre, poi tornò a osservare l’uomo con occhi normali, notando che indossava le vesti nere e grigie, decorate sulla spalla da una treccia rossa, proprie di un funzionario della Corte Municipale di Taryoon. Probabilmente, si trattava di un giudice di grado minore, ma era anche un santo di rango minore al servizio del Padre, nello stesso modo in cui Clara, a Cardegoss, era al servizio della Madre.
L’uomo stava fissando a sua volta Cazaril a bocca aperta, con lo stupore dipinto sul volto; i due non poterono scambiarsi neppure una parola, perché Cazaril venne nuovamente coinvolto nelle cerimonie in corso all’interno dell’echeggiante cortile del Tempio. Decise comunque di chiedere al più presto all’Arcidivino notizie riguardo a quell’uomo.
Vicino al fuoco centrale, il Royse e la Royesse, ora sposati, pronunciarono ciascuno un breve discorso, poi insieme con l’Arcidivino, con Cazaril e con tutti gli altri, ripercorsero in corteo le strade decorate da bandiere, fino al nuovo palazzo di dy Baocia, dov’era stato preparato un grande banchetto destinato a riempire le ore del pomeriggio e lo stomaco degli invitati. Le pietanze offerte erano ancor più incredibili per il fatto di essere state preparate in due giorni soltanto, ed erano così svariate da far supporre a Cazaril che, per l’occasione, fossero state intaccate le scorte accantonate in previsione della festa del Giorno della Figlia, cosa che a suo parere non avrebbe di certo infastidito la Dea. Essendo ospiti di rango, sia Cazaril sia l’Arcidivino avevano un posto già stabilito e non ebbero occasione di parlare in privato se non durante le danze che seguirono il banchetto, spingendo la gente più giovane verso i cortili. A quel punto, i due uomini con cui Cazaril voleva conferire vennero a cercare proprio lui.