«Più tardi, nel pomeriggio, abbiamo mandato incontro alle truppe alcune squadre, incaricate di contrattare, nelle quali abbiamo incluso alcuni degli uomini di dy Jironal che, avendo assistito allo scontro nel cortile, erano stati testimoni del… miracoloso fuoco azzurro, o qualsiasi cosa fosse, che lo aveva ucciso, perché spiegassero l’accaduto. Quegli uomini hanno pianto e farfugliato parecchio, ma sono stati molto convincenti. Cazaril, cos’è davvero… Oh, inoltre dicono che Orico è morto.»
Lo sapevo, pensò Cazaril con un sospiro. «Quando?» chiese.
«C’è una certa confusione al riguardo», rispose l’Arcidivino di Taryoon. «Questo pomeriggio, un corriere del Tempio mi ha portato una lettera dell’Arcidivino Mendenal di Cardegoss, in cui si sostiene che Orico è morto la notte successiva alle nozze della Royesse… della Royina. Secondo gli uomini di dy Jironal, invece, Orico è morto la notte precedente a quella. È un’informazione che hanno avuto dallo stesso dy Jironal e che renderebbe quest’ultimo il legittimo reggente di Chalion. Suppongo che il Cancelliere stesse mentendo, ma credo che non abbia più importanza.»
Però ne avrebbe avuta, se gli eventi avessero preso una piega diversa… Incuriosito, Cazaril assunse un’aria pensosa, mentre valutava le diverse ipotesi.
«In ogni caso, la notizia della sorprendente morte di dy Jironal, nonché del fallimento e della cattura dei loro compagni, unita alla consapevolezza di marciare contro la legittima Royina, ha fatto sì che le truppe si disperdessero», intervenne Bergon. «Adesso gli uomini stanno tornando a casa. Ho sovrinteso io stesso alla cosa.» In effetti, era coperto di fango, ma con gli occhi che scintillavano per la gioia del successo… e per il sollievo.
«Credi che la tregua reggerà?» domandò Cazaril. «Dy Jironal teneva le fila di una considerevole rete di potere e di relazioni, e gli interessi delle persone che la componevano sono tuttora esposti a un notevole rischio.»
Palli fu pronto a scuotere il capo. «Adesso non hanno più il sostegno delle truppe dell’Ordine del Figlio, che è privo del suo generale», replicò con un grugnito. «Ma la cosa peggiore è la certezza — pressoché assoluta — che il comando di quell’Ordine passerà a qualcuno che non appartiene alla loro fazione. Credo che i fedeli a dy Jironal dovranno agire con cautela.»
«Il Provincar della Thistan ci ha già mandato una lettera di sottomissione», intervenne Iselle. «È appena arrivata e sembra stilata in gran fretta. Aspetteremo ancora un giorno, per essere certi che la strada sia sgombra e per rendere grazie agli Dei nel Tempio di Taryoon, poi Bergon e io andremo a Cardegoss con un contingente della cavalleria di mio zio, per il funerale di Orico e la mia incoronazione. Temo però che vi dovremo lasciare qui, Lord Caz…» E smise di sorridere.
Cazaril lanciò un’occhiata a Betriz, che lo stava scrutando con occhi incupiti dalla preoccupazione, consapevole che lei, essendo la prima cortigiana di Iselle, avrebbe dovuto seguirla ovunque.
«Non parlate, se vi causa troppo dolore, però… Cazaril, che cos’è successo nel cortile?» continuò Iselle. «La Figlia ha davvero colpito e ucciso dy Jironal con un fulmine a ciel sereno?»
«Devo ammettere che il suo corpo dava questa impressione», commentò Bergon. «Era completamente… cotto. Non avevo mai visto una cosa del genere.»
«Questa è una versione convincente, e potrà andare bene per gli altri», replicò lentamente Cazaril. «Però voi avete il diritto di conoscere la verità… Ecco, credo soltanto che non debba essere divulgata…»
Con poche parole pacate, Iselle ordinò al medico di lasciare la stanza, poi scoccò un’occhiata incuriosita all’ometto nelle vesti di giudice. «E questo gentiluomo, Cazaril?» domandò.
«L’Onorevole Paginine è… Diciamo che è un mio compagno e dovrebbe rimanere, come pure l’Arcidivino.»
Nel contemplare quel suo piccolo pubblico, raccolto intorno al letto e intento a fissarlo con una certa ansia, Cazaril si rese conto che Paginine, l’Arcidivino e Palli ignoravano il preambolo relativo a Dondo e al demone della morte, per cui si trovò costretto a partire da quegli antefatti, cercando di essere il più succinto possibile senza sacrificare la chiarezza, e augurandosi di mantenere almeno una certa coerenza e di non dare l’impressione di vaneggiare.
«L’Arcidivino Mendenal di Cardegoss conosce tutta questa storia», garantì all’Arcidivino e al giudice, che lo stavano fissando con aria sconvolta; quanto a Palli, la sua espressione esprimeva nel contempo stupore e indignazione, e Cazaril, con aria alquanto colpevole, evitò d’incontrare il suo sguardo. «Quando però dy Jironal ha ordinato ai suoi uomini di tenermi fermo, disarmato com’ero, e mi ha trapassato con la spada… quando mi ha assassinato, il demone della morte ci ha portati via tutti, in una squilibrata confusione di assassini e di vittime. Per meglio dire, il demone ha portato via i due dy Jironal, però la mia anima era collegata alla loro e li ha seguiti. Quello che ho visto allora… la Dea…» Per un momento, la voce gli si spense, poi riprese: «Non so come fare per esprimere quell’universo a parole, perché non ne esistono di adeguate. Se pure conoscessi tutti i vocaboli di tutte le lingue del mondo, presenti, passati e futuri, e se pure parlassi sino alla fine dei tempi, comunque non potrei…»
Interrompendosi ancora, rabbrividì, e scoprì di avere gli occhi offuscati di lacrime.
«Però non eri realmente morto, vero?» domandò Palli, a disagio.
«Oh, sì, per un poco lo sono stato… sebbene, da una certa angolazione, quel ’poco’ sia invece ’molto’», rispose Cazaril. «Se non fossi morto davvero, non avrei potuto lacerare la barriera tra i mondi e la Dea non sarebbe passata per recuperare la maledizione che, per come posso descriverla, era in effetti una goccia del sangue del Padre dell’Inverno, anche se non ho idea di come abbia fatto il Generale Dorato a ricevere un simile dono. In ogni caso, la mia è soltanto una metafora. Mi dispiace, ma non so come spiegare quello che ho visto: parlarne è come cercare d’intrecciare un canestro d’ombra con cui trasportare dell’acqua», aggiunse, pensando che, dopotutto, le loro erano anime assetate. «La Signora della Primavera mi ha permesso di guardare attraverso i suoi occhi e, per quanto creda che la seconda vista mi sia stata tolta, adesso la vista fisica non funziona esattamente come prima…»
L’Arcidivino si segnò con reverenza, mentre Paginine si schiariva la gola per dire: «In effetti, mio signore, non emanate più quella grande luce accecante».
«Non la emano più? Oh, bene!» esclamò Cazaril. Poi, in tono ansioso, domandò: «Ma anche il mantello nero che avvolgeva Iselle e Bergon è scomparso, vero?»
«Sì, mio signore. Royse, Royina, vi informo con piacere che l’ombra sembra completamente svanita.»
«Allora va tutto bene. Dei, demoni, spettri, tutto quanto è scomparso, e in me ora non c’è più nulla di strano», commentò allegramente Cazaril.
«Io non mi spingerei ad affermare una cosa del genere, mio signore», mormorò Paginine, con una strana espressione.
«Però lui sta dicendo la verità, non è così?» sussurrò l’Arcidivino, assestando una gomitata a Paginine. «Per quanto possa sembrare assurda…»
«Oh, sì, Vostra Reverenza, non ho dubbi in proposito», garantì il piccolo giudice, ma lo sguardo che scoccò a Cazaril espresse molta più comprensione di quello dell’Arcidivino, che appariva sconcertato e sopraffatto, colmo di timore reverenziale.
«Domani, Bergon e io ci recheremo al Tempio in processione di ringraziamento, camminando scalzi in segno di gratitudine verso gli Dei», annunciò Iselle.
«Oh. Allora state attenti a non camminare su un pezzo di vetro o un vecchio chiodo», li ammonì Cazaril, con voce un po’ impastata. La sua mano si spostò sul copriletto fino a trovare quella di Betriz, e lui aggiunse, rivolto a lei soltanto: «Sai, adesso non sono più infestato, e questo mi toglie un peso dalla mente. Queste cose sono decisamente liberatorie, per un uomo…» La sua voce stava diventando sempre più fievole. Accorgendosene, Betriz girò la propria mano in quella di lui e la strinse.