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Dy Ferrej farfugliò qualcosa e Cazaril non poté fare a meno di simpatizzare con lui. Quella giovane dama innocente, ribelle e ignara dei pericoli che correva — proprio come il cucciolo cui la Provincara l’aveva paragonata — era convinta di avere un vantaggio morale. Cazaril si sentì profondamente grato del fatto di non avere voce in capitolo in quella faccenda.

«Per adesso, potete andare entrambe nelle vostre camere, e rimanerci», dichiarò la Provincara, furente. «Imporrei a entrambe di leggere le scritture per penitenza, ma… Deciderò poi se vi sarà permesso di partecipare alla festa. Mia buona Devota, per favore, seguile e accertati che arrivino a destinazione. Va’!» ordinò, con un gesto imperioso del braccio. Cazaril fece per accodarsi alle tre donne, ma la Provincara, puntando un dito a terra, disse: «Cazaril, dy Ferrej, trattenetevi ancora un momento».

Lady Betriz si scoccò alle spalle un’occhiata piena di curiosità, mentre Iselle uscì a passo di marcia, a testa alta e senza guardarsi indietro.

«Bene», commentò dy Ferrej, dopo un momento. «Speravamo che diventassero amiche.»

Ormai le due giovani donne si erano allontanate, quindi la Provincara si concesse un sorriso e mormorò: «Purtroppo sì».

«Quanti anni ha Lady Betriz?» chiese Cazaril con curiosità, fissando la porta chiusa.

«Diciannove», rispose il siniscalco con un sospiro.

Cazaril rifletté che, rispetto a lei, non era così vecchio come aveva supposto, benché le sue esperienze lo facessero sembrare tale.

«Pensavo davvero che Betriz avrebbe esercitato un’influenza positiva… Invece sembra accaduto il contrario», aggiunse dy Ferrej.

«Stai accusando mia nipote di aver corrotto tua figlia?» chiese bruscamente la Provincara.

«Direi piuttosto che è diventata per lei una fonte d’ispirazione», precisò dy Ferrej, con aria cupa, scrollando le spalle. «È una cosa che mi spaventa tanto che mi chiedo… se non dovremmo dividerle.»

«Le proteste non avrebbero fine», replicò la Provincara, in tono stanco, sedendo su una panca e indicando ai due uomini di fare altrettanto. «Non voglio torcermi il collo», spiegò poi, a mo’ di spiegazione.

Serrando le mani tra le ginocchia, Cazaril attese che la dama si decidesse a dirgli cosa voleva da lui.

«Voi osservate la faccenda con occhi nuovi», disse infatti la Provincara, dopo averlo scrutato con aria pensosa per un lungo momento. «Avete qualcosa da suggerire?»

«Sono abituato ad addestrare giovani soldati, mia signora, e non ho mai avuto a che fare con giovani donne… Esula del tutto dalla mia esperienza», replicò Cazaril, inarcando le sopracciglia. «D’altro canto, mi sembra un po’ tardi per insegnare a Iselle a essere una vigliacca… Piuttosto si può farle notare che le prove su cui si è basata erano piuttosto labili», proseguì, incerto. «Come poteva essere certa che il giudice fosse effettivamente colpevole? Ha prestato ascolto a dicerie, pettegolezzi… prove superficiali, che possono essere fasulle.» Avvilito, ripensò alla prontezza con cui l’uomo dei bagni pubblici era saltato a conclusioni errate, semplicemente guardando la sua schiena. «Questo non ci potrà aiutare per l’incidente di oggi, ma potrebbe indurre Iselle a essere più cauta, in futuro. Inoltre forse sarebbe bene far più attenzione al genere di pettegolezzi di cui si discute in sua presenza.»

Dy Ferrej sussultò, punto nel vivo.

«In presenza di tutte e due», precisò la Provincara. «Quattro orecchie, una sola mente… e una sola cospirazione.» Contrasse le labbra in una smorfia pensosa e, fissando il Castillar con occhi intenti, proseguì: «Cazaril… voi parlate e scrivete il darthacano, vero?»

«Sì, mia signora…» rispose Cazaril, sconcertato da quell’improvviso cambio di argomento.

«E il roknari?»

«Ecco… il mio roknari colto è un po’ arrugginito, attualmente, ma vi garantisco che parlo il roknari popolare in maniera molto scorrevole.»

«E la geografia? Conoscete la geografia di Chalion, di Ibra e dei principati dei roknari?»

«Per i cinque Dei, certo che la conosco, mia signora. Le terre che non ho percorso a cavallo le ho attraversate a piedi, oppure sono stato trascinato su di esse, per cui la loro geografia è incisa sulla mia pelle. Quanto all’Arcipelago, ne ho girato almeno la metà, sulle galee.»

«E sapete scrivere, far di conto, tenere libri contabili, stilare lettere, rapporti, trattati, ordini logistici…»

«Può darsi che in questo momento le mie mani tremino un poco, tuttavia ho fatto tutte queste cose», ammise Cazaril, con aria sempre più guardinga. Quale poteva essere il motivo ultimo di un simile interrogatorio?

«Sì, certo!» esclamò la Provincara, battendo le mani con entusiasmo, un suono secco che strappò un sussulto a Cazaril. «Sono stati senza dubbio gli Dei a mandarvi da me! Che i demoni del Bastardo mi portino via se non sarò abbastanza furba da approfittarne nel modo migliore.»

Sempre più sconcertato, lui le rivolse un sorriso interrogativo.

«Ebbene… Avete detto di volere un incarico e adesso ce l’avete: segretario e tutore della Royesse Iselle», esclamò la dama, trionfante.

A bocca aperta per lo stupore, Cazaril riuscì soltanto a fissarla con aria stupida. «Come?» riuscì infine ad articolare.

«Teidez ha un suo segretario, che gli tiene in ordine i registri, gli scrive le lettere… È tempo che anche Iselle abbia un tutore, qualcuno che faccia da baluardo tra il mondo delle donne e quello più grande in cui ben presto dovrà vivere. Nessuna di quelle stupide governanti è mai riuscita a gestirla: le serve l’autorità di un uomo, e voi avete il rango necessario, l’esperienza che serve…» La Provincara si abbandonò a un sorriso pieno di entusiasmo. «Che ne pensate, mio signore dy Cazaril?»

«Credo…» Cazaril deglutì a fatica. «Be’, credo che se adesso voi mi prestaste un rasoio per tagliarmi la gola, ciò risparmierebbe molta fatica a tutti. Vi scongiuro, Vostra Grazia!»

«Bene, Cazaril, bene», sbuffò la Provincara. «Mi piace un uomo che non sottovaluta le situazioni.»

Dy Ferrej, che in un primo momento si era mostrato sorpreso e allarmato, cominciò a studiare Cazaril con rinnovato interesse.

«Scommetto che voi riuscirete a farla concentrare sulle declinazioni del darthacano. Dopotutto è un paese in cui siete stato, cosa che non si può dire di nessuna di queste stupide donne», insistette la Provincara, con crescente entusiasmo. «E conoscete anche il roknari, sebbene io spero che Iselle non abbia mai bisogno di parlarlo. Potrete leggerle la poesia brajarana… Vi piaceva, no? E le darete lezioni di portamento, dato che avete prestato servizio alla corte del Roya. Suvvia, Cazaril, non mi guardate come un vitello smarrito: dovrebbe essere un lavoro facile per voi, considerato che siete convalescente… Ah, non negate, solo gli Dei sanno quanto dovete essere stato malato», aggiunse, ignorando il piccolo cenno di diniego dell’uomo. «Dovrete rispondere a un paio di lettere alla settimana, e, dal momento che in passato avete fatto il corriere, quando uscirete a cavallo con le ragazze non dovrò poi sentire le lamentele e le proteste di quelle donne con la pelle tenera come pasta di pane. Quanto infine a tenere i registri relativi al contenuto delle camere… dopo aver gestito una fortezza, per voi dovrebbe essere un gioco da ragazzi. Che ne dite, Cazaril?»

«Non potreste invece affidarmi una fortezza sotto assedio?» replicò il Castillar, affascinato e nel contempo sgomento di fronte alla prospettiva che gli si offriva.

Ogni traccia di allegria svanì dal volto della Provincara, che si protese in avanti e gli batté un colpetto sul ginocchio. «Iselle lo sarà ben presto…» sussurrò. «Mi avete chiesto se potevate fare qualcosa per alleviare il mio fardello. Per la maggior parte dei miei problemi, la risposta è no: non potete ridarmi la giovinezza né far sì che le cose… che molte cose migliorino.» Cazaril si ritrovò a chiedersi quanto quella dama così energica fosse oppressa dallo strano, cagionevole stato di salute della figlia. «Però non potreste concedermi almeno questa piccola cosa?»