Выбрать главу

Al suo ingresso in camera, Cazaril trovò sul letto un altro paio di tuniche e di calzoni, con ogni probabilità appartenuti al siniscalco al tempo in cui era più giovane e magro. Mentre li riponeva nella cassapanca ai piedi del letto, si ricordò d’un tratto del libretto del mercante defunto, ancora riposto nella sopravveste nera, e lo prese, deciso a portarlo al Tempio quel pomeriggio stesso. Subito dopo, però, tornò a posarlo, pensando che forse, all’interno di quelle pagine cifrate, si annidava parte di quella certezza morale che la Royesse gli aveva chiesto di ricercare per suo conto, qualche prova più chiara a favore o contro il giudice e magari anche una guida ai segreti della situazione di Valenda. Prima di consegnarlo, avrebbe provveduto a esaminarlo personalmente, decise.

Dopo pranzo, Cazaril si concesse uno splendido sonnellino, e si stava appena ridestando con tutta calma e con un meraviglioso senso di benessere, quando dy Ferrej bussò alla sua porta. Doveva consegnargli i registri e i libri contabili relativi alle camere della Royesse. Betriz arrivò di lì a poco, con una cassetta piena di lettere da sistemare. Cazaril trascorse quindi il resto del pomeriggio cercando di mettere ordine in quel materiale e di familiarizzarsi col suo contenuto.

I libri contabili erano abbastanza semplici da gestire: vi era segnato l’acquisto di un oggetto o di un gioiello di scarso valore, i regali ricevuti ed elargiti, i gioielli di effettivo pregio, ereditati o avuti in dono, i capi di vestiario. Nei libri erano annotati anche il cavallo da sella di Iselle, il suo mulo, Fiocco di Neve, e un assortimento di altri oggetti. Certe voci, come per esempio la biancheria o il mobilio, non vi figuravano, probabilmente perché inclusi nei registri della Provincara. In futuro, però, lui si sarebbe dovuto occupare anche di quelli. Una dama del rango di Iselle, infatti, aveva di solito una dote che comprendeva interi carri — se non addirittura chiatte — di oggetti di pregio; senza dubbio Iselle avrebbe ben presto cominciato ad accumulare la sua dote, in previsione del futuro viaggio fino alla dimora del marito che le sarebbe stato assegnato. Cazaril si chiese se avrebbe dovuto includere anche se stesso nell’elenco, come prima voce di quell’inventario di nozze, e s’immaginò nell’atto di scrivere: Segretario-tutore, un pezzo, dono della nonna. Età: trentacinque anni. Gravemente danneggiato durante la spedizione. Valore…?

Di norma, la processione nuziale era un viaggio di sola andata. Invece la madre di Iselle, la Royina Vedova, era tornata alla dimora d’origine… distrutta. Cazaril cercò di scacciare quell’immagine. Il pensiero di Lady Ista continuava a turbarlo. Si diceva che la follia scorresse nel sangue di alcune famiglie nobili… anche se non in quella di Cazaril, colpita piuttosto dalla sfortuna nelle alleanze politiche e da una generale imprudenza finanziaria. Era vero che entrambe le cose alla lunga si erano rivelate altrettanto devastanti. Era possibile che Iselle corresse il rischio… Si augurò che così non fosse.

La corrispondenza della Royesse era scarsa, tuttavia non priva d’interesse. C’erano alcune lettere brevi ma gentili, scritte dalla nonna e risalenti a prima che la Royina Vedova lasciasse la corte per tornare a vivere coi figli nella casa paterna. Erano missive piene di consigli generici: Sii buona, obbedisci a tua madre, recita le preghiere, occupati del tuo fratellino… Seguivano alcuni messaggi di zii o di zie, gli altri figli della Provincara. Iselle non aveva altri parenti dal lato del padre, il defunto Roya, perché Ias era l’unico figlio superstite dello sventurato genitore. C’era poi una serie di lettere di buon compleanno e di auguri in occasione delle ricorrenze sacre, inviati dal fratellastro, l’attuale Roya, Orico.

Compiaciuto, Cazaril notò che quelle lettere erano state scritte dal Roya in persona; era infatti improbabile che Orico avesse alle sue dipendenze uno scrivano con una calligrafia così irregolare e stentata. Si trattava prevalentemente di lettere molto brevi, che rivelavano il tentativo di un adulto di essere gentile nei confronti di una bambina. Quando descrivevano il serraglio, però, diventavano fluide e spontanee per almeno un paio di paragrafi, forse perché Orico adorava quel luogo o forse perché era convinto che esso fosse un argomento interessante tanto per lui quanto per Iselle.

Quel piacevole lavoro venne interrotto nel tardo pomeriggio allorché un paggio si presentò a Cazaril, richiedendo la sua presenza per un’uscita a cavallo con la Royesse e con Lady Betriz. Affibbiatasi rapidamente al fianco la spada avuta in prestito, Cazaril scese nel cortile, dove trovò i cavalli già sellati e in attesa. Il paggio lo guardò con aria sorpresa e crìtica quando lui, non essendo più salito in sella per oltre tre anni, chiese l’ausilio dei gradini per sistemarsi con cautela in groppa alla sua cavalcatura. Gli avevano dato un animale tranquillo e docile, lo stesso castrato baio che lui aveva visto cavalcare alla dama di compagnia della Royesse, il pomeriggio del suo arrivo al castello; mentre si preparavano a partire, la dama in questione si affacciò a una finestra, salutandoli con un fazzolettino di lino, palesemente soddisfatta di rimanere a casa. La cavalcata si rivelò più tranquilla di quanto Cazaril avesse anticipato: una semplice passeggiata sino al fiume e ritorno. Inoltre, giacché lui aveva precisato che la conversazione si sarebbe svolta esclusivamente in darthacano, il silenzio fu quasi assoluto, cosa che la rese ancor più rilassante.

Al rientro, andarono a cena, poi Cazaril poté ritirarsi nella propria camera. Provò gli abiti nuovi, li ripiegò nella cassapanca, quindi si mise a decifrare le prime pagine del libro di quel povero, stolto mercante di lana. Ben presto, però, le sue palpebre si fecero pesanti, e lui dormì come un sasso fino al mattino successivo.

Le cose continuarono com’erano cominciate. Le mattine vennero dedicate alle lezioni: darthacano, roknari, geometria, aritmetica e geografia. Per quest’ultima materia, Cazaril fece ricorso ad alcune eccellenti mappe in possesso del tutore di Teidez e intrattenne la Royesse con una serie di resoconti, accuratamente censurati, relativi ad alcuni dei suoi viaggi più interessanti a Chalion, a Ibra, a Brajar, nella grande Darthaca o nei cinque principati roknari della costa settentrionale, perennemente in lotta fra loro.

La sua descrizione dell’Arcipelago Roknari, che era quella di uno schiavo, richiese da parte sua una censura ancora maggiore. Nel trattare quell’argomento, Cazaril scoprì che la noia dimostrata da Iselle e da Betriz per l’apprendimento della lingua roknari parlata dalle caste elevate si poteva curare con lo stesso metodo da lui adottato con un paio di paggi della casa del Provincar della Guarida, cui era stato un tempo incaricato d’insegnare quella lingua. Il sistema era molto semplice: consisteva nell’insegnare alle due dame una parola di roknari volgare (anche se non eccessivamente volgare) per ogni venti vocaboli di roknari di corte che potevano dimostrare di aver memorizzato. Naturalmente non avrebbero mai avuto bisogno di usare quei termini rozzi, ma era comunque utile che fossero in grado di comprenderli, se li avessero sentiti. E riuscivano a farle ridacchiare entrambe in maniera adorabile.

Cazaril affrontò anche con una certa trepidazione il primo incarico che gli era stato assegnato dalla Royesse: indagare sulla probità del Justiciar provinciale. Domande indirette rivolte alla Provincara e a dy Ferrej gli fornirono le informazioni di base, senza però dargli nessuna certezza in un senso o nell’altro. Peraltro lui non ebbe mai modo d’incontrare il Justiciar nella sua veste ufficiale, ma soltanto in occasioni pubbliche. Alcune escursioni in città, mirate a rintracciare qualcuno che potesse parlargli con franchezza — perché aveva conosciuto il Cazaril di diciassette anni prima — lo lasciarono alquanto avvilito: l’unico a riconoscerlo all’istante fu un anziano fornaio, che aveva fatto per molto tempo affari d’oro vendendo dolci durante le parate dei paggi del castello. Un individuo d’indole pacifica, poco incline a invischiarsi in qualche causa legale.