«Ma lui ti deve la vita!»
«Ho visto la sua anima messa a nudo», spiegò Cazaril, scuotendo il capo e distogliendo lo sguardo. «È una cosa che non potrà mai perdonarmi. Naturalmente, mi sono ben guardato dal riferire l’accaduto, e ho pensato che la cosa fosse finita lì… fino alla caduta di Gotorget e a quello che è successo dopo. Adesso so di essere doppiamente condannato. Quanto credi che varrebbe la mia vita, se Dondo venisse a sapere non soltanto che sono vivo, ma anche che so esattamente perché sono stato venduto come schiavo sulle galee? Se non dirò e non farò nulla, evitando di ricordargli l’accaduto… Ecco, forse ormai lo ha dimenticato, e io voglio soltanto essere lasciato in pace, in questo posto tranquillo, mentre è possibile che lui abbia nuovi e più importanti nemici. Non fare mai il mio nome, a nessuno dei due dy Jironal», proseguì con voce tesa, fissando l’amico negli occhi. «Non mi nominare mai. Ricorda che non hai mai sentito questa storia e che mi conosci solo superficialmente. Palli, se nutri un po’ di affetto nei miei confronti, dimentica ogni cosa.»
Notando l’aria di disapprovazione dell’amico, Cazaril comprese che questi si sarebbe sentito vincolato dal giuramento, il che però non gli impediva di mostrarsi contrariato. «Come vuoi. Però… dannazione e ancora dannazione!» sbottò Palli, scrutando l’altro come se stesse cercando chissà cosa sui suoi lineamenti. «Non si tratta soltanto di quella tua orribile barba. Sei molto cambiato.»
«Davvero? Ebbene, non posso farci niente.»
«Quanto… è stata dura la tua esperienza?» chiese Palli, distogliendo lo sguardo. «Sulle galee, intendo.»
«Nella sventura, sono stato fortunato, perché sono sopravvissuto, mentre altri non ce l’hanno fatta», rispose Cazaril, scrollando le spalle.
«Si sentono storie orribili su come gli schiavi vengono terrorizzati… o su come si abusa di loro.»
Cazaril si grattò distrattamente la barba che a suo parere contribuiva a farlo apparire meno emaciato. «Quelle storie non sono false, ma piuttosto distorte, esagerate… In esse, eventi eccezionali vengono presentati come occorrenze quotidiane. I comandanti migliori ci trattavano nello stesso modo in cui un contadino tratta il suo bestiame, con gentilezza impersonale, concedendoci cibo, acqua, esercizio fisico, e la pulizia necessaria a rimanere in buona salute. Dopotutto, percuotere un uomo fino a lasciarlo privo di sensi lo pone nell’impossibilità di manovrare un remo, e quel genere di… disciplina veniva applicato soltanto quand’eravamo in porto. Una volta al largo, il mare offriva il migliore strumento di punizione.»
«Non capisco», confessò Palli.
«Perché danneggiare la pelle di un uomo, o le sue ossa, quando puoi spezzare il suo spirito semplicemente gettandolo in acqua, con le gambe a fare da eccellente esca per i grandi pesci?» replicò Cazaril, inarcando le sopracciglia. «I roknari dovevano aspettare ben poco per vederci nuotare dietro la nave, piangendo e implorando di essere accettati di nuovo come schiavi.»
«Sei sempre stato un eccellente nuotatore», osservò Palli, con una nota di speranza nella voce. «Senza dubbio, questo ti avrà aiutato a sopportare la cosa meglio degli altri.»
«Temo sia successo il contrario. Per gli uomini che affondavano come sassi, la fine arrivava rapida e misericordiosa. Riflettici sopra, Palli, come ho fatto io.»
Gli capitava ancora di pensarci, quando si svegliava di colpo e si sollevava a sedere di scatto, emergendo da un incubo in cui l’acqua pareva chiudersi sopra la sua testa o, peggio ancora, che non si chiudesse. Una volta, il vento si era alzato all’improvviso mentre il capo vogatore era impegnato in quel giochetto a spese di un ibrano particolarmente riottoso, e il comandante, impaziente di arrivare in porto prima della tempesta, si era rifiutato di tornare indietro per recuperare lo schiavo. Le urla sempre più fievoli dell’ibrano erano echeggiate sull’acqua a mano a mano che la nave si allontanava. In seguito, per punire quell’errore di valutazione, il comandante aveva detratto il costo della sostituzione dello schiavo dalla paga del capo vogatore, cosa che aveva irritato l’uomo per settimane.
«Oh», mormorò Palli.
«Te lo concedo. Il mio orgoglio e la mia linguaccia mi hanno fruttato non poche percosse all’inizio del mio imbarco, ma a quel tempo mi consideravo ancora un nobile di Chalion, una convinzione che è stata rimossa dalla mia mente… in seguito.»
«Ma… non sei stato… non ti hanno fatto oggetto di… Voglio dire, non ti hanno usato in modo degradante…»
La luce era troppo tenue per permettere a Cazaril di vedere se l’amico era arrossito… Alla fine il Castillar comprese che, in maniera contorta e imbarazzata, Palli stava cercando di chiedergli se era stato violentato, cosa che gli fece affiorare sulle labbra un amaro sorriso. «Ritengo che tu stia confondendo la flotta roknari con quella di Darthaca», rispose. «Temo che siffatte leggende non siano che il frutto dei desideri di qualcuno. A causa della concezione eretica dei roknari, che contempla soltanto quattro Dei, il genere di amori singolari che qui ricade sotto l’egida del Bastardo è considerato un crimine. Secondo i teologi dei roknari, infatti, il Bastardo è un demone, come suo padre, e non un Dio, come la sua santa madre, motivo per cui ci accusano di adorare il diavolo… il che, a mio parere, costituisce una grave offesa per la Signora dell’Estate, e anche per il Bastardo stesso, che non ha certo chiesto di nascere. I roknari torturano e uccidono gli uomini colpevoli di sodomia, e i migliori comandanti roknari non tollerano cose del genere a bordo della loro nave, né tra i loro uomini né tra gli schiavi.»
«Ah», commentò Palli, sollevato. Subito dopo, però, non riuscì a trattenersi dal chiedere «E i peggiori comandanti roknari?»
«Con loro, la necessità di mantenere il segreto poteva rivelarsi letale. A me non è mai successo, forse perché ero troppo magro, però alcuni uomini più giovani e i ragazzi più attraenti… Noi schiavi sapevamo che si sacrificavano per tutti e cercavamo di essere gentili con loro. Alcuni piangevano, altri imparavano a sfruttare quella sventura per ottenere favori. Erano ben pochi gli schiavi che nutrivano rancore verso di loro per qualche razione in più o per qualche regalino comprato a così caro prezzo. Inoltre si trattava di un gioco pericoloso, perché i roknari con quel genere d’inclinazioni segrete avevano la tendenza a rivoltarsi contro quei poveretti e a ucciderli, come se, così facendo, potessero cancellare il loro peccato.»
«Mi fai rizzare i capelli in testa», ammise Palli. «Credevo di conoscere il mondo, ma… pare che non sia così. Se non altro, almeno ti è stato risparmiato il peggio.»
«Tu non sai cosa sia il peggio», ribatté Cazaril, cupo. «Una volta sono stato usato per un orribile scherzo durato un intero, infernale pomeriggio… Un’esperienza al cui confronto quello che succedeva ad alcuni ragazzi era una cosa da nulla, e a causa della quale nessun roknari ha corso il rischio di essere impiccato.» Si rese conto di non aver mai raccontato quell’incidente a nessuno, né ai gentili Accoliti del Tempio, né tantomeno a qualcuno nel palazzo della Provincara, per il semplice fatto che fino a quella sera non aveva avuto nessuno con cui poter davvero parlare. «La galea su cui mi trovavo ha commesso l’errore di attaccare un grosso mercantile di Brajar, avvistando le galee di scorta quando ormai era troppo tardi», proseguì, quasi impaziente di potersi sfogare. «Durante l’inseguimento che è seguito, io sono svenuto al remo a causa del calore eccessivo e, per potermi sfruttare lo stesso, il capo vogatore mi ha fatto spogliare e mi ha appeso oltre la murata di poppa, con le mani legate alle caviglie, per farsi beffe degli inseguitori. Non saprei dirti se le quadrelle di balestra che si sono conficcate nella murata e nello scafo, intorno a me, mi hanno mancato perché gli arcieri brajariani avevano una mira scadente o perché hanno evitato di proposito di colpirmi. E non so neppure per quale atto di misericordia degli Dei la mia vita non sia finita quel giorno, con una manciata di frecce conficcata nel posteriore. Forse quei brajariani hanno pensato che fossi un roknari, o forse hanno cercato di porre fine alle mie sofferenze.» Osservando l’espressione sconvolta di Palli, decise di sorvolare sui dettagli più grotteschi e, dopo un istante, riprese: «Come ricorderai, a Gotorget abbiamo vissuto nella paura per mesi di fila, fino ad abituarci a quella sorta di tensione interiore che riuscivamo ormai a ignorare ma che non ci abbandonava mai».