«Uh», grugnì dy Ferrej. Per quanto di solito fosse il più abile a raccontare storie a effetto, per una volta tacque.
«È un’esperienza che spero di non dover ripetere mai più», aggiunse Cazaril.
Sbuffando, la Provincara distolse lo sguardo. «D’altro canto, mia nipote non può certo andare a divertirsi nel fiume nuda come un’anguilla!» borbottò dopo un momento.
«Se però indossassimo… sottovesti di lino?» propose Iselle.
«In effetti, se si deve imparare a nuotare in previsione di qualche emergenza, è meglio abituarsi al peso dei vestiti», fu pronto ad aggiungere Cazaril.
«Inoltre in questo modo ci porremmo rinfrescare due volte:
prima nuotando e poi rimanendo sedute ad asciugarci», aggiunse Betriz, in tono quasi sognante.
«Non c’è qualche dama che possa insegnare a Lady Iselle a nuotare?» insistette Cazaril.
«Nessuna delle mie dame sa nuotare», dichiarò la Provincara.
«Si limitano a camminare nell’acqua bassa», annuì Betriz, a titolo di conferma. Quindi sollevò lo sguardo e lo appuntò su Cazaril. «Non potreste insegnarci voi a nuotare, Lord Caz?»
«Oh, sì!» esclamò Iselle, battendo le mani.
«Io… ecco…» balbettò lui, preso in contropiede. Tuttavia rifletté che, essendo in compagnia di due dame, poteva tenere addosso la camicia senza suscitare commenti. «Suppongo di sì…» disse allora. «Certo, se le vostre dame ci accompagnassero e col consenso di vostra nonna…» E guardò la Provincara.
Seguì un’altra, lunga pausa di silenzio.
«Badate a non prendere tutti un raffreddore», acconsentì infine la Provincara, con riluttanza.
Saggiamente, Iselle e Betriz si trattennero dal lanciare grida di trionfo, ma scoccarono a Cazaril occhiate così scintillanti di gratitudine da indurlo a chiedersi se fossero convinte che la storia di quell’annegamento notturno non fosse stata solo una sua invenzione.
Le lezioni cominciarono quello stesso pomeriggio, con Cazaril nel centro del fiume, impegnato a convincere due giovani donne, alquanto irrigidite dalla paura, che non sarebbero annegate nell’istante stesso in cui si fossero bagnate i capelli. Il suo timore di aver esagerato nelle ammonizioni per salvaguardare la loro sicurezza si placò a mano a mano che le due giovani si rilassarono, imparando a lasciarsi sorreggere dall’acqua. Per loro, inoltre, era più facile che per Cazaril, il cui fisico appariva ancora molto asciutto, sebbene i mesi trascorsi presso la Provincara, mangiando alla sua tavola, avessero rimediato almeno in parte alla sua eccessiva magrezza.
La sua pazienza venne ben presto premiata. Entro la fine dell’estate le due ragazze furono in grado di nuotare e di tuffarsi come due lontre, mentre lui se ne rimaneva seduto nell’acqua bassa, immerso fino alla cintura, offrendo di tanto in tanto qualche suggerimento.
La posizione adottata non dipendeva soltanto dal desiderio di mantenersi fresco. Doveva ammettere che la Provincara aveva avuto ragione nel sostenere che nuotare era un’attività lasciva: quelle sottili camiciole di lino, una volta bagnate, aderivano ai giovani corpi delle due dame, facendosi beffe della modestia che cercavano di preservare e creando un effetto che lui evitava accuratamente di rivelare alle due damigelle, indifferenti a tutto, tranne che a rinfrescarsi e a divertirsi. La cosa peggiore, però, era che si trattava di un effetto a doppio taglio, in quanto i calzoni di lino fradici che gli aderivano ai lombi rivelavano uno stato mentale e fisico… Sì, insomma, un rifiorire, della sua salute che lui sperava sinceramente di far passare inosservato. Iselle non pareva essersi accorta di nulla, ma lui non si sentiva altrettanto certo che la cosa fosse sfuggita a Betriz; quanto all’anziana dama di compagnia, Nan dy Vrit, che aveva rifiutato le lezioni e preferiva passeggiare nell’acqua bassa con le gonne sollevate fino ai polpacci, era evidente che non le era sfuggito assolutamente nulla. D’altro canto, la dama sembrava abbastanza caritatevole da pensare che lui non avesse cattive intenzioni, ed evitava di ridere apertamente o di fare commenti in merito con la Provincara… almeno per quanto ne sapeva lui.
Cazaril era inoltre sgradevolmente consapevole del fatto che il fascino esercitato su di lui da Betriz aumentava di giorno in giorno. Ma non era certo arrivato al punto d’infilare poesie anonime sotto la sua porta, conservando un brandello di sanità mentale di cui non poteva che rendere grazie agli Dei. Per sua fortuna, le lesioni subite gli impedivano altresì di andare a suonare il liuto sotto le finestre della ragazza… Tuttavia, nel corso di quella lunga e tranquilla estate vissuta a Valenda, nel suo animo era riaffiorata la capacità di pensare a una vita che andasse al di là del semplice girarsi di una clessidra.
Betriz gli sorrideva ed era gentile nei suoi confronti, ma Cazaril non intendeva farsi illusioni e si diceva spesso che la ragazza si comportava nello stesso modo col suo cavallo. La sua onesta e amabile cortesia non era certo un terreno adatto a costruire un castello di speranze, e tantomeno di aspettative più concrete, eppure… lei continuava a sorridergli.
Cazaril aveva già cercato di cancellare quei pensieri, ma essi continuavano ad affiorare… insieme con altre cose. E purtroppo ciò accadeva soprattutto durante le lezioni di nuoto. D’altro canto, lui aveva rinunciato a ogni ambizione, deciso com’era a non coprirsi di ridicolo più di quanto non avesse già fatto. Se pure quel risveglio dei sensi poteva essere il segno di una ritrovata salute, a cosa poteva mai servirgli? Lui era privo di averi e di possedimenti, proprio come lo era stato al tempo in cui serviva come paggio in quella stessa casa. E le sue speranze, rispetto a quell’epoca, erano davvero pochissime… Sì, era folle da parte sua coltivare sogni passionali o amorosi. Tuttavia il padre di Betriz era di buona famiglia, ma privo di terre, e prestava servizio presso la famiglia della Provincara, dunque non avrebbe disprezzato un uomo costretto — dalle necessità della vita — a fare le sue stesse scelte.
No, certo, dy Ferrej era troppo saggio per nutrire disprezzo nei suoi confronti, e lo era abbastanza da sapere che sua figlia, grazie alla sua bellezza e alla sua amicizia con la Royesse, poteva aspirare a un partito migliore di un nullatenente come Cazaril o dei figli di nobili minori che prestavano servizio come paggi presso la Provincara. A giudicare dal suo comportamento, Betriz vedeva quei ragazzi soltanto come cuccioli irritanti, ma senza dubbio alcuni di essi avevano fratelli maggiori, eredi di piccole tenute…
Quel giorno, Cazaril si lasciò scivolare nell’acqua fino al mento e socchiuse gli occhi, fingendo di non osservare le manovre di Betriz, mentre lei si arrampicava su una roccia, la camiciola di lino grondante quanto i capelli neri, l’acqua che colava sulle curve provocanti. Protendendo le braccia verso il cielo, Betriz si lasciò cadere nell’acqua a faccia in giù, schizzando Iselle che s’immerse con uno strillo e prese a schizzarla a sua volta. Cazaril pensò che le giornate si stavano accorciando, le notti si erano fatte più fredde e anche la temperatura pomeridiana aveva cominciato ad abbassarsi. La festa per celebrare l’ascesa del Figlio dell’Autunno si stava avvicinando. Già la settimana precedente aveva fatto troppo freddo per nuotare e, con ogni probabilità, i giorni abbastanza caldi da consigliare quelle escursioni al fiume sarebbero stati ormai pochissimi. Ben presto, le due dame si sarebbero dedicate di nuovo a passatempi più… asciutti, come cacce e galoppate, e il suo buon senso sarebbe tornato ad affiorare. Almeno così lui si augurava.
Quel giorno, il progressivo abbassarsi del sole e il raffreddarsi dell’aria indussero i bagnanti a uscire dall’acqua prima del solito, per asciugarsi sulle rive sassose del fiume. Mentre aspettavano che gli abiti smettessero di grondare, Cazaril era così rilassato da non avere, per una volta, voglia d’imporsi; non cercò neppure d’indurre le ragazze a chiacchierare in darthacano o in roknari. Dopo qualche tempo, infine si riscosse e s’infilò i pesanti calzoni da equitazione e gli stivali nuovi, dono della Provincara, affibbiandosi alla vita la cintura con la spada, poi procedette a stringere la cinghia della sella dei cavalli intenti a pascolare e a rimuovere le pastoie, aiutando infine le due dame a montare. Con riluttanza, voltandosi più volte a guardare in direzione della piccola radura che ospitava la polla, il gruppetto si avviò su per la collina, diretto al castello.