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«Il Bastardo non è un Dio che guarda troppo per il sottile. Regalatele al Divino, per il suo ospedale dei trovatelli, in modo che le venda per il mantenimento degli orfani», suggerì Cazaril.

«Questo irriterebbe non poco Lord Dondo, che però non potrebbe neppure protestare…» rifletté Iselle. «È una buona idea. Porterete le perle agli orfani, come segno del mio interessamento. Quanto a domani… Indosserò la sopragonna di velluto rosso e l’abito di seta bianca, coi granati che mi ha regalato mia madre. Nessuno potrà rimproverarmi perché ho messo i gioielli di mia madre, no?»

«Ma cosa supponete che intendesse vostro fratello, parlando di lieti annunci?» intervenne Nan dy Vrit. «Credete che abbia già preso una decisione in merito al vostro fidanzamento?»

Per un momento Iselle s’immobilizzò, sconcertata, poi scosse il capo. «No, non è possibile», rispose. «Prima dovrebbero esserci dei negoziati — ambasciatori, lettere, scambi di regali, trattati relativi alla dote — e si dovrebbe ottenere il mio consenso. Dopo, bisogna inviare il mio ritratto al futuro sposo, e io intendo vedere un suo ritratto, chiunque egli sia… Un ritratto vero e onesto, eseguito da un artista inviato da me. Qualora il mio principe fosse grasso, strabico, calvo o con un labbro leporino, potrei anche accettarlo, ma non intendo fidarmi di un ritratto menzognero.»

«Quando verrà il momento, spero che ti tocchi in sorte un uomo avvenente», commentò Betriz, storcendo il naso di fronte alle ipotesi avanzate da Iselle.

«Mi piacerebbe, ma non lo ritengo probabile, considerata la maggior parte dei nobili che ho avuto modo di vedere», sospirò la Royesse. «Credo che mi accontenterò di avere un marito sano, senza assillare gli Dei con preghiere impossibili. Mi basta che sia sano e quintariano.»

«Un atteggiamento molto razionale», interloquì Cazaril, incoraggiando quel modo pratico di vedere le cose, che avrebbe facilitato la vita di tutti, e la sua in particolare, nel prossimo futuro.

«Quest’autunno ci sono stati molti scambi d’inviati coi principati dei roknari», osservò Betriz, un po’ a disagio.

Iselle serrò le labbra di scatto, senza fare commenti.

«In effetti, tra i nobili quintariani di alto rango, le alternative non sono molte», ammise Cazaril.

«Il Roya di Brajar è rimasto di nuovo vedovo», intervenne Nan dy Vrit, con aria dubbiosa.

«È un partito da escludere», dichiarò Iselle, senza esitazioni «Ha cinquantasette anni, la gotta e un Erede già adulto e sposato. A cosa potrebbe mai servirmi generare un figlio che sia in buoni rapporti con suo zio Orico, o con suo zio Teidez, se poi questo figlio non salirà mai al trono?»

«C’è il nipote del Roya di Brajar…» le ricordò Cazaril.

«Ha sette anni! Ne dovrei aspettare altri sette!» protestò Iselle.

Il che non sarebbe una cosa malvagia, pensò Cazaril.

«Adesso è troppo presto e fra sette anni potrebbe essere troppo tardi», mormorò Iselle. «Può accadere qualsiasi cosa nel frattempo. Le persone muoiono, le nazioni entrano in guerra…»

«È vero», annuì Nan dy Vrit. «Quando avevate due anni, vostro padre, il Roya Ias, vi aveva fidanzata con un principe roknari, ma di lì a poco quel povero ragazzo è morto di febbre e l’accordo è stato sciolto. Sareste già partita da due anni per il suo principato…»

«Anche la Volpe di Ibra è vedovo», suggerì Betriz, in tono volutamente provocatorio.

«Ha settant’anni!» esclamò Iselle, con voce soffocata.

«Però non è grasso, e immagino che non dovresti sopportarlo troppo a lungo» le fece notare l’amica.

«Ah! Col carattere che ha, potrebbe vivere altri vent’anni giusto per farmi dispetto. Quanto al suo Erede, è sposato, quindi credo che il suo secondo figlio sia l’unico Royse che abbia più o meno la mia stessa età, ma non è Erede al trono.»

«Per quest’anno, non vi verrà offerto un ibrano, Royesse», intervenne Cazaril. «La Volpe è ancora infuriata con Orico per le sue goffe intromissioni nella guerra nell’Ibra meridionale.»

«Sì, ma… Si dice che i nobili ibrani di alto rango vengano tutti addestrati come ufficiali di marina», obiettò Iselle.

«Di che utilità potrebbe essere questo, per Orico?» sbuffò Nan dy Vrit. «Chalion non possiede neppure un miglio di costa.»

«Cosa che torna a nostro detrimento», mormorò Iselle.

«Quando avevamo Gotorget, e controllavamo quei passi, eravamo quasi nella posizione adatta per calare sul porto di Visping e conquistarlo», affermò Cazaril, in tono di rammarico. «Adesso però abbiamo perso quella base… Royesse, la mia ipotesi è che voi siate destinata a un nobile darthacano. Ecco perché la prossima settimana sarà bene dedicare un po’ di tempo a quelle declinazioni, non credete?»

Iselle assentì, con una smorfia e un sospiro.

Congedatosi con un inchino, Cazaril prese a scendere le scale, riflettendo che, se a Iselle non fosse toccato in sposo un Roya regnante, a lui non sarebbe dispiaciuto un nobile darthacano di confine, il signore di una delle calde province settentrionali della Darthaca. Sia il potere sia la distanza sarebbero infatti stati sufficienti a proteggere Iselle dalle… difficoltà che stava incontrando alla corte di Chalion. Quanto prima fosse riuscita da andarsene da lì, tanto meglio sarebbe stato.

Per lei, o per te? si chiese. Per entrambi, fu la risposta.

Anche se Nan dy Vrit sussultò, portandosi una mano agli occhi come per proteggerli, Cazaril pensò che Iselle appariva luminosa e piena di calore nelle sue vesti color carminio, coi riccioli ambrati che le ricadevano lungo le spalle fin quasi alla cintura. Per essere in armonia con gli altri, Cazaril aveva optato per una tunica di broccato rosso, appartenuta al vecchio Provincar, abbinandola a una sopravveste di lana bianca. Per l’occasione, anche Betriz aveva scelto il suo completo rosso preferito. Solo Nan dy Vrit, asserendo di preferire la sobrietà, si era abbigliata in bianco e nero.

Anche se le diverse tonalità di rosso contrastavano leggermente, nel complesso il gruppetto creava un effetto sgargiante che sfidava l’atmosfera deprimente generata dalla pioggia.

In fretta, i quattro si diressero verso la grande Torre di Ias, attraversando il fradicio cortile acciottolato e passando accanto alla Torre di Fonsa, dove tutti i corvi parevano aver cercato rifugio nel nido… No, non proprio tutti, considerato che un certo uccello, cui mancavano due penne della coda, sbucò dalla pioggia e calò in picchiata verso Cazaril, stridendo Caz, Caz! Temendo che il volatile gli macchiasse la sopravveste bianca, lo schivò e il corvo completò il suo volo circolare, tornando ad appollaiarsi sul tetto in rovina con un triste stridio.

Nella sala del trono di Orico, vividamente illuminata dai candelabri a parete che dissipavano il grigiore autunnale, c’erano almeno due dozzine di cortigiani. Avvolto nelle vesti formali della sua carica, e con la corona in testa, Orico sedeva sul trono, ma senza la Royina Sara al suo fianco. Accanto a lui, alla sua destra e su un seggio più basso, c’era invece Teidez.

Baciata la mano al sovrano, Iselle e il suo seguito presero posto a loro volta. Iselle si accomodò su una sedia più piccola, alla sinistra di quella riservata a Sara, e gli altri rimasero in piedi alle sue spalle.

Sorridendo, Orico diede inizio alle elargizioni previste per quel giorno, assegnando a Teidez i proventi di altre quattro città per il proprio sostentamento, cosa per cui il giovane lo ringraziò col baciamano previsto dall’etichetta di corte e con un breve discorso. Evidentemente, la notte precedente, Dondo non lo aveva tenuto sveglio fino a tarda ora, dato che il suo volto appariva meno verdastro e malsano del solito.

Poi Orico fece cenno al suo Cancelliere di avvicinarsi e, com’era già stato annunciato, gli consegnò le lettere di nomina e la spada in cambio del giuramento che lo rendeva il nuovo Provincar dell’Ildar. Alcuni nobili minori della provincia dell’Ildar procedettero quindi a prestare il giuramento di fedeltà a dy Jironal.