«Cazaril, avete appena percorso quasi mille miglia nel mio interesse», disse Iselle, lottando per estrarre cdn un sussulto la testa da un ammasso di sete e protendendo un braccio per permettere a una donna di provarle una manica. «Andate a riposare. No, anzi, preparate due lettere che il segretario di mio zio possa poi copiare, una diretta a tutti i Provincar di Chalion e l’altra a tutti gli Arcidivini dei Templi, per annunciare il mio matrimonio… qualcosa che possano leggere alla gente. Dovrebbe essere un incarico leggero e tranquillo. Quando avrete pronte le diciassette… no, sedici…»
«Diciassette», interloquì sua zia, china sull’orlo del vestito. «Tuo zio vorrà una copia per gli archivi della sua Cancelleria. Ora sta’ diritta.»
«Quando le copie saranno pronte, mettetele da parte, in modo che io e Bergon le possiamo firmare domani, dopo il matrimonio, poi provvedete perché vengano spedite», concluse Iselle, con un cenno deciso del capo che destò l’irritazione della sarta impegnata a sistemarle la scollatura.
Inchinatosi, Cazaril si affrettò a lasciare la stanza prima di finire per essere aggredito con uno spillo, e si appoggiò per un momento alla ringhiera della galleria.
La giornata era serena e tiepida, con una promessa di primavera nell’aria, il cielo era di un colore azzurro pallido e la luce del sole si riversava sul cortile pavimentato di fresco, dove i giardinieri stavano trapiantando varie piante di arancio in piena fioritura in alcuni vasi, facendoli poi rotolare in modo da disporli intorno alla fontana gorgogliante. Fermando un servitore di passaggio, Cazaril si fece portare fuori un tavolino per scrivere e una sedia dotata di un morbido e spesso cuscino: benché la sua mente rammentasse quelle mille miglia in modo vago, il suo posteriore le ricordava tutte benissimo. Appoggiatosi allo schienale, con la luce calda del sole che gli pioveva sul volto, chiuse gli occhi, componendo mentalmente la lettera per poi chinarsi in avanti a scriverla; quando ebbe finito, il segretario di dy Baocia prese in consegna il risultato dei suoi sforzi per copiarlo con una calligrafia molto migliore della sua, e lui si appoggiò di nuovo all’indietro, chiudendo gli occhi e rilassandosi.
Un rumore di passi che si avvicinavano non fu sufficiente a riscuoterlo dal suo stato di beatitudine. Ma il tintinnio di qualcosa che veniva posato sul tavolo lo indusse a sollevare lo sguardo. A un cenno di Lady Betriz, un servitore dispose sul tavolo, prelevandoli da un vassoio, una teiera, una caraffa di latte, un piatto di frutta secca e pane con noci e miele. Congedato il ragazzo, Betriz provvide poi a versare il tè, spingendo il pane verso Cazaril e sedendosi sul bordo della fontana per guardarlo mentre mangiava.
«Il vostro volto sembra di nuovo scavato. Non avete mangiato a sufficienza?» domandò la giovane, in tono severo.
«Non ne ho idea. Questo sole è splendido! Spero che resista fino a domani.»
«Lady dy Baocia ritiene di sì, anche se è convinta che potrebbe piovere ancora, entro il Giorno della Figlia.»
Il profumo dei fiori di arancio colmava lo spazio riparato del cortile e sembrava mischiarsi col sapore del miele che lui aveva in bocca. «Fra tre giorni, sarà trascorso esattamente un anno da quando sono entrato nel castello di Valenda. A quel tempo, ero disposto a fare anche lo sguattero», osservò Cazaril, bevendo il tè per accompagnare il pane.
«Lo rammento», annuì Betriz, con un sorriso. «È stato alla scorsa vigilia del Giorno della Figlia che ci siamo conosciuti, alla tavola della Provincara.»
«Oh, io vi avevo già vista prima, quando siete entrata a cavallo nel cortile con Iselle e… con Teidez.» E col povero dy Sanda, aggiunse mentalmente.
«Davvero?» esclamò Betriz, sorpresa. «Non vi ho visto. Dov’eravate?»
«Seduto su una panca, vicino al muro. Eravate troppo impegnata a farvi rimproverare da vostro padre per aver galoppato, per accorgervi di me.»
«Oh», mormorò Betriz, poi sospirò e fece scorrere la mano nell’acqua della fontana, scrollando via le gocce fredde con aria accigliata; anche se nell’aria si avvertiva il respiro della Signora della Primavera, l’acqua era ancora sotto il dominio del Vecchio Inverno. «Mi pare che siano passati cento anni, non uno soltanto», aggiunse.
«A me sembra invece che sia trascorso appena un secondo. Adesso… il tempo corre più veloce di me, il che probabilmente spiega perché il mio respiro sia così affannoso», replicò Cazaril a mezza voce e, dopo un momento, chiese: «Iselle ha confidato a suo zio l’esistenza della maledizione che intendiamo infrangere domani?»
«No, naturalmente non lo ha fatto», rispose Betriz e, nel notare la sua espressione sorpresa, aggiunse: «Iselle è la figlia di Ista… Non può dire cose del genere, altrimenti la gente direbbe che è pazza anche lei, e qualcuno ne approfitterebbe per toglierle… tutto. Dy Jironal ha fatto un lavoro eccellente, a questo riguardo. Durante il funerale di Teidez, non ha perso occasione per fare ogni sorta di commento su Iselle con qualsiasi nobile o Provincar che fosse a portata di udito. Se piangeva, il suo comportamento era troppo stravagante; se sorrideva, era strano che facesse una cosa del genere al funerale del fratello; se parlava, dy Jironal era pronto a far notare quanto apparisse frenetico il suo atteggiamento; se invece stava in silenzio, lui sottolineava come lei fosse stranamente cupa. E, mentre parlava, gli uomini cui si era rivolto cominciavano a interpretare il comportamento di Iselle esattamente in quella chiave, per quanto fasulla fosse. Verso la fine della sua visita qui, poi, lui ha detto cose terribili, facendo in modo che Iselle potesse sentirlo, per cercare di spaventarla o di farla infuriare, e accusarla così di essere una squilibrata. A quel punto, però, io, Nan e la Provincara avevamo ormai capito il suo gioco e abbiamo avvertito Iselle, che ha badato a rimanere sempre composta e controllata in sua presenza.»
«Ah. Una ragazza eccellente», approvò Cazaril.
«Non appena abbiamo saputo che gli uomini del Cancelliere intendevano riportarla a Cardegoss, Iselle è stata colta da una vera frenesia… Doveva fuggire da Valenda a ogni costo», annuì Betriz. «Se fosse riuscito a isolarla, dy Jironal avrebbe potuto far circolare qualsiasi fandonia sul suo comportamento, senza che nessuno potesse confutarlo. Forse sarebbe perfino riuscito a convincere i Provincar di Chalion a prolungare a tempo indefinito la sua reggenza per conto di quella povera, folle ragazza e tutto ciò senza colpo ferire. Ecco perché Iselle non osa neppure menzionare la maledizione.»
«Capisco. È un bene che sia cauta. In ogni caso, agli Dei piacendo, questa storia ben presto sarà finita.»
«Agli Dei e al Castillar dy Cazaril», precisò Betriz.
Respingendo quelle parole con un gesto appena abbozzato, Cazaril bevve un altro sorso di tè. «Che cos’è successo quando dy Jironal ha scoperto che ero andato a Ibra?» domandò.
«Credo che non lo abbia neppure sospettato finché il corteo funebre non è arrivato a Valenda, e non vi abbiamo trovato là. Stando a ciò che ha detto alla Provincara, pare che abbia ricevuto alcuni rapporti dalle sue spie ibrane… Credo che sia stato anche per questo che, pur essendo ansioso di tornare nella capitale per impedire a dy Yarrin di portare Orico dalla sua parte, ha comunque rifiutato di lasciare Valenda finché non vi ha installato le sue truppe.»
«Ha anche mandato alcuni sicari, che ci hanno trovato sulla frontiera… Mi chiedo se si aspettasse che sarei tornato da solo, per la seconda fase dei negoziati… Non credo immaginasse che il Royse Bergon si sarebbe mosso così in fretta.»