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L’uomo stava fissando a sua volta Cazaril a bocca aperta, con lo stupore dipinto sul volto; i due non poterono scambiarsi neppure una parola, perché Cazaril venne nuovamente coinvolto nelle cerimonie in corso all’interno dell’echeggiante cortile del Tempio. Decise comunque di chiedere al più presto all’Arcidivino notizie riguardo a quell’uomo.

Vicino al fuoco centrale, il Royse e la Royesse, ora sposati, pronunciarono ciascuno un breve discorso, poi insieme con l’Arcidivino, con Cazaril e con tutti gli altri, ripercorsero in corteo le strade decorate da bandiere, fino al nuovo palazzo di dy Baocia, dov’era stato preparato un grande banchetto destinato a riempire le ore del pomeriggio e lo stomaco degli invitati. Le pietanze offerte erano ancor più incredibili per il fatto di essere state preparate in due giorni soltanto, ed erano così svariate da far supporre a Cazaril che, per l’occasione, fossero state intaccate le scorte accantonate in previsione della festa del Giorno della Figlia, cosa che a suo parere non avrebbe di certo infastidito la Dea. Essendo ospiti di rango, sia Cazaril sia l’Arcidivino avevano un posto già stabilito e non ebbero occasione di parlare in privato se non durante le danze che seguirono il banchetto, spingendo la gente più giovane verso i cortili. A quel punto, i due uomini con cui Cazaril voleva conferire vennero a cercare proprio lui.

Il giudice, che accompagnava l’Arcidivino, appariva piuttosto sconvolto, e scambiò con Cazaril un’occhiata in tralice mentre l’altro lo presentava.

«Mio signore dy Cazaril… Questo è l’Onorevole Paginine, che presta servizio presso il municipio di Taryoon», esordì l’Arcidivino, poi abbassò la voce, e aggiunse: «Lui afferma che sei toccato dagli Dei. È vero?»

«Purtroppo sì», sospirò Cazaril.

Poi, mentre Paginine annuiva, con l’aria soddisfatta di chi ha visto confermata un’intuizione, Cazaril lo trasse in disparte insieme con l’Arcidivino. In quella situazione era difficile scovare un angolo appartato, ma alla fine trovarono riparo in un minuscolo cortile secondario cui si accedeva da uno degli ingressi laterali del palazzo; musica e risa arrivavano fino a loro nell’aria sempre più buia, ma almeno lì erano soli, a parte un servitore che tuttavia, dopo aver acceso le torce fissate alle pareti, si affrettò a tornare dentro. Nel cielo, alte nubi stavano cominciando a coprire le prime stelle.

«L’Arcidivino di Cardegoss sa tutto sul mio conto», spiegò subito Cazaril all’Arcidivino di Taryoon.

«Oh», mormorò questi, sollevato, e aggiunse: «Mendenal è una persona eccellente».

Pur ritenendo che la sua fiducia fosse malriposta, Cazaril preferì non obiettare. «A quanto vedo, il Padre dell’Inverno vi ha elargito qualche dono», osservò, rivolto al giudice. «Di cosa si tratta?»

«Be’, talvolta… mi permette di sapere chi sta mentendo e chi sta dicendo il vero, nella mia camera di giustizia», rispose Paginine. «Questo non è sempre un bene, contrariamente a quanto si potrebbe pensare.»

La risposta di Cazaril fu una breve, amara risata, in reazione alla quale Paginine s’illuminò visibilmente.

«Ah, vedo che capite», commentò poi, con un sorrisetto teso.

«Oh, sì.»

«Però voi, signore…» continuò Paginine, turbato. «Vi ho definito come toccato dagli Dei, ma ciò non descrive neppure lontanamente quello che vedo. Guardarvi… mi fa quasi dolere gli occhi. Da quando mi è stata concessa la seconda vista, ho incontrato tre persone afflitte dagli Dei come voi, ma non ho mai visto nulla di simile.»

«A Cardegoss, il santo Umegat ha detto che sembravo una città in fiamme», ammise Cazaril.

«È… una descrizione adeguata», convenne Paginine, scoccandogli un’occhiata in tralice.

«Le parole di Umegat lo erano sempre», replicò Cazaril, pensando: Già, un tempo lo erano davvero.

«Qual è la natura del vostro dono?»

«Io… ecco, credo di essere io il dono per la Royesse Iselle.»

«Questo spiega le storie che circolano sul vostro conto», mormorò l’Arcidivino, portandosi una mano alle labbra e affrettandosi a segnarsi.

«Quali storie?» esclamò Cazaril, sconcertato.

«Ditemi, Lord Cazaril, cos’è quella terribile ombra che avvolge la Royesse Iselle?» interloquì il giudice. «Non è di certo una manifestazione degli Dei e non ha nulla di buono. La vedete anche voi?»

«Io… me ne sto occupando. Pare che eliminare quell’orrore sia il compito che gli Dei mi hanno assegnato, ma credo di aver quasi finito.»

«Oh, saperlo è un vero sollievo», dichiarò Paginine, mostrandosi molto più sereno.

D’un tratto, Cazaril si rese conto che quello che avrebbe voluto era trarre in disparte Paginine per parlare del loro comune incarico, per chiedergli come affrontava le manifestazioni legate al suo stato. Forse l’Arcidivino era una persona devota, un buon amministratore e magari anche un erudito teologo, però era difficile che comprendesse i disagi che si accompagnavano al mestiere di santo. Il sorriso amaro di Paginine, invece, era stato quanto mai rivelatore… Quello che Cazaril voleva era ubriacarsi in sua compagnia e confrontarsi con lui.

«Benedetto Signore», sussurrò d’un tratto l’Arcidivino, con un profondo inchino che imbarazzò profondamente Cazaril. «C’è qualcosa che posso fare per voi?»

La domanda di Betriz — Avete scoperto come salvare voi stesso? — riecheggiò nella mente di Cazaril, inducendolo a pensare che forse non ci si poteva salvare da soli, che magari era necessario salvarsi a vicenda. «Stanotte no», rispose. «Però domani… o più avanti nel corso della settimana, c’è una questione personale che mi piacerebbe sottoporvi, se è possibile.»

«Certamente, Benedetto Signore. Sono al vostro servizio.»

Tornarono quindi alla festa. Esausto, Cazaril desiderava soltanto poter andare a letto, ma il cortile sottostante la sua camera era invaso da invitati intenti a far baldoria. Eccitata e affannata, Betriz venne a chiedergli di danzare con lei, invito che lui declinò con un sorriso, ben sapendo che comunque i cavalieri non le mancavano. La giovane continuò tuttavia a tenerlo d’occhio, mentre lui, seduto vicino al muro, sorseggiava una coppa di vino annacquato e parlava con varie persone, chiaramente interessate a un impiego presso la corte della futura Royina. Alle loro velate richieste, Cazaril rispose invariabilmente in tono cortese, ma senza promettere nulla.

Nel frattempo, le dame di Chalion si accalcavano intorno ai nobili ibrani come formiche intorno a un vasetto di miele rovesciato. A un certo punto, poi, sopraggiunse anche Lord dy Cembuer e l’atmosfera divenne, se possibile, ancora più allegra. I giovani ibrani presero a descrivere il loro viaggio, suscitando un estremo interesse negli affascinati ascoltatori di Chalion. Cazaril fu oltremodo soddisfatto di quei racconti avventurosi, che facevano apparire Bergon come un eroe. Ma anche Iselle, in seguito alla sua fuga notturna da Valenda, venne ben presto considerata un’eroina. Quella doppia aura di leggenda avrebbe senza dubbio stroncato sul nascere la diceria, creata da dy Jironal, di «Iselle la Folle», anche perché aveva solide radici nella realtà dei fatti.

Finalmente giunsero l’ora e la cerimonia che Cazaril aveva atteso con velata impazienza. Bergon e Iselle vennero scortati fino alla loro camera nuziale e, con soddisfazione, Cazaril notò che nessuno dei due aveva bevuto tanto da perdere il controllo. Dal canto suo, dato che la quantità di acqua aggiunta al vino si era ridotta nel corso della serata, si ritrovò ad avere la lingua un po’ impastata quando il Royse e la Royesse lo convocarono ai piedi della scalinata per dare e ricevere i cerimoniali baci di ringraziamento sulle mani. Commosso, Cazaril si segnò e invocò una speranzosa benedizione sulla testa di entrambi, ottenendo in cambio uno sguardo in cui si leggeva una così intensa e solenne gratitudine da lasciarlo sconvolto.