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«Sapevi che questo sarebbe successo?» esclamò dy Ferrej, girandosi di scatto verso la figlia. «E non me lo hai detto?»

Betriz reagì con una riverenza identica a quella di Iselle, eseguita in modo altrettanto rigido. «Mi era sembrato di capire, padre, che dovevo fungere da dama di compagnia per la Royesse Iselle, e non da spia. Se poi la mia fedeltà dovesse andare a qualcun altro, e non a Iselle, be’, nessuno me lo ha comunicato. Proteggi il suo onore con la tua vita: ecco ciò che tu mi hai detto.» Era uno splendido discorso, che tuttavia perse almeno un po’ di fierezza quando la giovane, in tono più cauto, aggiunse: «Comunque non potevo essere certa che sarebbe successo davvero finché lei non ha acceso la prima fiamma».

Rinunciando a discutere con quella giovane sofista, dy Ferrej abbozzò un gesto impotente in direzione della Provincara.

«Tu sei più matura, Betriz», affermò quest’ultima. «Pensavamo che la tua influenza servisse a calmarla, che tu avresti insegnato a Iselle quali siano i doveri di una fanciulla salda nella fede… come quando Beetim, il cacciatore, abbina i bracchi più giovani a quelli più maturi.» Fece una smorfia. «È un peccato che non abbia incaricato lui di educarvi, invece di affidarvi a quelle inutili governanti.»

«Sì, mia signora», ribatté Betriz, con un’altra riverenza.

La Provincara le scoccò un’occhiata in tralice, sospettando che si stesse prendendo gioco di lei, e Cazaril dovette mordersi un labbro per non scoppiare a ridere.

«I Devoti non mi hanno mai insegnato che, tra i primi doveri di una fanciulla salda nella fede, ci sono la tolleranza verso le ingiustizie e la determinazione a ignorare la tragica e inutile dannazione di due uomini», ribatté Iselle, traendo un profondo sospiro.

«Certo che no», scattò la Provincara, attenuando però il tono aspro e cercando di mostrarsi conciliante. «Ma fare giustizia non è un tuo compito, tesoro.»

«Gli uomini cui spetta tale incarico paiono disinteressarsene. Io non sono una contadina, a Chalion ho grandissimi privilegi e doveri altrettanto grandi… Il Divino e la nostra buona Devota me Io hanno detto entrambi!» esclamò Iselle, scoccando un’occhiata di sfida a Lady dy Hueltar.

«Io stavo parlando della necessità di avere costanza nello studio, Iselle», protestò la dama di compagnia.

«Quando i Devoti parlavano dei doveri morali, Iselle, non intendevano… non volevano…» intervenne dy Ferrej.

«Non volevano che li prendessi sul serio?» completò la Royesse, con falsa dolcezza.

Dy Ferrej farfugliò qualcosa e Cazaril non poté fare a meno di simpatizzare con lui. Quella giovane dama innocente, ribelle e ignara dei pericoli che correva — proprio come il cucciolo cui la Provincara l’aveva paragonata — era convinta di avere un vantaggio morale. Cazaril si sentì profondamente grato del fatto di non avere voce in capitolo in quella faccenda.

«Per adesso, potete andare entrambe nelle vostre camere, e rimanerci», dichiarò la Provincara, furente. «Imporrei a entrambe di leggere le scritture per penitenza, ma… Deciderò poi se vi sarà permesso di partecipare alla festa. Mia buona Devota, per favore, seguile e accertati che arrivino a destinazione. Va’!» ordinò, con un gesto imperioso del braccio. Cazaril fece per accodarsi alle tre donne, ma la Provincara, puntando un dito a terra, disse: «Cazaril, dy Ferrej, trattenetevi ancora un momento».

Lady Betriz si scoccò alle spalle un’occhiata piena di curiosità, mentre Iselle uscì a passo di marcia, a testa alta e senza guardarsi indietro.

«Bene», commentò dy Ferrej, dopo un momento. «Speravamo che diventassero amiche.»

Ormai le due giovani donne si erano allontanate, quindi la Provincara si concesse un sorriso e mormorò: «Purtroppo sì».

«Quanti anni ha Lady Betriz?» chiese Cazaril con curiosità, fissando la porta chiusa.

«Diciannove», rispose il siniscalco con un sospiro.

Cazaril rifletté che, rispetto a lei, non era così vecchio come aveva supposto, benché le sue esperienze lo facessero sembrare tale.

«Pensavo davvero che Betriz avrebbe esercitato un’influenza positiva… Invece sembra accaduto il contrario», aggiunse dy Ferrej.

«Stai accusando mia nipote di aver corrotto tua figlia?» chiese bruscamente la Provincara.

«Direi piuttosto che è diventata per lei una fonte d’ispirazione», precisò dy Ferrej, con aria cupa, scrollando le spalle. «È una cosa che mi spaventa tanto che mi chiedo… se non dovremmo dividerle.»

«Le proteste non avrebbero fine», replicò la Provincara, in tono stanco, sedendo su una panca e indicando ai due uomini di fare altrettanto. «Non voglio torcermi il collo», spiegò poi, a mo’ di spiegazione.

Serrando le mani tra le ginocchia, Cazaril attese che la dama si decidesse a dirgli cosa voleva da lui.

«Voi osservate la faccenda con occhi nuovi», disse infatti la Provincara, dopo averlo scrutato con aria pensosa per un lungo momento. «Avete qualcosa da suggerire?»

«Sono abituato ad addestrare giovani soldati, mia signora, e non ho mai avuto a che fare con giovani donne… Esula del tutto dalla mia esperienza», replicò Cazaril, inarcando le sopracciglia. «D’altro canto, mi sembra un po’ tardi per insegnare a Iselle a essere una vigliacca… Piuttosto si può farle notare che le prove su cui si è basata erano piuttosto labili», proseguì, incerto. «Come poteva essere certa che il giudice fosse effettivamente colpevole? Ha prestato ascolto a dicerie, pettegolezzi… prove superficiali, che possono essere fasulle.» Avvilito, ripensò alla prontezza con cui l’uomo dei bagni pubblici era saltato a conclusioni errate, semplicemente guardando la sua schiena. «Questo non ci potrà aiutare per l’incidente di oggi, ma potrebbe indurre Iselle a essere più cauta, in futuro. Inoltre forse sarebbe bene far più attenzione al genere di pettegolezzi di cui si discute in sua presenza.»

Dy Ferrej sussultò, punto nel vivo.

«In presenza di tutte e due», precisò la Provincara. «Quattro orecchie, una sola mente… e una sola cospirazione.» Contrasse le labbra in una smorfia pensosa e, fissando il Castillar con occhi intenti, proseguì: «Cazaril… voi parlate e scrivete il darthacano, vero?»

«Sì, mia signora…» rispose Cazaril, sconcertato da quell’improvviso cambio di argomento.

«E il roknari?»

«Ecco… il mio roknari colto è un po’ arrugginito, attualmente, ma vi garantisco che parlo il roknari popolare in maniera molto scorrevole.»

«E la geografia? Conoscete la geografia di Chalion, di Ibra e dei principati dei roknari?»

«Per i cinque Dei, certo che la conosco, mia signora. Le terre che non ho percorso a cavallo le ho attraversate a piedi, oppure sono stato trascinato su di esse, per cui la loro geografia è incisa sulla mia pelle. Quanto all’Arcipelago, ne ho girato almeno la metà, sulle galee.»

«E sapete scrivere, far di conto, tenere libri contabili, stilare lettere, rapporti, trattati, ordini logistici…»

«Può darsi che in questo momento le mie mani tremino un poco, tuttavia ho fatto tutte queste cose», ammise Cazaril, con aria sempre più guardinga. Quale poteva essere il motivo ultimo di un simile interrogatorio?

«Sì, certo!» esclamò la Provincara, battendo le mani con entusiasmo, un suono secco che strappò un sussulto a Cazaril. «Sono stati senza dubbio gli Dei a mandarvi da me! Che i demoni del Bastardo mi portino via se non sarò abbastanza furba da approfittarne nel modo migliore.»

Sempre più sconcertato, lui le rivolse un sorriso interrogativo.

«Ebbene… Avete detto di volere un incarico e adesso ce l’avete: segretario e tutore della Royesse Iselle», esclamò la dama, trionfante.