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«Mercante… Tu dunque vuoi che compri un maiale chiuso in un sacco senza neppure farmelo prima vedere?» lo accusò scherzosamente Palli, appoggiandosi al muro.

«Oink», mormorò Cazaril.

«Dannazione… E va bene, comprerò il tuo maiale. Del resto, non è mai successo che tu ci abbia guidati su un terreno infido o in un’imboscata, quindi sono pronto a fidarmi della tua capacità di giudizio… nella misura in cui tu ti fidi della mia discrezione. Su questo, hai la mia parola.»

Cazaril sospirò, costretto suo malgrado ad ammirare quell’abile contrattacco verbale. «Benissimo», assentì. Rimase in silenzio per qualche istante, assaporando quella resa reciproca e mettendo ordine nei pensieri, mentre si chiedeva da dove poteva cominciare. Ma si trattava di eventi che aveva esaminato e riesaminato, nella sua mente, fino a ordinarli in maniera tale da trarne ormai una storia quanto mai chiara e coerente, anche se non l’aveva mai raccontata a nessuno prima di allora. «Non c’è molto da dire», esordì. «Ho incontrato per la prima volta Dondo dy Jironal quattro… No, cinque anni fa, quand’ero al seguito di dy Guarida in quella piccola guerra di confine contro il folle principe roknari Olus, quello che aveva l’abitudine di seppellire i nemici fino alla vita negli escrementi e di bruciarli vivi, e che poi è stato assassinato circa un anno più tardi dalle sue stesse guardie del corpo.»

«Ah, sì, ricordo di aver sentito parlare di lui. Dicono che sia morto a testa in giù negli escrementi.»

«Sulla sua fine esistono numerose versioni. A quel tempo, comunque, lui aveva ancora il controllo delle sue forze, e Lord dy Guarida era riuscito a intrappolare il suo esercito — forse sarebbe meglio dire la sua marmaglia — sulle colline, ai confini del suo principato. Lord Dondo e io siamo stati mandati da Olus come inviati, sotto bandiera di tregua, per consegnargli un ultimatum e stabilire le condizioni per la resa e per i riscatti. Le cose non sono andate bene durante la discussione e Olus ha deciso che un messaggero era più che sufficiente per riferire le sue parole di sfida all’assemblea dei nobili di Chalion. Di conseguenza, ha messo me e Dondo l’uno davanti all’altro nella sua tenda, circondati da quattro di quelle sue mostruose guardie con la spada in pugno, e ci ha dato un’alternativa: a quello di noi che avesse decapitato il compagno sarebbe stato permesso di far ritorno presso le nostre linee; se invece ci fossimo rifiutati di stare al suo gioco saremmo morti entrambi, e le nostre teste sarebbero state rispedite indietro mediante un lancio con una catapulta.»

«Ah», fu tutto quello che Palli riuscì a dire.

«A me è stata data l’occasione di colpire per primo», continuò Cazaril, traendo un profondo respiro. «Quando ho rifiutato la spada, Olus mi ha sussurrato, con quella sua strana voce untuosa: ’Questo è un gioco in cui non potete vincere, Lord Cazaril’. ’Lo so, m’hendi’, ho risposto. ’Ma posso far perdere voi.’ Per un momento, lui è rimasto in silenzio, poi si è limitato a ridere e si è girato, offrendo la possibilità di colpire a Dondo, che a quel punto era verdastro in faccia, più simile a un cadavere che a un uomo vivo…»

Palli si agitò leggermente, ma non lo interruppe, anzi gli fece cenno di continuare.

«Una delle guardie mi ha costretto a inginocchiarmi, e l’altra mi ha preso per i capelli, in modo che appoggiassi la testa su uno sgabello. Poi… Dondo ha calato la spada.»

«Sul braccio della guardia?» chiese Palli, con voce tesa.

«No», rispose Cazaril, dopo un momento di esitazione. «All’ultimo momento, però, Olus ha insinuato la sua spada di piatto tra di noi, e la lama di Dondo è scivolata su di essa…» Nella sua mente, Cazaril sentiva l’acuto stridere del metallo sul metallo. «Me la sono cavata con un livido sul collo che è rimasto nero per un mese. Due guardie hanno tolto a forza la spada a Dondo, poi siamo stati issati entrambi sui nostri cavalli e rimandati al campo di dy Guarida. Mentre mi legavano le mani alla sella, Olus si è avvicinato e mi ha sussurrato: ’Adesso vedremo chi sarà il perdente’. Il viaggio si è svolto in assoluto silenzio, finché non siamo arrivati in vista del campo. A quel punto, Dondo si è girato verso di me per la prima volta, e ha detto: ’Se mai doveste raccontare quello che è successo, vi ucciderò’. La mia risposta è stata: ’Non vi preoccupate, Lord Dondo, a tavola racconto soltanto storie divertenti’. Adesso so che dovevo giurargli di mantenere il segreto, e tuttavia… forse neppure quello sarebbe stato sufficiente.»

«Ma lui ti deve la vita!»

«Ho visto la sua anima messa a nudo», spiegò Cazaril, scuotendo il capo e distogliendo lo sguardo. «È una cosa che non potrà mai perdonarmi. Naturalmente, mi sono ben guardato dal riferire l’accaduto, e ho pensato che la cosa fosse finita lì… fino alla caduta di Gotorget e a quello che è successo dopo. Adesso so di essere doppiamente condannato. Quanto credi che varrebbe la mia vita, se Dondo venisse a sapere non soltanto che sono vivo, ma anche che so esattamente perché sono stato venduto come schiavo sulle galee? Se non dirò e non farò nulla, evitando di ricordargli l’accaduto… Ecco, forse ormai lo ha dimenticato, e io voglio soltanto essere lasciato in pace, in questo posto tranquillo, mentre è possibile che lui abbia nuovi e più importanti nemici. Non fare mai il mio nome, a nessuno dei due dy Jironal», proseguì con voce tesa, fissando l’amico negli occhi. «Non mi nominare mai. Ricorda che non hai mai sentito questa storia e che mi conosci solo superficialmente. Palli, se nutri un po’ di affetto nei miei confronti, dimentica ogni cosa.»

Notando l’aria di disapprovazione dell’amico, Cazaril comprese che questi si sarebbe sentito vincolato dal giuramento, il che però non gli impediva di mostrarsi contrariato. «Come vuoi. Però… dannazione e ancora dannazione!» sbottò Palli, scrutando l’altro come se stesse cercando chissà cosa sui suoi lineamenti. «Non si tratta soltanto di quella tua orribile barba. Sei molto cambiato.»

«Davvero? Ebbene, non posso farci niente.»

«Quanto… è stata dura la tua esperienza?» chiese Palli, distogliendo lo sguardo. «Sulle galee, intendo.»

«Nella sventura, sono stato fortunato, perché sono sopravvissuto, mentre altri non ce l’hanno fatta», rispose Cazaril, scrollando le spalle.

«Si sentono storie orribili su come gli schiavi vengono terrorizzati… o su come si abusa di loro.»

Cazaril si grattò distrattamente la barba che a suo parere contribuiva a farlo apparire meno emaciato. «Quelle storie non sono false, ma piuttosto distorte, esagerate… In esse, eventi eccezionali vengono presentati come occorrenze quotidiane. I comandanti migliori ci trattavano nello stesso modo in cui un contadino tratta il suo bestiame, con gentilezza impersonale, concedendoci cibo, acqua, esercizio fisico, e la pulizia necessaria a rimanere in buona salute. Dopotutto, percuotere un uomo fino a lasciarlo privo di sensi lo pone nell’impossibilità di manovrare un remo, e quel genere di… disciplina veniva applicato soltanto quand’eravamo in porto. Una volta al largo, il mare offriva il migliore strumento di punizione.»

«Non capisco», confessò Palli.

«Perché danneggiare la pelle di un uomo, o le sue ossa, quando puoi spezzare il suo spirito semplicemente gettandolo in acqua, con le gambe a fare da eccellente esca per i grandi pesci?» replicò Cazaril, inarcando le sopracciglia. «I roknari dovevano aspettare ben poco per vederci nuotare dietro la nave, piangendo e implorando di essere accettati di nuovo come schiavi.»

«Sei sempre stato un eccellente nuotatore», osservò Palli, con una nota di speranza nella voce. «Senza dubbio, questo ti avrà aiutato a sopportare la cosa meglio degli altri.»

«Temo sia successo il contrario. Per gli uomini che affondavano come sassi, la fine arrivava rapida e misericordiosa. Riflettici sopra, Palli, come ho fatto io.»