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— E se non hanno le palle? — chiese Choke. — Non tutti hanno le palle, Charley.

— Ti sbattono nel reparto dell’ospedale dove cambiano il sesso, e poi ti ci appendono. In questa città non scherzano affatto con gli sciacalli. Ehi, Tom, hai mai visto una città più graziosa di questa?

Tom scrollò le spalle. Era lontano.

— Ehi, Tom. Dove stai adesso, Tom?

— Nell’Undicesima Galassia degli Zorch — disse Stidge.

— Stai zitto! — gl’intimo Charley. Rivolto a Tom, insisté: — Dicci cosa vedi, uomo.

Le cose si stavano agitando, e sorgevano nella mente di Tom. Vedeva la città chiamata Meliluiilii su un mondo chiamato Luiiliimeli, sotto la torrida gigante azzurra conosciuta come Ellullimiilu. Quello era uno dei mondi dei Thikkumuuru della Dodicesima Poliarchia. Luuiiliimelli dei Grandi Re aveva regnato in quel luogo per settecentomila grandi cicli del Pontentastium. — Lì hanno terremoti tutto il giorno — disse Tom. — Ma non gli dà nessuna noia. Il suolo è come lava, bolle e si solleva come in un calderone, ma la città ci galleggia sopra alla deriva.

— Dov’è — domandò Charley. — Quale pianeta?

— Meliluiilii, su Luiiliimeli — tornò a spiegare Tom. — È uno dei Mondi dell’Asse, i grandi che plasmano il Disegno. La luce del sole sopra Luiiliimeli è talmente intensa che ti colpisce come un maglio. Luce azzurra… un maglio che brucia. Noi, lassù, fonderemmo in un lampo. Ma gli abitanti di Luiiliimeli non sono neppure minimamente come noi. Così, quella luce non gli dà nessun fastidio. Non è un pianeta per gli esseri umani. È un pianeta per loro. Questo è il solo pianeta per gli esseri umani, quello su cui ci troviamo adesso. La gente, su Luiiliimeli, è come fantasmi smaglianti e la città è soltanto una bolla galleggiante. È tutto. Soltanto una bolla.

— Oh, ascoltatelo — esclamò Charley. — Voi magari pensate che San Francisco sia bella. Loollymooly… è come una gigantesca, magnifica bolla. Quando io sto qui, ad ascoltarlo, riesco quasi a vederla che galleggia lassù e risplende tutta. Fantastico.

E Tom riprese a dire: — Tutte le città sono splendide, dappertutto per la Galassia. Non esiste qualcosa come una città brutta, da nessuna parte. Quella là, adesso, è Shaxtharx, la capitale degli irikiqui. Si trova sul grande mondo del sistema di Sapiil, l’Impero dei Nove Soli. Lassù, ogni cosa è costruita con una materia che sembra una tela di ragno, ma dieci volte più forte dell’acciaio. Luccica, e rimbalza, e tutte le volte che c’è un terremoto… perché lassù hanno terremoti, spesso, molto spesso, la forza di gravità dei Nove Soli tira sempre il pianeta in direzioni continuamente diverse… quando c’è un terremoto, sapete, la città diventa ancora più bella, per il modo in cui si muove. Quasi come un arazzo, mostrando tutti i diversi colori dei soli. Quando ci sono i terremoti, il popolo dei sapiil arriva da ogni parte per guardare Shaxtharx che trema.

— Ci sei stato, uh? — chiese Buffalo.

— No, non io. Ma la vedo, capisci? Le visioni arrivano. Vedo tutti i mondi, e forse un giorno farò la Traversata. — Gli occhi di Tom scintillavano. — Non puoi attraversare lo spazio in carne e ossa. Moriresti come un moscerino in una fornace su uno qualsiasi di quei mondi. L’unico mondo adatto agli umani è questo, capisci cosa sto dicendo? Ma quando verrà il Tempo della Traversata, saremo in grado di abbandonare i nostri corpi ed entrare nei loro.

— Non era affatto male la storia di quelle città, che ci stava raccontando — dichiarò Buffalo. — Ma non ce la fa proprio a smetterla con la sua logorrea, vero? Abbandoniamo i nostri corpi, entriamo nei loro.

— Proprio come è scritto nella Bibbia — proseguì Tom. — È detto nei Corinzii. Che verremo cambiati in un momento, in un batter d’occhio. Giacché questo corpo corruttibile deve indossare l’incorruttibilità, e questo corpo mortale deve indossare l’immortalità. È la Traversata di cui parlano, quando passeremo sugli altri mondi. Non in paradiso: non è questo che intendono. Intendono che andremo su Luiiliimeli, alcuni di noi, e che assumeremo proprio la loro forma, e alcuni di noi andranno sui mondi dei sapiil, e altri su quelli degli zygerone, o dei poro, o diventeranno kusereen, addirittura… Verremo sparpagliati per l’universo, perché è questo il piano divino, la dispersione dello Spirito…

— Va bene, Tom — disse Charley con gentilezza. — Basta così per adesso, Tom. Stiamo per lasciare il ponte. Siamo a San Francisco. Giusto nel mezzo della città.

— Ehi! Guardate! — gridò Buffalo. — Avete mai visto qualcosa di così bello? Tutti quegli edifici bianchi. Tutti quegli alberi verdi. Basta respirare l’aria. Quest’aria… è come il vino, uh. Come il vino. Il vino.

Tamale intervenne: — Parlavi sul serio, Choke? Di quel terremoto domani alle tre e mezzo?

— Be’, sanno prevederli, no? — rispose Choke. — Possono misurare i gas del terremoto che escono fuori dal suolo con molti giorni di anticipo.

— Così, lo sai di sicuro. Ce n’è uno domani. E allora, cosa cavolo ci facciamo, qui?

— Non so una merda di domani — ribatté Choke. — Stavo soltanto facendo funzionare la bocca, uomo. Se ci fosse un terremoto domani, non pensi che tutti avrebbero fatto le valigie e lasciato la città? Gesù Cristo, Tamale, come puoi essere così stupido? Stavo soltanto facendo funzionare la bocca.

— Già — disse Tamale con una risatina. — Già. Lo sapevo. Lo sapevo, uomo.

Tom sedeva silenzioso in mezzo a loro. La meraviglia suscitata da quelle visioni aleggiava ancora sulla sua anima. Quelle stupefacenti città non umane, quegli esseri nobili che si spostavano da un punto all’altro sulla superficie dei loro mondi stupefacenti… Pensò a ciò che aveva detto, che non c’era niente che potesse venir definito una città brutta, da nessuna parte. Prima di allora non ci aveva mai pensato, ma era vero, e non soltanto nelle lontane galassie. La bellezza era dappertutto, in ogni luogo, in tutte le cose. Ogni cosa irradiava il miracolo della creazione. San Francisco era bellissima, certo, ma lo erano anche le desolate cittadine della valle abbandonata alle loro spalle, le cittadine arrugginite, sbriciolate, vuote, e così era ogni altra cosa al mondo, poiché ogni altra cosa al mondo recava la mano di Dio nel suo disegno. Mujer era bello, Stidge era bello. Una volta che si cominciavano a guardare le cose con occhi che erano stati aperti, si disse Tom, da qualunque parte ci si voltava, si vedeva soltanto la bellezza.

— Fermati qui — ordinò Charley. — Possiamo parcheggiare sull’altro lato della strada, darci un’occhiata intorno, fare qualche domanda e trovare un posto dove alloggiare. Rupe, tu sorveglia il furgone, tu e Nicholas. Torneremo fra dieci, quindici minuti, forse. Tom, tu rimani vicino a me. Sei con noi, Tom. Sei tornato sulla Terra, uomo?

— Sono qui! — disse Tom.

— Bene. Assicurati di rimanere qui per un po’, d’accordo? — Charley sogghignò. — Cosa pensi di San Francisco? Graziosa città.

— Molto graziosa — annuì Tom. — L’aria. Gli alberi.

Risalirono la strada, sparpagliandosi. Buffalo per primo, con Choke subito dietro di lui, poi Stidge e Tamale, l’uno accanto all’altro. Mujer vicino a loro, e Charley con Tom un po’ più indietro. Era importante, aveva detto Charley, non dar l’impressione di essere una banda d’invasori. A volte i bandido arrivavano dall’entroterra in bande di dieci o di venti per ripulire la città, e finivano in guerra con i gruppi dei vigilantes. Charley non voleva che accadesse. — Qui ci limiteremo a passare l’estate, ci terremo defilati, calmi e con i nervi a posto, per non attirare l’attenzione, d’accordo? Questo è un bel posto per passare l’estate. E forse, quando cominceranno le piogge, andremo da qualche altra parte, su a nord, oppure giù fino a San Diego. È piacevole e fa caldo laggiù, a San Diego, durante l’inverno.