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— Se desideri ottenere ulteriori conoscenze, Jaspin, devi inoltrarti ancora di più nei misteri. E per questo devi far matrimonio.

Oh, ecco il punto, pensò Jaspin.

Allora, sia pur lentamente, cominciò a capire. Le cose stavano cominciando a diventare un po’ irreali, ma adesso avevano di nuovo senso. Questo è il paese del misticismo, pensò. Il Senhor sta parlando della sacralità del matrimonio, del hieros gamos, la vecchia, antica questione primordiale della fertilità. Vuoi conoscere i segreti interiori? Devi passare l’iniziazione. Qui non ci sono due modi per farlo. Jill doveva averlo afferrato intuitivamente. O forse è soltanto più ferrata di te in antropologia.

Era chiaro che il Senhor Papamacer stava aspettando una risposta, e che soltanto una risposta sarebbe stata accettabile. Il rullo compressore era passato e adesso lui era appiattito come una tenia.

Si sentiva impotente. E va bene, pensò. Va bene. Accetta. Concludi, si disse Jaspin. Gioisci; gioisci. Non hai scelta. Col tono di voce più umile che gli riusciva possibile, rispose: — Mi affido alle mani del Senhor.

— Prenderai in sposa questa donna?

Sì, sì, certo che lo farò, fece per dire. Qualunque cosa ti faccia piacere, Senhor Papamacer. Ma non riuscì a pronunciare le parole.

Jaspin si girò verso Jill. I suoi occhi ardevano di nuvo. Ma non per me, pensò: non per me.

Scosse la testa. Per l’amor di Dio, si disse, adesso sto davvero per sposarla. Questa sciocca d’una shiksa, questo ossario ambulante dai capelli stopposi, questa Vera Credente, questa gruppettara intellettualoide, questo ciuffo di pelo sul pube e senza tette. L’idea andava al di là del credibile. Tutto dentro di lui si rifiutava. Una voce dentro di lui urlava: Cosa cavolo stai facendo, uomo? Mi affido alle mani del Senhor. Cosa? Sposarsi? Con cinque secondi di preavviso? E con lei? S’immaginava la scena. Lui che la portava a casa dai suoi. Mamma, papà, questa è mia moglie. La signora Jaspin, già, proprio. Per tutto questo tempo ho aspettato che mi si presentasse la compagna ideale, ed eccola qua. So che l’amerai. Sì. Sì. E poi pensò: Piantala di fare il somaro. Qui non c’è niente di legale. Al di fuori di quest’autobus non significherà un tubo. Puoi lasciarla in qualunque momento. Sposala e falla finita, e considerala come parte della tua ricerca antropologica. Una cerimonia tribale alla quale devi sottoporti, in modo che il capo continui a permetterti di osservare i rituali tribali. E poi pensò: Diménticati tutto. Togliti dalla niente tutti questi pensieri egoistici e tutti questi intrighi per ricavare vantaggi. Se hai qualche genuina speranza di poterti affidare a Chungirà-Lui-Verrà nel momento dell’apertura del cancello, devi obbedire al Senhor Papamacer in tutte le cose. Jaspin sentì le ginocchia che cominciavano a tremargli. Finalmente era arrivato alla verità. Poteva non farlo per amore, ma non lo faceva neppure incrociando cinicamente le dita dietro la schiena pensando di agire per motivi di puro opportunismo. No, quella era soltanto la razionalizzazione che usava per nascondere a se stesso ciò che stava veramente accadendo. Ma adesso costrinse se stesso ad ammettere la vera storia. Lo faceva perché al di là di qualunque altra cosa ardeva dal desiderio di avere la mente e l’anima inondate e possedute da Chungirà-Lui-Verrà; a meno che non avesse obbedito al Senhor Papamacer in ogni cosa, ciò non gli sarebbe accaduto. Così, l’avrebbe fatto. Per amore di Dio.

— Sì, la prenderò — disse Jaspin.

Il guizzo d’un sorriso attraversò le labbra sottili del Senhor Papamacer. — Inginocchiatevi vicino alla Senhora — disse. — Tutti e due.

4

La sala delle conferenze ondeggiava, slittava via, cercava di diventar verde. Elszabet respirò profondamente, lottando per mantenere tutto a fuoco. Sapeva che si stava avvicinando all’orlo dell’isterismo. Forse dovrei dirglielo, pensò, che la notte scorsa ho fatto un sogno spaziale e per qualche motivo non riesco a liberarmene, e all’inferno tutti i tentativi che sto facendo per mostrarmi professionale!

No. No. Non farlo, si disse. Non puoi smerdarti proprio davanti a tutti…

Con uno sforzo rabbioso, riportò se stessa all’incontro. Le costò parecchio, ma ci riuscì.

Disse in tono spigliato, per dare inizio ai lavori: — Siamo tutti d’accordo, credo, che abbiamo a che fare con qualcosa che è molto difficile da capire. Ma credo che la prima cosa che dobbiamo riconoscere è che si tratta d’un fenomeno che può venir misurato, quantificato e descritto in termini puramente scientifici.

Questo suonava bene.

Naresh Patel sollevò lo sguardo dal fascio di stampati che stava studiando. — Pensi sia possibile? Vuoi dire dei tabulati come questi? La frequenza e la distribuzione geografica di fenomeni allucinatori, scale variabili di somiglianza, analisi dell’immaginario, vettori di consapevolezza filtrata, correlazione dell’allucinazione con la percentuale allucinatoria dell’indice stabilizzato di Gelbard-Louit? Ma se per caso questo dovesse essere un fenomeno del tutto inspiegabile con mezzi scientifici?

E se lo fosse? pensò Elszabet. E se non lo fosse? Adesso devo forse replicare qualcosa.

Dan Robinson la salvò. Sentì la sua voce provenire da quella che le parve un’immensa distanza:

— Se lo fosse — disse, — allora non saremmo in grado di spiegarlo, vero? Ma perché dovremmo, a questo punto, pensare che sia inspiegabile? Perdona il mio inguaribile pregiudizio occidental-materialistico, Naresh, ma si dà il caso che io creda che ogni cosa nell’universo abbia una propria soggiacente razionalità quantificabile, che potrebbe non necessariamente essere accessibile all’umana comprensione, a causa dei limiti delle nostre attuali tecniche d’indagine, ma che nondimeno si trova lì. Prima dell’invenzione dello spettroscopio, per esempio, sarebbe stata la più farneticante fantasticheria immaginabile sostenere che un giorno avremmo saputo di quali elementi sono composte le stelle. Ma per un moderno astronomo non rappresenta nessun problema osservare una stella che si trova a cinquanta anni-luce di distanza o, se è per questo, a cinque miliardi di anni-luce, e dire con la massima autorevolezza che è composta da idrogeno, elio, calcio, potassio…

— D’accordo — annuì Patel. — Eppure credo che un astronomo del diciassettesimo secolo avrebbe potuto accettare l’idea che un giorno sarebbe stato possibile scoprire i mezzi per arrivare a questa informazione. Tutto quello che gli mancava era lo spettroscopio: una questione di progresso tecnologico, un affinamento della tecnica, non un balzo stratosferico nell’elaborazione di nuovi concetti. E concordo con te anche sul fatto che tutti gli avvenimenti hanno un’intrinseca razionalità di fondo. Dire altrimenti, sarebbe come argomentare che l’universo permette la pura alcatorietà, e non credo che questo sia il caso.

Adesso la stanza stava ridiventando verde. Patel, Robinson, Waldstein e gli altri stavano assumendo uno scintillante aspetto cristallino. Elszabet riusciva ancora a sentire quello che stavano dicendo, ma non aveva nessuna idea del significato di quelle parole. Non era del tutto sicura di dove si trovava… e perché.

Patel stava dicendo ancora — … ma io dico soltanto che gli avvenimenti che abbiamo qui potrebbero non avere una razionalità che rientri nei dogmi del pensiero scientifico occidentale, e che perciò potremmo non arrivare neppure vicini alla comprensione del fenomeno, cercando di misurarlo e di contarlo.

— Cos’è che stai veramente dicendo, Naresh? — chiese Bill Waldstein.

Patel sorrise: — Per esempio, se queste allucinazioni multiple, condivise da così tante persone, non fossero affatto allucinazioni, ma piuttosto il primo segno dell’avvento nel nostro mondo di una vera forza soprannaturale, lo spirito divino, la Divinità in persona, se vogliamo?