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— Adesso ti metti a fare l’indù con noi — commentò Waldstein.

In tono vivace, Patel replicò: — Non c’è niente di specificamente indù, credo, in ciò che ho suggerito, o orientale in una qualunque maniera. Credo che se consultassimo Padre Christie sul Secondo Avvento scopriremmo che il concetto contiene elementi messianici cristiani, oppure ebraici. Io dico soltanto che stiamo cercando di affrontare questa faccenda in maniera scientifica quando in realtà potrebbe essere del tutto fuori dalla sfera della tecnica scientifica.

Dante Corelli intervenne: — Suvvia, Naresh. Ci stai forse dicendo di scrollare le spalle e arrenderci e starcene qui ad aspettare, per vedere cosa accadrà? Ora, questo sì che è un concetto indù, se mai ne ho sentito uno…

— Sono d’accordo con Naresh su un punto — interloquì Dan Robinson. — Là dove lui dice che queste allucinazioni multiple condivise da molti non sono affatto allucinazioni.

Bill Waldstein si sporse in avanti: — Cosa pensi che siano, allora?

Robinson guardò a capo del tavolo delle conferenze. — Elszabet, posso rispondere a questo.

Lei sbatté le palpebre: — Cosa, Dan?

— Posso rispondere. Alla domanda di Bill. Pensi che sia giunto il momento che io spieghi cosa sono davvero questi sogni spaziali?

— Cosa sono davvero i sogni spaziali? — ripeté Elszabet. Aveva perso il filo. Si rese conto che doveva aver vagato in regni remoti. — Sì. Sì. Naturalmente, Dan — rispose, con voce quasi inaudibile.

Il Mondo Verde si stendeva là, appena fuori della finestra. Prati ondulati, alberi graziosissimi senza foglie, a forma di cappio.

— Elszabet. Elszabet.

— Procedi pure, Dan. Cosa c’è? Procedi pure.

Si guardò intorno. Dan, Bill, Dante, Naresh, Dave Paolucci, arrivato dal Centro di San Francisco all’altra estremità del tavolo. Leo Kresh, arrivato addirittura da San Diego. Un incontro importante. Devi prestarvi attenzione. Fissò la grana della superficie del grande tavolo di legno di sequoia. Dio aiutami, pensò. Cos’è che mi sta succedendo? Cosa mi sta succedendo?

Robinson stava dicendo: — … il Progetto Sonda Stellare, che è stato lanciato verso Proxima Centauri nell’anno 2057, credo, e che adesso potrebbe produrre una risposta sotto forma d’una trasmissione da parte degli abitanti di quel mondo, un segnale che aumenta d’intensità a mano a mano che si avvicina alla Terra. Intendo suggerire che una civiltà enormemente superiore alla nostra nel sistema di Alfa del Centauro (Proxima è una delle tre stelle del sistema, come sapete) ha molto probabilmente lanciato una sua Sonda Stellare verso di noi, usando una tecnologia attualmente a noi sconosciuta ma non implausibile in nessuna maniera seria, allo scopo di prendere un contatto diretto con le menti umane.

— Per l’amor di Cristo! — borbottò Waldstein.

— Ti spiace se finisco quello che sto dicendo, Bill? Diciamo che questo segnale è stato ricevuto a tutta prima soltanto da quelli che erano più sensibili a cose del genere, i quali per qualche ragione erano i pazienti che soffrono della sindrome di Gelbard, in questo sanatorio e altrove. Ma, a mano a mano che l’intensità del segnale è aumentata, l’incidenza della recettività è aumentata fino a comprendere un ampio segmento della popolazione umana, comprese, a quanto capisco, molte fra le persone presenti in questa stanza. Se ho ragione, allora quella che ci troviamo ad affrontare non è affatto una epidemia di qualche nuova malattia mentale, né è, perdonami Naresh, una qualche specie di rivelazione metafisica, ma in realtà un significativo sviluppo storico, l’inaugurazione delle comunicazioni con forme di vita extraterrestri intelligenti, e come tale un avvenimento che non è da temere, né da…

— C’è soltanto un problema, dottor Robinson. — Una nuova voce che interveniva dall’estremità del tavolo, calma, sicura. — Posso avere la parola per un momento, dottor Robinson, dottoressa Lewis?

Nell’udire il suo nome, Elszabet sollevò lo sguardo, rendendosi conto di essere andata di nuovo alla deriva con la mente. Tutti la stavano guardando.

— Posso esprimermi su questo punto, dottoressa Lewis. — Di nuovo la voce dal fondo della stanza. Elszabet si rese conto che apparteneva all’uomo di San Diego, la sua controparte, Leo Kresh, il capo del Centro Nepenthe di laggiù. Un uomo minuto, sulla quarantina, calvo, preciso nei movimenti e nel modo di parlare. Lei lo fissò, ma si era troppo estraniata dalla discussione per saper cosa dire.

Inserendosi nel suo silenzio, Dan Robinson disse in fretta: — Naturalmente, dottor Kresh. Proceda pure, prego.

Kresh annuì. — Anch’io ho pensato che queste immagini potessero in qualche modo essere collegate con il Progetto Sonda Stellare, dottor Robinson, e ho esaminato a fondo, in effetti, questa possibilità. Sfortunatamente non sembra funzionare. Come lei ha giustamente affermato, la Sonda Stellare automatica è stata lanciata nel 2057, pochi anni prima dello scoppio della Guerra della Polvere. Tuttavia sono stato in grado di precisare che perfino alle velocità del tutto straordinarie che la Sonda Stellare era in grado di raggiungere al culmine della sua accelerazione, non può aver raggiunto le vicinanze di Proxima Centauri, che si trova a 4.2 anni-luce dalla Terra, fino all’anno 2099. Così, potete vedere che non c’è stato ancora tempo a sufficienza neppure per permettere allo stesso segnale della Sonda Stellare, che naturalmente è un’onda radio a banda strettissima che viaggia alla velocità della luce, di far ritorno da Proxima alla Terra, per non parlare della possibilità che qualche ipotetico abitante di quel sistema ci abbia inviato un qualche tipo di proprio segnale. E naturalmente se i proximani, sempre che ce ne siano, avessero inviato un loro equivalente della Sonda Stellare nella nostra direzione, come lei suggerisce, non c’è assolutamente nessuna possibilità che arrivi fino a noi ancora per parecchi decenni. Perciò, credo che dobbiamo escludere l’ipotesi che i sogni spaziali abbiano un’origine extraterrestre, per quanto questo concetto possa mostrarsi allettante.

— Supponiamo — replicò Robinson, — che i proximani abbiano qualche modo per inviare qui una nave spaziale a una velocità maggiore di quella della luce.

In tono gentile, Kresh replicò: — Mi scusi, dottor Robinson, ma mi trovo costretto a definirla un’eccessiva moltiplicazione delle ipotesi. Non soltanto ci si chiede di postulare l’esistenza dei proximani, ma anche di presumere che sia possibile viaggiare più veloci della luce, il che, stando alle leggi della fisica come le comprendiamo attualmente, non è semplicemente…

— Un momento — intervenne Bill Waldstein. — Di cosa stiamo parlando adesso? Navi spaziali che vanno e vengono da una stella all’altra. Viaggi più veloci della luce. Elszabet: per l’amor di Dio, dichiara fuori luogo tutti questi discorsi. È già abbastanza brutto il fatto che la situazione con la quale abbiamo a che fare sia in sé fantastica (riuscite a immaginare centinaia di migliaia di persone che hanno identici sogni bizzarri lungo tutta la Costa Occidentale, e forse anche in altre parti?) senza tirar dentro per giunta anche tutte queste congetture immaginarie.

— Inoltre — aggiunse Naresh Patel, — sono passati due mesi da quando sono stati riferiti i primi sogni. Visto ciò che il dottor Kresh ci ha detto sul tempo di arrivo della Sonda Stellare su quest’altra stella e il tempo necessario che deve trascorrere prima che i suoi segnali radio possano tornare fino a noi, credo sia chiaro che non c’è nessun rapporto fra i sogni e qualunque dato la Sonda Stellare finisca per rinviarci.

— Per di più — intervenne Dante Corelli, — riceviamo immagini di almeno sette differenti sistemi solari, in questi sogni, giusto? La Sonda Stellare era diretta a un solo sistema, a quanto capisco. Così, anche considerando trascurabili questi problemi relativi ai tempi di trasmissione che il dottor Kresh ci ha fatto notare, com’è possibile che ci vengano ritrasmesse tante scene diverse? Io credo…