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— Cosa ti è successo? — gli chiese.

— Sono inciampato. Me la sono slogata. Non riesco a camminare, Allie!

— Certo che puoi. Ti farò una stampella.

— Gesù, una stampella? Non so usare una stampella. E cosa dovrei fare? Zoppicare per trenta miglia? Perché diavolo dovevi scappar via così di corsa? Non sarei inciampato se non avessi dovuto mettermi a correre dietro di te. E…

— Prenditela con calma — lei l’interruppe. La fissò stupefatto mentre piegava un alberello fino al livello del suolo, spezzandone il terzo superiore del tronco, mettendosi poi a spogliarlo dei rami. — Non devi andare così lontano. C’è una strada proprio davanti a noi. Faremo l’autostop e chiederemo un passaggio fino a Ukiah. Se non volessero andare fino a Ukiah, ci penseremo noi a persuaderli.

— Una strada?

— Una piccola autostrada asfaltata, proprio sull’altro lato di questi grossi alberi, forse a cinque minuti da qui. Ero là quando ti ho sentito chiamare. Passavano perfino delle macchine. Non preoccuparti, va tutto bene. — Lo sollevò mettendolo in posizione eretta, come se lui fosse un sacco di piume, e gli ficcò l’improvvisata stampella sotto l’ascella. Era un po’ troppo lunga. Sorreggendolo con un braccio, sollevò la stampella di traverso al polpaccio e ne spezzò la punta. — Ecco fatto — annunciò. — Adesso dovrebbe essere della lunghezza giusta. — Se non gliel’avesse visto fare, non avrebbe mai creduto che Alleluia fosse in grado di spezzare un alberello verde grosso come il suo polso con un breve, rapidissimo gesto. Quanta difficoltà avrebbe avuto a spezzare il braccio o la gamba di qualcuno.

La stampella gli fu comunque di aiuto. Era rozza, ma gli permetteva di muoversi zoppicando, lasciando penzolare il piede ferito. Lei gli camminava accanto, tenendogli un braccio intorno alle spalle, offrendogli un sollevamento extra. Il terreno aveva cominciato a salire fino alla folta macchia di sequoie ma poi, sul lato opposto, prese di nuovo a scendere fino a diventar pianeggiante, e poco tempo dopo uscirono su uno spazio aperto e videro l’autostrada. Era una vecchia strada di campagna a due corsie, butterata e logora. Da nessuna parte erano visibili congegni di controllo del traffico, era il tipo di strada che c’era stata centocinquant’anni prima. Tese l’orecchio per sentire se c’era qualche rumore di macchine, ma non udì niente. Dietro di loro il sole stava scendendo, cominciava a calare verso il Pacifico.

— Sta arrivando qualcosa — disse Alleluia.

— Non sento niente.

— Neppure io. Ma posso vederlo in fondo alla strada. Sì, e adesso riesco anche a sentire il motore, più o meno. Probabilmente si tratta di una macchina a effetto suolo, poiché è così silenziosa.

Lui non ne vedeva nessun segno, neppure un puntolino in distanza. I sensi di Alleluia erano spaventosamente acuti. Passarono un paio di minuti, e poi cominciò a distinguerlo anche lui: un furgone scuro che veniva verso di loro da sud. — Va bene — disse lui. — Io torno un po’ indietro e mi nascondo in mezzo al bosco. Tu mettiti qui in bella mostra e fai l’autostop.

— Si fermeranno?

— Dovrebbero essere usciti di senno per non fermarsi davanti a una donna come te, sola, con la notte in arrivo. Si fermeranno. Quando l’avranno fatto, digli che tuo marito è là in mezzo con una gamba ferita, e se non gli spiace darci uno strappo fino a Ukiah. Io uscirò fuori. Non potranno far molto a questo punto, quando verrò fuori. Nel frattempo avvicinati al conducente. Se dovesse dar segno di voler ripartire, infila il braccio dentro al finestrino e mettigli una mano alla gola, va bene? Non fargli male, capisci. Devi soltanto convincerlo a collaborare.

— D’accordo — lei annuì. — Ora farai meglio a sparire.

— Già — disse Ferguson, e si allontanò zoppicando, scomparendo nel sottobosco. Si sistemò dietro un albero per seguire la scena. Un momento più tardi, il furgone comparve. Era proprio ad effetto suolo, una vera anticaglia, forse addirittura un modello anteguerra, con delle sgargianti saette dipinte in rosso e giallo lungo i suoi fianchi. Alleluia era in piedi in mezzo alla strada. Agitava le braccia e, come previsto, il furgone rallentò e si fermò a breve distanza davanti a lei. Vide un paio di uomini sul sedile anteriore. Probabilmente si stavano immaginando una notte di bagordi, una formidabile brunetta, una strada di campagna solitaria. Se avessero tentato qualcosa con Allie, però, si sarebbero accorti in fretta di quanto le cose fossero diverse. Sentì che parlavano con lei. Ferguson cominciò a uscire dal suo nascondiglio. Non ci daremo neppure la pena di chiedere un passaggio, pensò. Dirò ad Allie di buttarli in mezzo ai cespugli e guideremo noi stessi fino a Ukiah, e domattina punteremo a nord verso l’Oregon.

Poi guardò meglio e si rese conto che oltre a quelli sul sedile anteriore c’era una vera e propria folla di uomini sul retro del furgone… tre, quattro, forse cinque uomini. Grattatori, molto probabilmente. O perfino bandido, forse.

Dannazione, pensò. Neppure lei può farcela ad affrontare sette individui. Io non ne posso affrontare neppure uno, con una gamba ridotta così. D’un tratto, vide come la sua fuga dal Centro sarebbe finita: con lui disteso fra le erbacce, la gola tagliata, e Alleluia che scalciava e urlava per tutto il tempo, mentre la trascinavano via per una notte di stupro collettivo.

Stavano uscendo dal furgone. Quattro, cinque, sei, sette, sì. No, otto. Si avvicinarono ad Alleluia, si accalcarono intorno a lei, con sguardi di apprezzamento. Uno di loro, un gatto dall’espressione malvagia, col viso unto e un sacco di capelli in disordine, le stava fissando il seno come se non avesse toccato una donna da tre anni. Un altro con gli occhi di un azzurro slavato e un volto pieno di cicatrici dovute all’acne si stava addirittura leccando le labbra. Ferguson avrebbe voluto voltarsi e scappare, ma era troppo tardi, troppo tardi ormai, l’avevano visto. Con quel suo passo zoppicante, sarebbe stato preso in mezzo secondo.

— È tuo marito, quello laggiù? — chiese uno dei grattatori, uno grande e grosso e tarchiato, con una folta barba nera e l’aspetto del duro. Indicò Ferguson. Che maniera stupida di morire sarebbe stata quella, si disse Ferguson. Pregò che Alleluia entrasse in azione, ne afferrasse tre o quattro dal mucchio e spezzasse loro il collo come aveva spezzato quell’alberello, in fretta, prima che si rendessero conto di ciò che stava accadendo. Ma non pareva che stesse per farlo. Sembrava calma, allegra e rilassata. Dannata, stranissima donna. Si fermò sul lato della strada, appoggiato alla sua stampella, chiedendosi cosa mai sarebbe successo adesso.

Ciò che accadde dopo fu che un altro dei grattatori, uno alto e magro con delle lunghe braccia come quelle di una scimmia e occhi luccicanti e spiritati, gli si avvicinò e lo squadrò in una maniera curiosamente intensa, fissandolo in viso come se stesse cercando di leggere una mappa, e gli disse con grande calore: — Ti fa molto male? Non intendo parlare della tua gamba, ma della tua anima. Credo che la tua anima ti faccia un po’ male. Ricordati che questa non è altro che la casa di Dio e questo è il cancello del paradiso.

— Che diavolo… — fece Ferguson, la voce impastata di paura e di stupefazione.

— Non badargli — disse il grattatore dai capelli rossi. — Non è altro che un matto, quello. Quel matto bastardo di Tom.

— Matto, eh? — ripeté Ferguson. Si guardò lentamente intorno. Cominciava a pensare che forse, malgrado tutto, ne sarebbero usciti interi. Il punto era rimaner calmi, cominciare a parlare e parlare parecchio, dando l’impressione di potersi rendere utile a quegli uomini. — Se è un vero caso clinico — proseguì, — allora voi gente siete proprio nel posto giusto. Portatelo al Centro, sull’altro lato della foresta di sequoie, da quella parte, e si sentirà completamente a casa sua. Con tutti gli altri svitati che hanno là. Gli danno da mangiare, gli faranno un bagno, lo tratteranno bene e con gentilezza, ecco cosa faranno per lui, al vostro amico Tom il matto.