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— Un processo aleatorio, vuoi dire? No, no, non lo credo.

— Cosa vuoi dire?

Dan rimase silenzioso per qualche istante. — Sono sempre stato veloce a proporre teorie. Ma un mucchio di volte le mie teorie non reggono molto bene, vero?

— Io non faccio parte della Commissione d’Esame. Cosa pensi, Dan?

— Tom.

— Tom?

— Il fatto che sia qui. Un effetto di prossimità. Ascolta, hai esaminato le statistiche di questa settimana. La frequenza dei sogni spaziali si è triplicata da quando Tom è qui. L’hai sperimentato tu stessa, no?

— Si. Proprio così.

— E hai detto appena adesso che il sogno che stavi facendo, quello che ho interrotto, è stato il più ricco e il più complesso che hai avuto finora, giusto? Perciò, con che cosa ci troviamo? La frequenza dei sogni è aumentata tra i soggetti suscettibili. A quanto pare, inoltre, l’intensità dei sogni è aumentata. E adesso qualcuno che aveva dimostrato al cento per cento la sua non suscettibilità ai sogni da quando tutta la faccenda è cominciata, ne ha fatto finalmente uno anche lui. Sta succedendo qualcosa. E qual è il fattore variabile che è cambiato qua dentro, questa settimana? Tom. Un individuo molto strano, probabilmente schizofrenico, arriva da noi, qualcuno che, siamo tutti d’accordo, emana un’aura ben distinta, una vibrazione ben definita d’energia psichica… mi pare sia stata tu, non è vero, a fare per prima questa osservazione, ogni conversazione che hai avuto con lui non ti ha forse lasciato con la sensazione che avesse una qualche forma d’un particolare potere?

— Assolutamente — replicò Elszabet. — Ma dove stai cercando di arrivare? Che è Tom l’origine dei sogni spaziali?

— Ha più senso della mia penultima idea, che ci fosse una qualche forma di trasmissione da una nave spaziale extraterrestre in avvicinamento, non ti pare?

— Vuoi la mia onesta opinione?

— Di’ pure.

— Ho pensato anch’io la stessa cosa, devo ammetterlo. Che esista qualche collegamento tra la presenza di Tom al Centro e il modo con cui i sogni si sono manifestati più spesso. Ma ugualmente penso che preferirei credere alla teoria della nave spaziale.

— Ma Leo Kresh l’ha sgonfiata. La nostra Sonda Stellare non ha avuto il tempo di raggiungere la sua destinazione e generare una risposta da parte degli abitanti di…

— Perché mai Starprobe dovrebbe entrarci per qualche cosa, Dan? Supponi che le due cose non siano collegate. Che ci sia davvero una nave spaziale in arrivo da Dio sa dove, la quale ci trasmette film di altri sistemi solari. Non collegati in nessun modo con il fatto che abbiamo spedito fuori una sonda interstellare una generazione fa o giù di lì.

— Adesso sei tu che moltiplichi le ipotesi — obbiettò Dan Robinson. — Certo, è quello che potrebbe essere, ma non abbiamo nessuna ragione al mondo per pensare che sia proprio questo che sta accadendo. Mentre abbiamo qui Tom proprio in un momento in cui lo schema dei sogni sta decisamente cambiando.

— Una coincidenza — suggerì Elszabet. — Perché mai la vicinanza di Tom dovrebbe avere la sia pur minima rilevanza?

— Stai soltanto facendo la parte dell’avvocato del diavolo, oppure hai qualche ragione per non accettare l’ipotesi di Tom?

— Non so. C’è una parte di me che dice: sì, sì, dev’essere Tom, non è ovvio? E c’è un’altra parte la quale dice invece che la cosa non ha senso. Anche supponendo che sia possibile per qualcuno trasmettere immagini nella mente di qualcun altro… dov’è mai la prova concreta di questo? Non dimenticarti che i sogni si sono verificati dappertutto nell’Ovest, Dan. Tom non può trovarsi dappertutto allo stesso tempo, San Diego, Denver, San Francisco…

— Forse ci sono diverse origini. Diversi Tom che vagano là fuori.

— Dan, per l’amor del cielo…

— O forse no. Non so. Ciò che penso è che quest’uomo è nella morsa d’una psicosi così potente che in qualche modo è capace di trasmetterla agli altri. Una specie di Typhoid Mary psichica capace di spargere allucinazioni per migliaia di chilometri. E più ti avvicini a lui, Elszabet, più intense e più frequenti sono le allucinazioni, malgrado sia disposto ad ammettere che la prossimità può essere uno solo dei fattori determinanti, più significativo nel caso d’individui a bassa suscettibilità come me. Ma nel caso di qualcuno come April Cranshaw, la quale sembra avere una suscettibilità insolitamente alta? Si è trovata intrappolata in un sogno dopo l’altro per tutta la settimana, sia nel sonno che da sveglia.

— E Ed Ferguson? — chiese Elszabet. — Per quello che ne so, è l’unico qui dentro, escluso te, che non ha mai mostrato la più piccola suscettibilità. Sarei più disposta ad accettare la tua idea, se dovesse risultare che finalmente anche Ferguson sogna.

— Cosa vorresti fare? Andarlo a svegliare adesso, subito, e chiederglielo?

— Basterà farlo domattina, Dan.

— Certo, certo, questo ha senso. E dovremmo intervistare anche April. Fare in modo che si trovi nella stessa stanza con Tom e osservare ciò che accade. Se ci sono degli effetti d’ipersensibilità in prossimità diretta. Dovrebbe essere facile organizzarlo. — Si sporse in avanti, fissando intensamente lo spoglio pavimento di legno. Dopo un po’, riprese: — Sai, Elszabet, ho pensato che il sogno che ho fatto fosse la cosa più bella che abbia mai visto in vita mia. Quel bizzarro paesaggio, quei colori, il cielo, illuminato da quattro o cinque colori, come il più grande tramonto che sia mai esistito…

— Aspetta fino a quando non avrai visto anche gli altri — disse Elszabet. — La Sfera di Luce. I Nove Soli. Il Mondo Verde. Specialmente il Mondo Verde.

— Ancora più bello della Stella Doppia Uno?

— Spaventosamente bello — annui lei, con voce molto tranquilla.

— Spaventosamente?

— Sì — lei ribadì. — Il sogno che stavo facendo quando sei venuto a bussare alla porta… ero seccata con te, sì, per averlo interrotto. Allo stesso modo in cui Coleridge dev’essersi seccato quando stava sognando «Kublai Khan» e la persona arrivata da Porlock lo disturbò. Tu conosci quella storia, no? Ma in un certo senso, sono contenta che tu mi abbia interrotto. Questi sogni sono come le droghe. Adesso per una buona metà del tempo non sono più sicura se vivo qui e sogno di , o all’incontrano. Mi capisci, Dan? Mi fa paura il fatto di esserci talmente tirata dentro, qualunque tipo di fantasia ti attira così a fondo, che diventa così reale per te… non c’è certamente bisogno che lo dica, non è vero, Dan? Delle volte, quando emergo da uno di quei sogni, penso che sto perdendo gradualmente il senno, quel poco che — forse — mi è ancora rimasto. — Fu scossa da un brivido e incrociò le braccia sul petto. — Fa freddo qua dentro, e l’estate è quasi finita, immagino. Sai un’altra cosa, Dan? Adesso i sogni cominciano a sovrapporsi. Stanotte ho visto figure dei Nove Soli e della Gigante Azzurra mescolati in una festa sul Mondo Verde. Come se tutto stesse confluendo insieme in un unico, immenso e folle film. È una novità. E davvero sconcertante.

— È tutto molto sconcertante, Elszabet.

Lei annuì. — Vorrei avere anche soltanto la più pallida idea di quello che sta succedendo. Un’epidemia di sogni uguali che sta coinvolgendo centinaia di migliaia di persone. Come? Come? Trasmissioni da una nave spaziale aliena? Uno psicopatico itinerante che dissemina tutt’intorno, a caso, visioni stravaganti? Forse stiamo diventando tutti psicopatici. Le ultime grottesche convulsioni della società occidentale industrializzata: diventiamo tutti matti e scompariamo inghiottiti dai nostri stessi sogni.

— Elszabet…

— Non so. Non so più niente.

— È tardi. Dovremmo cercare di dormire un poco. Domattina cominceremo a fare qualche altro controllo su tutta questa faccenda, d’accordo?